THE WITCH, di Robert Eggers

Una famiglia viene allontanata dalla propria comunità per la devozione ai limiti del fanatismo del patriarca. Isolati in uno straccio di terra del New-England, le cose deraglieranno precipitevolmente quando il nuovo arrivato verrà rapito da una strega e...

La cosa assurda, è che la prima volta questo The witch non mi aveva neppure colpito più di tanto.

Sì, indubbiamente un bel film, fatto molto bene per essere un esordio, ma forse non qualcosa per cui strapparmi davvero i capelli. Poi, come spesso succede con le cose, a pensarci su più di una volta il giudizio cresce. E infatti il senso di inquietudine in grado di lasciarti questa pellicola non ti abbandona col tempo, ma aumenta nei giorni successivi. E più pensi alle sottigliezze, più ti rendi conto di che razza di esordio fu questo.

Adesso siamo tutti bravi a pipparci quando sentiamo il nome di Robert Eggers, ma non ci rendiamo conto del percorso che questo ragazzone è stato in grado di fare con pochi e parsimoniosi film, divenendo proprio all'inizio del proprio cammino una autore a tutti gli effetti.

Tutto iniziò da qui.

Che diciamolo, non inventa nulla, ma conferma la sempiterna regola che bastano elementi anche rodati ma usati come Dio (ehm...) comanda che mille tentativi di fare qualcosa di nuovo a tutti i costi. Eggers quindi inizia sul sicuro, basandosi su una storia davvero ai limiti della linearità, ma nella quale mette dei sottotesti e delle doppie letture non da poco che la impreziosiscono silenziosamente.

E inquieta, soprattutto.

Questo dovrebbe essere scontato in un horror, ma noto che ultimamente le ovvie basi cominciano a diventare dei lussi...

Sfanculando jumpscares e puttanate di sorta, il nostro si basa unicamente su tanto del poco che offre, dato che i soli attori coinvolti rimangono i componenti della famiglia e una capra.  

Sì, soprattutto la capra.

Una famiglia così seriosa e problematica che deve essere per forza composta dai realizzatori della DC cinematografica (beh, DC qui acquisisce più di un senso...) che della fede ha fatto una vera e propria ossessione. Tutto il film si basa sui trip mentali che questo pugno di personaggi è in grado di farsi nella loro solitudine, quando un elemento di disturbo, la scomparsa del figlioletto più piccolo, porterà l'ovvio scompiglio in quel nucleo.

Certo, ci sono dei gemellini che ricordano troppo le bimbe di Shining, un padre devoto fino alla demenza, una madre che non ce la racconta giusta e un fratello che guarda in maniera ambigua la sorella.

E soprattutto, la sorella. La donna diventa vera chiave di svolta già dal titolo.

Tutto questo bendisatana di disagio è gestito da Eggers in maniera ottimale, dato che alla mancanza di fondi e la realizzazione palesemente votata al risparmio permette di parsimoniare su effettini ed effettacci e di giostrarsi unicamente su quello che l'immagine pura e semplice riesce a conferire. Non solo abbiamo una fotografia da urlo, che sarà il biglietto da visita di tutta la produzione del buon Robertino, ma le scene clou si basano unicamente su una strega che con la sola presenza e la mimica facciale della figurante riesce a imprimersi nella memoria.

Sono solo due momenti di pochi secondi che però mettono una strizza assurda.

Tutto il resto si registra tra le dinamiche dei personaggi, col loro rapporto morboso con la fede che alla fine è solo la castrazione di una vera natura votata al male che si presenta sotto molteplici aspetti, ampliando la gittata del delirio e non risparmiando allucinazioni pre-morte e un disgregamento totale dei legami familiari, vero fulcro di quella che dovrebbe essere la dottrina cristiana.

Tutto il film è gestito unicamente sulla paranoia, sul non detto, sull'eterno dubbio se quanto percepito dai protagonisti sia vero o meno. In questo, Eggers firma un vero e proprio capolavoro di scrittura che da solo mette tutto il disagio di cui sopra, quello che magari a una prima visione può sfuggire da chi si aspetta la rivoluzione ma che cresce dentro da quanto è ben congegnato.

Basare un intero film su un dubbio, una percezione, non è da tutti.

E sarebbe potuto diventare un vero e proprio capolavoro se avesse avuto il coraggio di fermarsi a cinque minuti dalla fine, prima di una scena - sempre diretta con la solita grazia ed eleganza - che però spezza l'idillio e dà delle risposte di cui non si sentiva molto la mancanza. Prima di quel colloquio mostrato a metà, che alimenta il dubbio ulteriormente, spezzato subito dopo dal palesarsi di quanto immaginato. 

Ecco, questa è la colpa più grande di un piccolo film che altrimenti sarebbe stato perfetto nella sua linearissima solidità.

Il Diavolo si nasconde nei dettagli, dicono, e spesso anche nella voglia di strafare tipica negli inizi. Ma anche così, con quel finale forse allungato, il film si lascia godere e inqueta terribilmente.

Certo però, immaginiamo quel vagare nella foresta con il dubbio della realtà impiantato nel cranio...






Commenti

  1. Sì, gli manca qualcosa per raggiungere il livello di capolavoro, tuttavia gran film, tra i pochi che si ricordano sempre, anche a distanza di tempo ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certe scene, nella loro semplicità, sono di crudeltà inaudita.

      Elimina
  2. Per me film folgorante, mi ha conquistata già alla prima visione ed è cresciuto ulteriormente con le visioni successive. Non vedo l'ora di vedere The Northman.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Molto diverso il suo ultimo, ma di tratta ugualmente di grande cinema 😉 settimana prossima ne parlo per bene 🍻

      Elimina
  3. Gran bell'esordio, anche la Taylor Joy molto convincente già da giovanissima

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Uno spazio tra gli occhi che non si può dimenticare 🥰

      Elimina

Posta un commento

Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

Post più popolari