IN COMPAGNIA DEI LUPI, di Neil Jordan

Rosaleen, la figlia di una ricca famiglia, si addormenta e fa un sogno. Nel sogno è in un villaggetto medievaleggiante e sua sorella viene divorata da un branco di lupi, cosa che ovviamente non fa molto piacere alla nostra, specie se dopo si mette a frequentare l'eccentrica nonna che la mette in guardia a suon di credenze e storie popolari...

Una fase che attraversa ogni cinefilo è quella di non guardare più "film vecchi" - dove il termine vetusto è assai relativo, diciamo prima degli Anni Zero - perché prima o poi ti assale l'idea che in quanto a classiconi e cult hai già visto quello che serviva. Ogni tanti però salta fuori qualcosa che ignoravi e, nel mio caso, è stato proprio questo film, che ammetto non avevo mai sentito nominare. 

Poi era diretto da Neil Jordan, uno che doveva aver preso i Maya più seriamente di Emmerich perché dopo il 2012 ebbe un brusco arresto e ignoravo avesse fatto un film nel 2018.

Ecco, Jordan è uno di quelli che non ti spieghi. Bravo, molto bravo, che ha segnato pure dei cult ma che stranamente nessuno nomina mai, quasi tutti si dimenticassero che esista. Eppure, per quanto io trovi filosoficamente aberrante un film come Il buio nell'anima, parliamo del tizio che ha fatto La moglie del soldato (... e Bruce Willis muore in Armageddon - cit.) vincendo poco dopo l'Orso d'Argento come miglior regista a Berlino con The butcher boy, senza dimenticare tra l'altro Intervista col vampiro.

Ok, per l'ultimo ridete pure, ma da adolescente dovevo provarci con una gotica fissata con quei film.

Vabbè, un regista sicuramente di grande talento ma che si cagano in pochi. Anche questo film sembra essere finito in una specie di limbo, eppure è l'embrione di un talento cristallino e che possiede dei livelli di lettura così elevati e sfaccettati da renderlo modernissimo ancora oggi, quindi non oso immaginare all'epoca.

Per la gioia dei complottisti, era il 1984 e Jordan era al suo secondo film dopo l'apprezzato Angel. Si trovava quindi davanti al dilemma di ogni opera seconda e, giusto per semplificarsi le cose, decise di adattare per il grande schermo i racconti di Angela Carter.

Ecco, da noi non è molto famosa (ci facciamo sempre riconoscere) ma nel mondo d'Albione i suoi racconti sono molto famosi e hanno influenzato una generazione di femministe. Portare proprio una sua opera (o la fusione di tre diverse) per il grande schermo, non ha un nome ben preciso, ma sicuramente figura sotto la dicitura "andare a cercarsele". Il film infatti ebbe problemi di trovare il finanziamento e in più scene Jordan dovette arrangiarsi come poteva, tutto questo senza mai perdere la bussola o dare l'idea di essere al lastrico. 

Davvero, quello che salta all'occhio è un'estetica estremamente ricercata, su alcuni versanti forse invecchiata inevitabilmente, ma realizzata da uno che aveva delle idee precise.

Volendo fare dei paragoni piuttosto azzardati, potremmo dire che questo film sta a Jordan come The triumph of steel sta ai Manowar: in questi fotogrammi è racchiuso tutto quello che questo regista avrebbe potuto diventare e che si è invece limitato ad essere.

Perché è vero che in questo film abbiamo dei vertici di regia e (meta)narrazione che il nostro non raggiungerà mai più anche nei suoi film più famosi. Qui è tutto gravato da un budget non all'altezza della richiesta e da una innegabile inesperienza mista a entusiasmo, col rischio di strafare in certi momento più audaci, ma rimane comunque un film che parla di tantissime cose, e a farlo è un regista trentaquattrenne alla sua seconda opera.

E parla di donne.

Certo, il materiale di partenza era della Carter, ma Neil nostro lo tratta con una sensibilità incredibile.

Il motivo per cui mi piace così tanto la narrativa fantastica è il modo in cui gli autori possono incanalare la metafora parlando di tutt'altro. La Carter fu pure piuttosto esplicita nelle sue opere, sporcandole di torbido e sessualità spinta, ma i racconti presi per la realizzazione di questo film furono quelli che giocarono maggiormente sull'ambiguo e che Jordan accompagnò degnamente con le immagini, a partire dalle scelte di casting. 

Non per nulla il primo dei litigi sul set fu per la protagonista Sarah Patterson, all'epoca al proprio debutto, ma contraria ai voleri dei produttori perché non volevano una tredicenne... quando il film, alla fine, è proprio dei primi pruriti che parla.

Come la vuoi mettere, The company of wolves è il racconto del passaggio dalla prepubertà allo sbocciare dei voleri e desideri fisici da parte di una ragazzina, ribaltando il ruolo della favola di cappuccetto rosso, dove gli adulti sono minaccia, guida e malconsiglio tutti insieme.

Il lupo non è solo un elemento del folklore usato dagli autori - che lo scrissero in coppia - ma anche la figurazione della parte animale dell'uomo, sia essa quella meramente aggressiva e patriarcale che quella sessuale, che all'abbandono dei sensi e delle convenzioni deve sottostare.

Si parla di questo e altro nel film, che oltre che alla scoperta del sesso e dei cambiamenti del corpo, parla anche della prevaricazione maschile, delle molestie e di come le credenze popolari abbiano segnato il corpo e la vita delle donne - si veda il personaggio della Lansbury. Il tutto sospendendo la narrazione in un non-tempo fiabesco che, come la fiaba insegna, all'orrore prende in prestito tante cose.

Il film di Jordan quindi si barcamena su tre e più livelli, rischiando di sbracare in alcuni momenti, ma lasciando alla fine una sensazione a metà strada tra quella di aver sentito una bella fiaba e il ritrovarsi sporchi più del dovuto.

Per me, una graditissima sorpresa e un film di cui non ho mai sentito parlare abbastanza, una pellicola sicuramente meritevole di una seconda giovinezza per via della sua modernità.

O semplicemente, per chi ama le cose belle.







Commenti

  1. Se uscisse oggi, con il cinema alla costante ricerca di soggetti per storie al femminile, penso che farebbe ancora girare la testa, troppo avanti, oppure femminista al massimo (considerando anche il libro da cui è stato tratto), continuo a trovarlo un gran film, forse il mio preferito di Jordan, che comunque più di un titolo di culto in carriera lo ha regalato. Cheers

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    1. Autore che meriterebbe di più, sia dal pubblico che da sé stesso...

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  2. la prossima settimana penso che ne parlerò anche io, dato che dedicherò una settimana a Neil Jordan xD

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    1. E fai benone :) autore che merita di essere riscoperto e questo film non è mai abbastanza celebrato!

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Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

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