AMER, di Hélène Cattet e Bruno Forzani
A quest'ultimo caso appartengono sicuramente Hélène Cattet e Bruno Forzani e io non me lo spiego.
Coppia nel lavoro e anche nella vita vera, si incontrarono appena ventenni e non si lasciarono mai più, realizzando diversi cortometraggi e poi questo Amer, film che ebbe un forte eco nei vari festival d'oltralpe (loro risiedono in Belgio, mi pare) per poi restare in quelle quattro chiacchiere cinefilare insieme ai loro lavori successivi.
Si tratta di un'opera che da una parte prende da quella che è una moda recente del cinema, in quest'epoca del revival estremo e della riesanima ossessiva, perché quando nasci dalle ceneri di un mito quello che puoi fare è proprio cercare di sviscerare quello che ti ha dato la vita. Ma dall'altra porta avanti una poetica dei due, che si sono certamente specializzati in quella che è l'indagine dell'eros e della sessualità, che nei loro film emerge insieme agli omaggi dei registi che li hanno ispirati.
La domanda che mi faccio però è come sia l'intimità tra i due, perché se condividi anche lavorativamente una simile tematica in quelli che sono i tuoi ricercatissimi lavori, il quesito rimane.
battutacce da Novella 2000 a parte, il loro esordio consiste, forse proprio perché in quanto tale, nell'analisi di una donna e della sua sessualità, estremizzata in ogni particolari. Ma come in tutte le cose, bisogna andare per ordine, altrimenti non si può capire come mai questo film all'epoca fu quel rapido fulmine.
Amer è un'opera che vive di contrasti e, per quanto quello del contrario sia il trucco più vecchio del mondo nell'arte, qui va detto che era difficile arrivarci.
Perché un conto è avere una tematica e un altro portarla sullo schermo nella maniera più originale possibile, ma diciamo che l'accostamento tra l'erotismo, la scoperta della propria sessualità e il poliziottesco italiano... beh, ci è voluto un certo impegno per arrivarci, ammettiamolo senza colpo ferire.
Il colmo è che funziona.
Le ispirazioni della premiata ditta Cattet/Forzani sono palesi a tutti. Ogni fotogramma grida Fulci, Bava, Argento e tutti quei tecnici che hanno reso grande una parte del nostro vecchio cinema. Proprio perché si parla di contrasti, ogni passaggio è accentuato dall'uso dei colori, ce virano su sferzate di blu/rosso/verde per evidenziare ogni passaggio, oltre che da un montaggio che è la vera ragione della crasi, perché se l'effetto ricercato è quello del vecchio cinema, le dinamiche si susseguono con un taglio moderno per quella che è la gestione del ritmo, dell'inquadratura e dell'alternanza delle riprese. Una lentezza espressiva che introduce, insieme a una velocità sperimentale che vuole mettere nell'animo della protagonista e dei suoi tormenti, della concretizzazione del proprio "potere" e la piena consapevolezza finale.
La trama è un puro pretesto. Quella in descrizione è il motore che dà l'avvio a una vicenda che a conti fatti quasi non esiste, Ana (difficile non fare battute sul nome, vista la tematica...) potrebbe essere chiunque, ma colpisce come ogni passaggio sia gestito anche per la totale assenza dei dialoghi. Potrebbe essere quasi un film muto per come si svolge.
Se la "scoperta" avviene come un trauma, c'è poi la sequenza centrale dell'adolescenza. Da molti ritenuta la parte più debole del trittico, va però dato atto che Charlotte Eugène Guibeaud porta tutto il peso addosso solamente camminando e lanciando qualche sguardo furtivo. Per me una sequenza molto bella - non solo per l'attrice, che ha una carica esplosiva non da poco - ma perché dice tutto senza dire nulla, fino a quella che sarà l'esplosione finale con Ana oramai adulta.
E farà pur ridere un poco quell'omaggio al Diabolik che fu con quella reiterazione dei guanti del Darione nazionale, ma alla fine quello che i due registi vogliono offrirci è il ritratto di una donna che non vede più il proprio corpo e la propria sessualità come una gabbia e che non si sente più schiava del mondo. Ci offrono così una scena del massacro epocale, raffinatissima e con quel gioco di montaggio che raggiunge le sue estreme conseguenze, senza rinunciare a un po' di sano splatterone e mattanza gratuita che male non fa.
Ma quello che rimane, è il senso di libertà. E di una donna che ha affrontato il buio interiore e sfidato l'uomo mascherato che si nascondeva dentro di lei.
Ad alcuni piacerà, ad altri legittimamente molto meno. Io per pure questioni cinefile l'ho letteralmente adorato.
Prima ti dico cosa penso io , senza leggere la tua rece.
RispondiEliminaDopo avertelo detto la leggo.
Per me questo è erotismo puro ..film eccitantissimo.
Cinema sensoriale all’ennesima potenza.
Forte come un videoclip .
A me è piaciuto tantissimo, la trama gioca sui gialli di fine anni settanta , la colonna sonora è bellissima.
Lei è sensualissima.
Loro come registi son bravissimi .
Il film mi è piaciuto tantissimo.
Per me era la prima volta che vedevo un film del genere .
Dove i dialoghi non sono essenziali .
Sarà pure per questo che ne conservo un bel ricordo.
Letto: minchia hai riassunto benissimo il mio pensiero.
Bravo.
Avevo paura che il film non ti fosse piaciuto.
Invece no.
Purtroppo quello che scrivi dei registi non essendo un cinofilo non lo posso argomentare più di tanto.
Ma alla fine deve essere come scrivi te sul fatto che siano stati relegati un po’ all’angolo e forse non valorizzati come meriterebbero.
Peccato.
Ciao
Ahahah! Vedi le sorprese? ;)
EliminaComunque sì, questo film mi è piaciuto molto. Di recentissimo ho visto il loro secondo lavoro e... beh, quelli devono stare davvero male, ma si adorano per questo. Peccato non siano in risalto come meriterebbero, il loro terzo è introvabile.
Cinofilo ahaha!!!
RispondiEliminaEro indeciso con cinefilo .
E ho sbagliato!!
Vedi te cosa ne capisco io de cinema.
Bau!!!
W i cani
Peccato, sono un gattaro... :(
EliminaPure a me piacciono di più gatti😂
EliminaEra per dare un senso al mio errore ahaha!!!
Ciao