EO, di Jerzy Skolimowski

Il circo dove si esibisce l'asinello Eo insieme alla propria domatrice viene smantellato dopo delle proteste ambientaliste. Il ciuchino si ritroverà così sballottato da una parte all'altra, vivendo delle tragiche avventure che...

La realtà è che io vado matto per gli animaletti. La preoccupazione più grande della signora Jean Jacques quando facciamo una gita in montagna è quella di non trovare una mucca o un qualsiasi animale durante il cammino perché regredisco alla forma mentis di un treenne. 

Poi se vengono trucidati a schermo non mi scompongo, ma come diceva Michael Ende, questa è un'altra storia. Resta il fatto che un film come EO sembrava fatto proprio per me, e non solo perché le maestre delle elementari mi dicevano fossi un asino...

Ecco, a questo film avrei voluto volergli tantissimo bene, ma purtroppo così non è stato.

E davanti a tutti i premi vinti, l'ipotesi che forse il problema stia in me sorge spontanea. Ma pur essendo sicuro di essere la causa di molti problemi, davvero, non ho capito perché questo film sia stato così apprezzato, tanto da aver vinto il Premio della Giuria a Cannes ed essere stato nominato come Film Straniero agli Oscar. Anche se aveva tutte le cose per piacermi, e non solo un regista polacco dal nome impronunciabile.

Tra l'altro, sapete chi è Skolimowski?

Vi basti sapere che scrisse Il coltello nell'acqua per Polanski (e pure l'ultimo, deludente, The palace), mentre come attore lo avete visto ne La promessa dell'assassino di Cronenberg e nelle vesti del dr Zegler in Mars Attack! di Tim Burton - era pure uno dei torturatori di Vedova Nera nel primo Avengers.

Capite quindi che è impossibile non rispettare uno che fa cinema da sessantaquattro anni (oltre al fatto che compie gli anni il giorno dopo di me) e che, alla veneranda età di 84 candeline sulla torta, cerchi ancora di realizzare qualcosa di originale e mai visto prima. Perché EO è un film che cerca di dire qualcosa in una maniera inedita, anche se il discorso già sentito alla fine gira in tondo per una serie di dinamiche che... beh, definire bizzarre è dir poco.

Davvero, la tecnica e il mestiere in alcune sequenze si vedono tutte. Anzi, si mangiano proprio il film. Ma è pure per "colpa" di quella meraviglia precedentemente vista che certe scene appaiono ai limiti dell'ingenuo, sia per la struttura che le dinamiche interne. E questo, da un autore così esperto e che ha detto già tanto in passato, sono scivoloni che difficilmente si riescono a perdonare in corso d'opera. 

Ancora prima di questo, però, viene spontanea una domanda: a qualcuno è fregato qualcosa di quel povero asinello?

Il film altro non è che una parodia cristologica del martirio e del sacrificio, e il fatto di usare un asino è il colpo di genio che non ti aspetti. EO attraversa un mondo crudele dove sperimenta i peggiori aspetti dell'umanità, ma c'è mai un vero e proprio momento in cui, a parte una sequenza totalmente gratuita (ci arriveremo...) si arriva ad avere una vera e propria empatia con questa bestiola?

Questo è il punto focale di un film piccolo ma ambizione che, però, finisce nel cadere nella stessa montagnola ricostruita meticolosamente sequenza dopo sequenza, scena mirabolante dopo scena mirabolante. E la fotografia più bella del mondo non riscatta una mancanza così importante.

EO è un film che finisce con l'essere quasi ricattatorio e, nel cercare di dare senso e forma all'empatia, vuole allo stesso tempo metterti sullo scranno del colpevole in quanto essere umano. Ma tutto questo appiattisce il discorso in una maniera incredibile, specie perché l'innocenza, quando è affidata a un animale che non parla, non ha naturali espressioni e nemmeno gli stimoli per passare dal lato oscuro della barricata, ha una connotazione ai limiti dell'inutile.

A questo, poi, arriviamo a quelle scene che non ti spieghi. 

Infatti, se l'introduzione convincerebbe anche il più scettico, le dinamiche frettolose in cui il circo vede fine sono ridicole, così come la scena del saluto finale tra la domatrice e la sua creatura (come faceva a sapere dove fosse stato trasferito e perché quel dialogo dall'intermittenza nonsense tra lei e il fidanzato?) e, non ultima, quella della partita di calcio contro gli skinheads. 

Seriamente, sempre dalla parte di chi smerda i nazi, ma davvero dei tizi incolpano un asino per aver perso una partita di pallone, cercandolo ore dopo per fargli la festa insieme agli altri ultras?

A questo poi segue il viaggio del nostro, che in soli ottanta minuti appare quasi ridondante, offre una comparsata di Isabelle Hupper (buongiorno, regina) per poi palesarsi per quello che è: un manifesto quasi propagandistico contro i consumo della carne.

Skolimowski infatti dice di aver ridotto di oltre l'80% il consumo di carne e spera di spingere più persone possibili a fare lo stesso con questo film. Ecco, rispetto e ammiro la scelta, ma che il cinema venga usato così, dopo aver accennato della bassezza umana e averla usata per questo mero messaggino messo alla fine a mo' di postille, qui mi sento leggermente perculato. Non tanto perché onnivoro ma proprio come spettatore, che da un nome simile si aspettava qualcosa di più.

E infatti, come ho detto, a questo film avrei voluto volere molto più bene. Ma quella con EO per me non è stata un'amicizia semplice, e non per quanto riguarda la mia coscienza, quanto l'amore per il cinema come mezzo artistico.

PS: ma poi, qualcuno ha capito il senso del robottino quadrupede?






Commenti

  1. Non c'entra nulla ma volevo chiederti se hai mai visto Mysterius skin di Gregg Araki?Cosa ne pensi?

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    1. Io e la signora Jean Jacques lo abbiamo visto l'anno scorso, proprio in questo periodo.
      Piaciuto molto, anche se dopo quel film ho un problema con gli uomini baffuti...

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    2. Grazie mille, io l'ho visto per la prima volta proprio ieri, mi sono ricordata che Araki ha diretto alcuni episodi di 13 (serie fetentissima)...

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    3. Se ne è parlato così tanto di quella serie che mi è passata ogni voglia di vederla 😅

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  2. Non è un caso che ce l'ho lì da vedere da un secolo... ma non mi decido mai a pigiare start. Non so, è che a pelle temo che non rientri nei miei gusti (frase elegante per dire che ho un po' di soggezione a vederlo). Quasi tutti mi hanno detto che è straziante, qualcuno che è un piccolo capolavoro, altri che è ricattatorio come pochi. Boh, nel dubbio continua a rimanere lì ;)

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    1. Credo ognuno lo intenda come vuole. Diciamo però che dello spottone finale con tanto di scritta ne avrei fatto a meno...
      ... però davvero, certe scene hanno una costruzione che proprio non ho capito. E non è nemmeno gap culturale, è semplice consecutio logica di avvenimenti, gesti e dialoghi. Poi una microsequenza con un robottino ancora oggi mi frulla in testa, e non per meriti artistici.

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  3. Ancora mi manca ma vorrei vederlo, ho visto che c'è su Raiplay, nella sezione Fuori Orario dove ho appena visto "Dust in the wind" di Hou Hsiao-hsien.

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    1. Infatti l'ho visto proprio lì 🥸
      Grande regista! Su Prime dovresti trovare "The Assassin", il suo ultimo (bellissimo!) lavoro.

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