THE END? L'INFERNO FUORI, di Daniele Misischia

Claudio Verona, rampante broker che a livello umano sta un gradino sotto quelli che mettono l'ananas sulla pizza, poco prima di un importante incontro di lavoro rimane bloccato in ascensore. Proprio il giorno in cui Roma viene invasa da un'orda di zombi...

Nel cosiddetto rinascimento del cinema italiano che sta prendendo piede da un po' di anni, ovvero da quando uscì nelle nostre sale quella cicciofigata che era Lo chiamavano Jeeg Robot, mi sono sempre chiesto quando avrebbe cominciato a riprendere piede un po' di sano horror. E certo, abbiamo avuto The nest, che però va un po' oltre quello che io mi immaginavo.

Per i più pischelletti, detto da uno che in quel periodo ancora doveva nascere (anzi, credo che i miei fossero appena fidanzati) noi italiani abbiamo avuto una fiera rappresentanza horror che, oltre all'Argentone nostro, ha contato tra le proprie fila nomi come Lucio Fulci, Mario Bava, Umberto Lenzi, Ruggero Deodato (in parte) e perfino Pupi Avati (ancora più in parte, che poi si è messo a fare il sensibile). Fa un po' strano che a fare da apripista in tempi non ancora sospetti fu il cantante dei Tiromancino con Shadow nel 2009.

Tutti horror divertenti e divertiti, carattaristici, che se non proprio un eccesso di qualità artistica hanno portato in giro per il mondo il made in Italy di un certo cinema artigianale, fatto di effettacci di bassa lega, ma che riuscì a creare un certo circuito di appassionati non indifferente.

The end? L'inferno fuori parte un po' dalle origini.

Non per nulla è stato prodotto e fortemente voluto da quei due pazzi sclerati dei Manetti bros, quelli che un certo tipo di cinema hanno sempre provato a portarlo sia sul piccolo che sul grande schermo, e che qui hanno radunato tutti i Wang possibili per aiutare il giovane esordiente.

Chi ha detto infatti che un'idea originale o innovativa sia il succo del successo? Sbagliato. Spesso si può partire di qualcosa di ben conosciuto e già rodato, ma facendolo incredibilmente bene. Anzi, certe volte pure degli escamotage che sono palesi necessità attue a mascherare la mancanza di fondi possono risultare delle idee vincenti. Perché sì, è chiaro che a schei stavano messi piuttosto malino, ma quello della fessura nell'ascensore (e non facciamo battute freudiane...) è forse un trucco così semplice ma al contempo geniale per darci tutta la tensione necessaria, facendo vedere solo quello che serve e giocando proprio su quello.

Perché sì, Misischia non aveva dalla propria fondi eccelsi. Nonostante la presenza di due attori come Alessandro Roja (uno che a scuola sarà stato preso in giro pure dal bidello per il nome) e la mia futura ex moglie Carolina Crescentini, il film è permeato da una manodopera sicuramente a basso prezzo che fa anche poco per nascondere questa mancanza di mezzi, palesi anche nelle scene più semplici. Ma ci mette anima e core, anche se pure il trucco degli zombi in certi momenti lascia vagamente a desiderare, ma si vede il giusto e la cosa non è mai troppo palese.

Tutto passa da quella fessura...

Lontano dai colleghi elegantemente vestiti, dalle pareti bianchi di un edificio che da solo vale più del film stesso, Misischia misischia le carte in tavola e per terra, riducendo il boss dell'intera situazione come l'ultimo degli stronzi in un mondo al collasso dove ogni struttura sociale è destinata a venir meno. Alla fine il signor Verona diverrà solo Claudio, uno tra i tanti in quell'edificio che vuole unicamente sopravvivere, una delle gocce del mare. Non dice nulla di nuovo, ma lo mostra bene, con tutti i limiti del caso. Un lento e graduale cadere nell'apocalisse, dall'angolo quasi sicuro del suo piccolo spazio incidentato.

Alla lunga però rischia di far scricchiolare tutto, perché pare quasi incredibile che tutto debba quasi passare per di lì, davanti a quell'ascensore, anche personaggi che lavoravano ad altri piani - la sua ex amante non scendeva prima? - e che tutto avvenga con una cronologia assassina - se telefoni alle persone poco prima che muoiano allora un po' di sfiga la porti pure tu, eh...

E anche il protagonista diventa un po' troppo buono. Ecco, se a tutto quello che viene prima posso perdonare, credo che il demerito più grande di questo film sia di non premere mai troppo sulla cattiveria, lasciare solo all'inizio l'arrogante supponenza di Verona e farla venire meno anche con l'unico personaggio con cui avrà lo scambio più lungo, col quale sarebbe stato interessante un dualismo permeato proprio da questo, da chi è davvero rimasto umano (mmmh... deja vu?) e chi non lo è mai stato.

Piccoli difetti per un film divertente e divertito. anche forte di quel tipico umorismo romano che a differenza dei toscani non ha devastato questo paese. Misischia piazza un buon esordio e sono curioso di vederlo al giro di boa, questa molta con una padronanza aumentata e con dei mezzi degni di questo nome, che se lo merita davvero.







Commenti

  1. Dalla premessa mi ero già spaventata, non sia mai che produciamo qualcosa di davvero buono! 🤣
    Fa un po' arrabbiare che la causa sia l'assenza di budget anche se poi con il buonismo da finale un po' di bacchettate se le è meritate a quanto pare! 🙊

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    1. Ultimamente qui in Italia sono stati realizzati dei filmoni, altroché!
      I difetti sono quelli della produzione americana media. Tutto il resto funziona ed è funzionale.

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