THE MAN FROM NOWHERE, di Lee Jeong-beom



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Cha Tae-sik è il silente e solitario gestore di un banco dei pegni in un quartiere malfamato, il cui unico contatto di vita è So-mee, orfana affidata all'eroinomane Hyo-jeong. Quest'ultima partecipa al furto di una grossa partita di eroina, nascondendone una parte in una borsa che rifila proprio al protagonista, che dovrà intervenire per salvare la bambina, presa in mezzo dai trafficanti. Ma Cha Tae-sik non è proprio quello che sembra...


Su quanto i veri cinefili amino spippettarsi sui film coreani si è ironizzato abbastanza nei secula seculorum ma, al netto di tutta l'ironia che può esserci anche verso quelli che devono sentirsi esperti col minimo sforzo (quelli che cercano di farla un po' più lontana del fan medio di Tarantino, per capirci), va detto che la loro è davvero una cinematografia in grado di differenziarsi dal resto del mondo grazie a dei titoli e dei registi cardine.

Poi c'è tutto il resto e, come diceva qualcuno, la pacchia è finita.

Nel barcamenarsi tra tutti quei titoli che possono dare una panoramica decisamente sfalsata credo che un regista come Lee Jeong-beom (che nella mia testa chiamo Beom il mostro umano) sia l'ottimo compromesso, quello che si pone a metà strada fra un modo di fare di cinema mainstream, accessibile a tutti, mettendo però tutti quegli elementi che rancorosi vari con gli occhi a mandorla hanno saputo fare tipico di una certa scuola ormai assodata.

The man from nowhere è un action che nella messa in scena mantiene la cifra stilistica che dagli anni zero in poi ha dato la propria identità nel mondo al modo di fare cinema della Corea del Sud, virando pesantemente verso il neo-noir grazie ad atmosfere patinate e a una messa in scena che mira alla sofisticatezza più estrema, raggiungendo qui un equilibrio tra la pancia e l'estetismo. Perché sì, abbiamo la fotografia fighetta e gli eleganti movimenti di macchina, ma sa anche metterla in caciara che è un piacere.

Oh, tirano di quelle mazzate...

Più dalle parti del Leon di Besson che di altri titoli d'essai, la pellicola non rinnega le proprie origini ed è comunque profondamente legata alle tematiche tipiche della cultura orientale, ovvero la vendetta, che nella società buddhista ha nell'arte una vera e propria catarsi, e la redenzione, anche questa tipica di molti film di quella parte d'Oriente. In questo caso, redenzione che passa da un passato che non si riesce a metabolizzare ed ha il proprio culmine nel fare la cosa giusta per rendere il mondo un posto migliore.

Qualche sentimentalismo di troppo nella parte iniziale - anche loro hanno un po' di problemi a non rendere odiosi i personaggi infantili - e alcuni estremismi che forse possono scuotere il pubblico meno avvezzo, ma nulla di insostenibile. Cha Tae-sik rimane un personaggio tagliato col machete e proprio per questo funziona in un film simile, una pellicola dove lavorare di sottrazione coi personaggi paga sempre perché è l'azione che deve farla da padrone e il cinema nasce proprio per raccontare storie con le immagini in movimento.

Qui corrono, scazzottano, sanguinano e tirano pure calci, ma alla fine costringe anche il cinefilo più duro e intransigente a fare i conti col proprio lato da teddybear. Ci danno gli sguardi mesti sotto la pioggia in notturna, ma in cambio ci chiede di sopportare botte da orbi e abbraccioni teneroni finali.

E finché ci danno questi compromessi con tutto questo stile, allora è un gioco che vale la candela. Anche se è quella parte di Corea che non regala l'ultraviolenza o la vendetta senza perdono che tanto piace.

Non quello che diventerà uno dei film della vita, ma quell'intrattenimento intelligente che potrà aprire un mondo ad alcuni neofiti.






Commenti

  1. Immaginavo non fosse proprio chissà che novità, però almeno mi hai fatto venire voglia di concedergli una possibilità. Cheers!

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    1. Il nuovo è già vecchio il giorno dopo, dicevano 😉 comunque no, assolutamente nulla di nuovo, soprattutto per chi è "navigato", però molto stiloso e caruccio. Merita una chance... Magari quando non hai scimmia di vedere altro.

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  2. Con la nuova versione ti stai specializzando nei "cult", vedo... ottimo! Questo l'ho visto e mi è piaciuto molto. Inutile ribadire che la cinematografia coreana, da un bel po' di tempo a questa parte ormai, è di gran lunga la più vitale al mondo!

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    1. No, la nuova versione è per essere stringato, arrivare dritto al punto, non dipendere dalla lunghezza e avere più tempo 😂
      Non so se definire questo un cult 🧐 però sì, molto bellino.

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  3. Leggendo la trama mi ricordava Leon poi hai confermato.. sembra interessante! lo guarderò così magari da fan tarantiniana media acquisisco una skill aggiuntiva per passare di livello! XD

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  4. Sempre del 2010 e coreano ti suggerisco, se non l'hai già visto, I Saw the Devil. Questo comunque non ho visto.

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    1. Visto e adorato 😍 ma lì siamo su alt(r)i livelli!!

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