NOI, di Jordan Peele

La famiglia Wilson passa un weekend vacanziero a Santa Cruz, ma vengono attaccati da dei loro doppi, intenzionati a prendere il loro posto. E se non fossero i soli? Riusciranno a salvarsi?

La vita è costellata dal doppio, perché due sono gli estremi e in ognuno di noi abita una dualità di sentimenti, sensazioni e inflessioni - certe volte pure due lupi, ma in me solo una moffetta narcolettica. Se sei cinefilo, poi, c'è sempre il rischio tu debba passare i titoli di coda a raccogliere due cose che ti sono rotolate sul pavimento... 

Per ora mi è successo solo a dover parlare con la gente, per questo tengo un blog...

Il doppio però è il tema scelto da Jordan Peele, dopo quel Get out! per me non particolarmente convincente ma che lasciava qualche spiraglio tecnico davvero degno di nota. Per il suo secondo lavoro - da quanto detto dal vate Capa, è sempre quello più difficile - torna in pompa magna con un soggetto e degli intenti decisamente molto più ambiziosi e strutturati

Perché se il suo esordio dietro la macchina da presa aveva come punto debole il possedere così poche dietrologie e sfumature, qui il nostro rincara la dose, dimostrando di essere un narratore cresciuto e confermando l'ipotesi che il film precedente altro non era che un banco di prova delle sue volontà artistiche.

A questo punto è chiaro come il nostro, pur essendo nato come comico, abbia mangiato l'horror giusto e quanto ne sia derivato, riuscendo però a trovare un proprio spiraglio per affrontare i temi a cui tiene.

Far parte di una minoranza di sicuro ne crea diversi.

E a proposito di temi, doppiamo aprire una bella parentesi. Perché Noi non solo li ha, li sviscera e tutto quanto (pur con diverse, piccole difficoltà), ma c'è anche la questione della provenienza geografica da affrontare.

Noi è un film che ti fa capire quanto cambi la visione delle cose in base alla cultura a cui le sottoponi e quanto la fotografia sia importante in un film.

Il tema è quello della lotta di classe, ma proposto sotto una tale derivazione sociale, linguistica e culturale (di cultura pop, tra l'altro) che per noi italiani è impossibile comprendere la portata di un film simile se non dopo delle ricerche a fine visione. Non tutti possono sapere che la divisa dei doppioni è quella dei carcerati americani, che i conigli di cui si nutrono sono un riferimento ai rabbit viventi su un'isola dove svolsero degli esperimenti (e dove le bestie soggette proliferarono come nella loro natura) così come della Hands Across America, evento che fuori dai confini stellestrisce non ebbe l'effetto voluto e non sopravvisse alla memoria, che ma sottopelle è ancora sentito e ricordato da chi ebbe modo di vivere quel periodo.

Un muro umano durante una giurisdizione in cui si parlò abbondantemente di un muro specifico, tra l'altro. Poi dite che l'horror non apre le menti!

Tra l'altro, quell'Us del titolo originale, può benissimo essere l'abbreviazione di United States.

Peele quindi amalgama tutti gli elementi, costruendo un discorso per parlare del proprio paese e (ancora una volta) del razzismo recondito, suggerendo la divisione di classe ancora predominante (il personaggio di Elisabeth Moss è emblematico da questo punto di vista) e la rivolta popolare che ne può seguire. Lo fa usando l'horror e tutto ciò che ne consegue, a tratti riuscendoci benissimo e in altri un po' meno.

Tecnicamente, il film è da mandibole slogate. Ha un ritmo incredibile e una gestione degli spazi e dei tempi pazzesca, ambientare gran parte del girato in spazi chiusi aumenta la claustrofobia ma rimane anche un viatico per dimostrare di che pasta si è fatti, dato che la limitatezza d'azione permette un uso della regia così calibrato e, pertanto, difficile da raggiungere quando si è confinati. Ma soprattutto, incute timore.

Pecca però quando sforzi troppo la mente e dopo il super colpo di scena finale il criceto tra i tuoi neuroni fa girare la rotella.

Oltre a Romero, un grande ispiratore di Peele è la fantascienza classica, che in quanto tale ha il difetto di essere invecchiata fuori dai temi che ha voluto anticipare. Lo stesso guaio di un film ambizioso ed efficace come questo, che nel mostrare il suo gran finale (ma poi... perché solo chi ci viene detto? Perché nessun altro ci era arrivato prima? Dirlo fin da subito pareva brutto?) mostra diversi fianchi nell'eccessiva analisi. E diciamolo, i suoi due film potevano benissimo essere due puntate di Ai confini della realtà, sia per la genialità che ne sta alla base ma anche per l'approccio con cui sono state svolte.

Qui va molto meglio, ma alcune incertezze rimangono. 

Rimane un (grande) film memorabile e con un messaggio forte, chiaro e disperato - anche se la "scena del fuoco" per me è un gigantesco punto di domanda... 

Per il resto, il miracolo tecnico vero e proprio è stato usare un cast all-black per un film ambientato quasi esclusivamente di notte.

Sono serio, ma mi rendo conto che un'osservazione simile, in questi tempi, potrebbe essere presa molto male...






Commenti

  1. Per me il film soffre della diretta linea d'ispirazionme da quale è tratto, ovvero un episodio televisivo. Incipit fenomenale ma poi il trucco s'innesca troppo tardi, io gli avrei tolto una mezz'ora che ben poco offriva. Comuqnue, ripeto, l'incipit è fatto benissimo non ai livelli di Phenomena del Dario dei tempi d'oro (o dovrei dire d'Argento) ovviamente.

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    1. Più che altro lo spunto è tanto geniale che tenere botta tra le varie scene clou è difficile...

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  2. Non l'ho mai più rivisto causa mancanza di tempo ma ricordo che dopo la visione al cinema lo avevo adorato per la complessità di sceneggiatura (finalmente un film che non tratta lo spettatore come uno scemo!) e regia in primis e per la bravura della Nyong'o.

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    1. Pure io a fine visione c'ero rimasto. Però, ragionandoci sopra, soffre di alcuni nonsense "old school" che intaccano uno script altrimenti a prova di bomba.

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  3. Per quanto ho capito dal tuo post stranamente più criptico di sempre condivido la tua lettura, mi sono un po' persa nella tua domanda con parentesi compresa, ma questo tuo post l'ho trovato intrigante. Anche la risposta a Babol l'avrei approfondita, mi spieghi meglio?
    Dei suoi tre film è quello che mi è piaciuto di più, per il ritmo, l'analisi, la voglia che mi è venuta di trovare un senso compiuto a differenza del suo ultimo, che anche se offre altri numerosi spunti o riferimenti l'ho trovato meno potente pur dando messaggi se vuoi importanti ma forse più scontati.
    Invece su questo film ho letto ottime recensioni e ognuno aggiunge qualcosa di diverso.
    Senti sempre che manca qualcosa, si sfilacciano i fili che pensavi di aver unito e questo purtroppo lo ritrovo nei suoi film e faccio fatica anche a farmi capire, alla fine sembra che il film, la trama prende una strada sua che in qualche modo sovrasta il regista e gli sfugga un po' di mano, ecco, forse questa potrebbe essere la mia interpretazione.
    Ho il DVD, il film prima o poi lo rivedrò, certe scene le ricordo ancora, voglio lasciare passare ancora un po' di tempo in modo da riscoprire qualcosa di nuovo.
    Un abbraccio.

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