BLACK DEATH, di Christopher Smith
Inghilterra, XIV secolo. L'Europa è martoriata dalla peste nera (da qui il titolo), da molti vista come una punizione di Dio. Il mercenario Ulric, per conto del Vescovo, si reca a un monastero per chiedere una guida che lo possa condurre in un remoto villaggio paludoso intoccato dalla peste. Si offre il novizio Osmund, che però forse ha un interesse personale nella vicenda...
Resta però il fatto che Black death non è un film trash per nulla.
Subodoravo la cosa perché avevo letto diverse recensioni entusiastiche di persone di cui mi fidavo, ma la sensazione lasciata dal battage pubblicitario e di qualche casuale spettatore disattento danno proprio quest'impressione - uno dei marketing più disastrosi di sempre. Ma no, non è trash, al massimo è pulp, qualcosa che ha portato all'evoluzione del trash in caso ma che non ha nulla delle caratteristiche del primo esempio. E per fare del buon trash ci vuole comunque del talento, non credete.
Si tratta di un film grezzo, sporco, girato con poco ma che ha qualcosa da dire, pur non puntando per nulla sull'originalità. Anzi, è monolitico quasi quanto alcuni dei personaggi che porta sullo schermo, abbracciando quella patina horror solo di superficie che fa parte del grimdark e che non ha paura di infastidire qualche sensibile, con personaggi molto borderline e dove bene e male sono solo due concetti astratti.
Basterebbe solo la scena del primo incontro con l'esecuzione della strega o la breve presentazione dei mercenari per far capire di che pasta è il film, che però non si limita solo a quello, senza strafare ma facendo bene tutto quello che serve.
Si sente che i mezzi sono quello che sono e diversi passi sono fatti alla bisogna, inficiando in special modo sulle scene di battaglia, ma il regista Christopher Smith ha il pieno controllo sul resto, realizzando un film di stampo postmoderno che punta più sulle sensazioni che sulla dinamicità. Davvero, ogni fotogramma sembra lercio, come se avessero passato con una pennellata di merda tutto il set prima di iniziare le riprese, e lo stesso dicasi per i personaggi.
Ma è proprio verso la fine che il film mostra tutte le sue cartucce e a dare il segno di quello che voleva essere la sua critica, già fatta ampiamente intuire nel suo percorso, ovvero quella verso il fanatismo religioso. Qualunque fanatismo, non solo quello cristiano.
E così, dopo la prima parte girovaga, la seconda è stazionaria nel paesino, mostrando diverse analogie con The wicker man (quello originale) ma andando poi a parare in tutt'altra direzione. Ed è qui che la sceneggiatura di Dario Poloni mostra un colpo di scena semplice ma efficacissimo, per darci un finale nerissimo che va al di là del mero splatter, arrivando all'apice del proprio senso e di quello che ha mostrato con le immagini fino a quel momento.
No, non un film trash, ma come già detto, un film pulp. Una narrazione di carattere popolare che cerca il sensazionalismo e l'eccesso in ogni maniera, proprio come succede qui - che si sa, il medioevo era cosa ben diversa, non quel cesso - riuscendo a volte, proprio come in questo caso, a far passare dei messaggi ben superiori a quello che può essere il materiale di partenza.
E c'è gente che ha sbragato con molto meno.
Da recuperare sicuramente se vi piace quel tipo di cinema che non guarda troppo alla forma e che ama spingersi su terreni fangosi, lidi che il pessimo battage pubblicitario che ha avuto non facevano minimamente sperare e forse è per questo che si fa ricordare così bene. Ma andrebbero recuperati pure i film fatti prima da Smith per capire di che pasta è fatto l'uomo.
Tra l'altro... che fine ha fatto?
Sappiamo quella fatta da Eddie Redmayne, trasformato in una macchietta tutta denti e smorfiette irritanti da successo e sovraesposizione da film scadenti (sì, La teoria del tutto, sto parlando di te!), ma qui dimostra una poliedricità che non avrei mai immaginato, specie visto il (bastardissimo) twist finale, che ve lo farà guardare con occhi diversi.
Ovviamente noi italiani dobbiamo farci riconoscere ovunque e, dopo il ritardo e il battage ignobile, abbiamo pensato di attaccarsi pure il sottotitolo "... un viaggio all'inferno". Perché no, non bastava la ridicolaggine e la ridondanza, pure i tre punti.
Ma così nuovo non è, visto una vita fa, e infatti non ricordo granché, però certamente non è pessimo ;)
RispondiEliminaPer me invece, per quanto "già visto", solido e compatto. E il twist finale è bellissimo.
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