THE VIGIL, di Keith Thomas

Dopo un fatto traumatico, Yakov si è allontanato dalla fede ebraica. Senza soldi e con problemi a trovare un nuovo lavoro, vede una piccola occasione presentarsi quando Shulem, il suo vecchio rabbino, gli promette 400 dollari per fare da shomer al cadavere di un uomo appena deceduto. Ma le cose...


Il famigerato Jason Blum con la sua Blumhouse, piccolo colosso del cinema horror indie, allunga le sue mani artigliate su questo titolo che, stando al lancio che ebbe nella passata annata, doveva essere uno dei titoli di punta. Poi le cose sono andate come sono andate e di questo esordio di tal Keith Thomas si sono un po' perse le tracce.

Diciamo che il 2020 è stata una pigna nel didietro per molti esordienti - e chissà quanti di loro, per quanto promettenti, riusciranno a fare qualcosa di nuovo...

Questo The vigil comunque rispetta tutte le procedure di ogni pellicola sfornata dalla Blumhouse, il cui motto creativo rimane sempre quello di piccole storie dal costo altrettanto piccolo da poter essere girate in meno di un mese. Qui siamo quasi interamente dentro quattro mura, ergo il set si semplifica, anche se subentrano altre difficoltà che il nostro esordiente affronterà in una maniera tutta propria, croce e delizia del tema scelto.

Si parla di ebraismo.

Si prende in analisi la figura dello shomer, quella persona che deve fare da veglia al cadavere del defunto prima del funerale per tenere lontano da lui gli spiriti maligni. Per fare ciò viene richiesta una speciale pratica religiosa da parte del suddetto, ma si possono trovare persino figure che lo fanno a pagamento - e qui mi fermo prima di fare battute infelici. Abbiamo così un horror che punta tutto sul folklore di una figura che nella comunità ebraico-ortodossa è ancora attiva e che porta con sé tutto il fascino di ogni elemento legato alle radici di una cultura.

Insomma, the shomer must go on...

L'horror si è sempre appropriato del folklore e non per nulla i primi horror della storia furono proprio le fiabe, perché dovevano guidare l'uomo verso gli orrori del mondo per guidarli verso una via definita giusta, al pari di quello che furono le leggende e le tradizioni religiose. La pratica del mensch, l'uomo giusto e retto, poi è fortemente sentita nell'ebraismo. Motivo per cui affiancare a questa religione il dubbio sulla stessa risulta una scelta vincente.

Ma non tutte le menorah vengono con sette braccia e l'opera prima di rabbi Thomas sgambetta come poche altre tra l'eccellenza e la completa banalità, incappando in tutti gli errori tipici degli esordi ma mostrando anche un talento più che cristallino che in certi punti farebbe applaudire persino Yahweh.

Si parla di traballamenti della fede, della libertà si seguirla o meno, se non addirittura di averla, ma anche di elaborazione del passato e del saper andare avanti, tutto questo restando quasi sempre nella casa del defunto a gestire questo spirito maligno e il suo sadico gioco col passato del protagonista. E per i suoi (quasi - non vi sembra una cosa bellissima che certi film sappiano durare così poco?) novanta minuti sono contenuti che rischiano anche di stroppiare per tutto il peso che si portano dietro.

Thomas riesce a creare la giusta atmosfera e la tensione necessaria, prende in prestito senza essere mai completamente derivativo e si risparmia dozzinalate al pc, basa quasi tutta l'atmosfera sulla fotografia (curatissima, lì siamo a livelli davvero altissimi) e sull'uso degli effetti sonori, rischiando però di abusare di tutto questo e di reiterare uno schema capibile fin da subito e che azzoppa la tensione e la narrazione, immettendo delle inserzioni tecnologiche che in realtà sembrano aprire qualcosa ma rimangono unicamente fini a sé stesse.

E passiamo così da trovate visive bellissime a una gestione di qualcosa di così effimero (mai mostrato, al contrario di His house, che gli resta comunque superiore) che però per alcuni versi viene ridicolizzato, passando così dalla già citata eccellenza fino all'altrettanto già nominata mediocrità. Ne risulta un ibrido strano che affascina, esalta, ma poi si azzoppa da solo strada facendo.

Resta una piccola amarezza perché poteva essere decisamente di più, ma mi fa ben sperate che Keith Thomas in futuro possa migliorare, perché le basi ci sono e sono ben solide. Sperando che non sia lui a perdere la fede nella mdp... 







Commenti

  1. Ottima scelta per il giorno della memoria, un horror che lavora di sottrazione e sfrutta bene un folclore che al cinema si è visto poco, anche se non è tutto impeccabile specialmente a livello di ritmo. Cheers!

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    1. In realtà è accaduto tutto per caso 😅 più che altro le manifestazioni dello spirito a tratti scadono nel ridicolo involontario - la videochiamata...

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