JOHN AND THE HOLE, di Pascual Sisto

John è un tredicenne molto "particolare" di famiglia benestante che scopre un bunker nel bosco adiacente il giardino di casa sua. Deciderà di rinchiudervi dentro genitori e sorella, godendosi i benefici di una vita indipendente... 

Il cinema è sempre stato in grado di sorprendere. Non a caso, Hollywood veniva chiamata "la fabbrica dei sogni", proprio perché il sogno è il non-luogo dove la mente, spoglia di ogni costrizione o incasellamento, è libera di dar sfogo a ogni fantasia che nemmeno lo stesso sognatore sapeva di riuscire a concepire. Da lì, la sorpresa.

In questo caso, la sorpresa sta nello scoprire che il titolo non è quello di un film porno. 

Si tratta bensì dii un film che non si è fatto volere molto bene.

Troppo tetro, troppo criptico, troppo lento... in pratica, gli stessi motivi per cui non mi invitano più alle feste, ergo non potevo che provare empatia subito di default per un film simile. Che sì, sicuramente non è semplice e ha le sue criticità, ma ha anche al proprio interno una magia che, per quanto effettivamente il ritmo sia così dilatato da far sembrare tutto una partita di bridge all'ospizio, non riesci a staccare gli occhi dallo schermo

John and the hole è un film noioso che però ti tiene sveglio fino alla fine.

Non proprio il massimo delle presentazioni, però al momento è l'unica che mi viene in merito.

Tra l'altro, c'è una macabra ironia nel fatto che sia stato distribuito nel 2021, un anno dopo l'essere stati costretti a rimanere chiusi in casa a causa del Covid...

Per il suo debutto alla regia l'artista visivo Pascual Sisto decide quindi di complicarsi la vita con un coming of age atipico nella forma e nella sostanza, perché se normalmente questo genere vede un giovanotto prendere coscienza di sé, delle proprie capacità e di quello che è necessario fare per non sprecarle, qui opta per il processo opposto: un ragazzino che dentro di sé sente un non specificato vuoto siderale che isola gli elementi adulti della sua vita per avere un controllo che altrimenti gli sarebbe negato.

Non ci sono efferatezza - se non l'idea alla base - e nemmeno scene cruente. I rimandi al "Mamma ho perso l'aereo mischiato ad Haneke e Lanthimos" (ecco, la mia versione è molto meglio...) lasciano il tempo che trovano perché dei due autori non ruba l'assurdo a tutti i costi e la violenza psicologica e di denuncia sociale. Siamo piuttosto alla dimostrazione estrema di un disagio interiore gigantesco e alla sua gigantesca voglia di gridare di esserci, in qualche maniera.

C'è la morbosità, ma non la crudezza.

Questo è il punto basilare per capire che razza di film stiamo andando a vedere e perché è in grado di giocare un fascino sinistro su un certo tipo di spettatore.

John and the hole non spiega nulla, ma dissemina gli indizi. Non spiattella in faccia al pubblico quello che vuole, ma lo usa con cura certosina. Il padre che chiede al figlio da quanto tempo non guarda sotto il letto, l'iniziare con quell'interrogazione così sui generis e quel confronto con la sorella (e la storia amorosa di lei appena accennata) per la palla da tennis... tutte cose che spiegano più di mille parole. Poi però quando è il momento di passare le chine sul bozzetto a matita si vuole esagerare, combinando un mezzo disastro.

Perché - e qui vi voglio, mascherine - a confondere le idee c'è quella storia secondaria, presente per sole due scene. Quella della ragazzina coi capelli rossi.

No, aspé... Charlie Brown, sei tu?

Un'apparizione fugace, a tratti davvero non necessaria e che mischia le carte in tavola, creando due linee narrative che possono stravolgere o rafforzare il senso di quanto visto.

Perché il fatto che si nomini il titolo del film (l'altra storia, Charlie e il ragno, fa riferimento al giardiniere che, per l'appunto, si chiama così) riempirebbe diversi vuoti concettuali su questo Home alone per disagiati, ma confonde in maniera non si capisce quanto voluta sul fine ultimo del film.

Perché per far valere il senso di solitudine di un'opera ben più accessibile di quello che sembra, c'era già tutto: il fingere di annegarsi con l'amico, il finto salvataggio finale, o il bunker riempito di terra, un vuoto colmato, ma di una struttura di cui oramai si conosce l'esistenza e che cambia per sempre la percezione di quello spazio verde e alla stessa maniera di sé stessi. Perché la quiete raggiunta non darà mai più la famiglia di prima.

Tante cose sicuramente non le avrò colte da quanto sono nascoste - pure troppo - anche se questo grido d'aiuto disperato che non si sa come esprimere me lo sto portando dentro in una maniera tutta sua. Segno che qualcosa da dire questo film ce l'ha, al di là dell'odio generalizzato.

E sì, qualora ve lo steste chiedendo, il padre è Dexter. Il killer, anche perché il sotterraneo segreto non è un laboratorio.





Commenti

  1. Mah. Io l'ho vissuto come un "vorrei" autoriale ma "non posso". Ha tante belle idee e anche una bella messa in scena, ma mi ha lasciato un retrogusto fuffosino. E il bambino, santa creatura, quante sberle mi ha chiamato!

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    1. Per assurdo, l'ho trovato meno fastidioso di molti bimbi cinematografici 😅😅

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Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

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