LIBERACI DAL MALE, di Hong Won-chan

Il killer Kim In-nam decide di ritirarsi dopo l'ultima missione. Quando però la figlia di una sua vecchia fiamma verrà rapita, sarà costretto a riscendere nuovamente in campo, addentrandosi addirittura nei peggio quartieri thailandesi. Nel frattempo, l'amico fraterno di un boss recentemente ucciso da lui parte sulle sue tracce...

Francamente, non so voi, ma se anni fa mi avessero detto che avrei avuto a disposizione le piattaforme per poter vedere al meglio dell'accaddì tutti i film che volevo, avrei dato di matto dalla gioia. Adesso invece mi tocca passare le serata a decidere cosa guardare e spesso la scelta porta via la maggior parte del tempo. 

Figuratevi che nel mentre mi sono persino ricordato che esiste il cinema coreano...

Fa un po' strano pensare che tempo fa questa era vista come la meglio di tutti, poi venne la cinematografia greca - anno che vai, mode cinefile che trovi - e ora tutto un po' si perde nel marasma generale del surplus delle offerte. Però ogni tanto ti ricordi dei vecchi lustri che furono e ti chiedi come sia andato avanti il tutto.

Questo titolo, uscito all'alba del 2020 poco prima della pandemia, me l'ha fatto scoprire Amazon Prime nel suo catalogo randomico.

Scopro inoltre che per quanto sia un'opera seconda, il regista Hong Won-chan in realtà possiede un curriculum quasi siffrediano in veste di sceneggiatore, dato che è stato collaboratore del più celebre Na Hong-jin per i suoi The chaser e The yellow sea.

Viene quindi da chiedersi perché si sia tenuto le idee migliori per un altro...

La cosa divertente non è solo che ho passato gran parte del tempo a interrogarmi sul perché del titolo e al motivo di una sequenza (spoiler: nell'adattamento italiano non hanno tenuto conto dei diversi linguaggi, così in certe scene traducono sul momento frasi in italiano...), ma che il film all'inizio mi stesse pure convincendo.

Diciamolo, nulla di trascendentale. Si tratta delle solite cose be rodate da comfort zone spudoratissima: atmosfere molto fighette con fotografia annessa, storia violenta e borderline sui confini della criminalità e un paio di uccisioni molto ganze.

Poi il film comincia a ingranare, ma non ingrana davvero mai.

Anzi, più va avanti, più il termine coreanata si fa sempre più potente dentro di te, tanto da scavarti come un verme della sabbia di Dune dentro. Perché che molti ancora si basino sugli stilemi che hanno fatto tanto amare quel cinema anni fa, sfruttandoli in maniera quasi pedissequa, sui fa sempre più fondato.

Però il film rimane così e basta. C'è l'attore principale (il protagonista di Squid game) che ci crede fino in fondo ed ha un carisma naturale che da solo fa gran parte del lavoro - davvero, lui sa bucare lo schermo come solo a pochi altri coreani riesce - ma tutto il resto, dopo un iniziale convincimento, rimane davvero a sé, tanto da farsi battere da una roba come Jo Pil-oh.

Non ha particolari caratteristiche il villain, le motivazioni alla base di tutto sono davvero stupide e nessuno, ripeto, nessuno, riesce a essere davvero simpatico fino in fondo. C'è perfino un personaggio transgender così stereotipato da diventare quasi offensivo da tanti stereotipi gli hanno messo addosso, pur mettendolo come "il buono strambo" di turno.

Anzi, persino il passato degli stessi è così accennato che tanto bastava lasciarlo sul vago dei dialoghi e basta.

Si mantiene quasi eccellente sul versante tecnico nella prima parte, ma anche qui, non sai se complimentarti col regista o dare il merito di default alla provenienza, perché da quella parte di mondo hanno più che dimostrato di saperci fare. Poi però iniziano le scene d'azione e dopo una essenziale - ma dannatamente efficace - proprio a inizio film, arrivano quelle più elaborate, a cui hanno messo ralenty cafoni come uno Snyder qualsiasi.

No, paragonare a Zackino bello non è un complimento, qualora ve lo steste chiedendo.

Quindi delude sia narrativamente, che concettualmente e anche dal lato della pura ignoranza, dato che non riesce mai a non prendersi abbastanza poco sul serio da lasciar parlare solo le cinquine, spesso il vero elemento salvifico di ogni film che si rispetti, coreano o meno.

Qui siamo molto fan delle mazzate.

E il concetto della paternità/maternità come elemento salvifico da ogni male, che ovviamente qui è trattato con tutte le melensaggini del caso, ci sta pure abbastanza sulle scatoline.

Magari vi piacerà. Io però non mi sento di consigliarvelo, se non per sentirvi a posto come cinefili ricordandovi che il cinema coreano è andato avanti rispetto a quando andava di moda.

Ma poi... perché questo titolo?





Commenti

Post più popolari