NIGHT IN PARADISE, di Park Hoon-jung

Il giovane gangster Tae-goo ha una brillante carriera nel proprio clan mafioso, anche se promette alla sorella malata di abbandonare quella vita. Sarà proprio quest'ultima, insieme alla nipotina, ad abbandinare definitivamente l'esistenza, rimanendo coinvolta in un attentato rivolto a lui. Il giovane cercherà vendetta a modo suo, cosa che lo costringe a nascondersi in un'isola prima di essere estradato in Russia, ma... 

Tocca a tutti i film usciti nel nefasto 2020, ovvero approdare non sul grande schermo di una sala cinematografica, ma su quello casalingo grazie alle piattaforme in streaming. Un processo che spaventa e che la pandemia non ha imposto, quanto accelerato. Tocca anche ai film selezionati alla Mostra del Cinema di Venezia, come questo, che ha gareggiato e che si faceva attendere da tutti gli appassionati di coreanate assortite.

Ancora una volta Netflix, per un titolo che è decisamente lontano dai gusti del grande pubblico. E io non voglio essere monotono sull'argomento, ma...

Poi vabbeh, il film non è nulla di che, ma questo è un altro discorso.

Perché sì, tocca ammetterlo candidamente, Night in paradise è un film estremamente lungo, confuso e con un ritmo ondivago fino all'assurda fine, che vuole essere poetico a tutti i costi quando gli sarebbe bastato volare molto più basso. Perché questa voglia di rendere tutto sempre più contorto e non enfatizzare i momenti che invece già ci sono, alla lunga stanca e mette diversi punti morti dei quali si sarebbe volentieri fatto a meno.

Poco importa che la stampa di settore lo abbia venduto come un noir brutale e violento, perché alla fine quelle solo frasi di lancio restano. Non è né più né meno brutale del solito thriller made in Korea uscito negli ultimi anni e che gli appassionati sono corsi a vedere, non mostra una violenza su schermo peggiore di quanto molti altri non abbiano provato a replicare e questa dell'essere un thriller coreano sembra essere l'unica carta in grado di giocarsi. Perché la stessa storia, in un altro continente, non avrebbe attirato nessuna attenzione, diciamolo fuori dai denti.

La pellicola poi porta la firma come autore completo di Park Hoon-jun, che aveva messo nero su bianco quella grande cicciofigata che era I saw the devil, forse uno dei film più significativi del decennio passato. Fa strano quindi vedere questo amalgamarsi maldestri di stili da parte di chi, almeno per quanto riguarda la scrittura, era riuscito a creare una simile meraviglia. Ma qui è anche la trama che latita e pure parecchio, tanto da farti chiedere se un altro regista avrebbe saputo valorizzare al meglio quello messo sulla carta.

Che non è nulla di innovativo, diciamoci. Ma pure Bittersweet life partiva dall'escamotage narrativo più abusato del secolo, ma riusciva a crearsi dei momenti che prendevano il sopravvento su tutto fino al finale, dandoti un film che diceva tutte cose già dette, ma le diceva benissimo. Qui non si va molto distanti, anzi, non ci sono sottotesti particolari o altro, è "solo una storia", ma sinceramente ci si poteva aspettare di più da ogni parte messa in campo, che dopo pochi metri di corsa arriva già col fiatone.

Esteticamente è il top, ma è un film coreano e quello si dà un po' per scontato a una certa. Il loro cinema continua a viaggiare ad anni luci siderali da quello di chiunque altro, se amate un certo estetismo. Però davvero, manca quasi di tutto il resto. Togli il trucco e la magia svanisce. Una perfezione forale assolutamente vuota e fredda per una storia che avrebbe forse potuto ideare chiunque e che colpisce solo quando la violenza esplode, arrivando a sfociare nel cliché più tipico di un certo cinema.

Avrei preferito una trama magari più lineare e scontata, ma compatta, senza lungaggini che portano la durata a dimensioni quasi esagerate per quello che si vuole mostrare. Avrei preferito degli interpreti meno belli a dei personaggi a cui magari sarei riuscito ad affezionarmi, ecco. Qui c'è un'operazione di totale ed esagerata raffinatezza che però mi fa perdere qualunque tipo di empatia con la vicenda narrata, tanto da risultare efficace proprio quando si standardizza su binari già rodati - il montaggio alternato di inizio film, ad esempio. Tutto il resto appare involontariamente ridicolo.

Per quanto ben diretto e fotografato alla grande. Ma ridicolo a oltranza, tanto che nemmeno i personaggi sembrano credere in quello che fanno e la cosa influisce negativamente su tutto lo svolgimento, da risultare, viste ambizioni e durata, come un rinoceronte zoppo. 

Potrebbe essere un ottimo ingresso allo stile di un certo cinema dell'Oriente e che la piattaforma ha reso disponibile a tutti. Ma il cinema coreano si è fatto valere per ben altro.







Commenti

  1. Allora in questo caso non avere Netflix è trascurabile.

    Mi permetto di consigliarti "The gangster, the cop, the Devil", film coreano di
    Won-Tae Lee.
    Salutoni!

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    1. Non so quanto durerà la "pacchia", ma negli ultimi tempi hanno azzeccato diversi titoli. Poi questo in genere è piaciucchiato... almeno, molto più che a me 😅

      Quello l'ho visto! Carino

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  2. Visto a Venezia, onestamente apprezzato moltissimo, e non mi ritrovo praticamente in nessuna parola della tua recensione :) non vado troppo in dettaglio, visto che ho avuto il piacere di parlarne per Il Buio in Sala direttamente dal Lido (non sapevo se farmi "pubblicità" sul tuo sito sarebbe stato scortese, nel caso mi scuso. Però non ci guadagno nulla, al massimo una chiacchierata su un film poco discusso). Finito lo spottone, sarebbe interessante capire se la fruizione tramite Netflix o senza influenzi il nostro giudizio... certo, se hai una grande capacità di concentrazione il film è sempre quello, non cambia. Ma poterlo stoppare ad ogni minuto, guardarselo in casa magari doppiato sicuramente differisce da guardarselo in anteprima, in originale con i sottotitoli, in mezzo ad altra gente su uno schermo gigante. Non che un modo sia necessariamente migliore dell'altro (non per tutto almeno), ma ho notato la stessa cosa quando vidi The King di David Michod, sempre a Venezia: io entusiasta, tanti che lo videro su Netflix molto ma molto meno.

    Due parole sul film consigliato da Lory, che saluto visto che ci siamo già incrociati in qualche commento: quello sì che è tutto fumo e niente arrosto. Fatto con tutti i crismi per carità, ma rimane il peggior film coreano che abbia visto (dopo The Flu, quello invece sì che è un vero insulto). Affossato soprattutto da una pseudo moraletta talmente sbagliata e reazionaria che non ci si crede, e con interpreti pure abbastanza scarsi (Gangster a parte, lui è stato bravissimo). Insomma, non lo riguarderei...

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    1. Buongiorno! Figurati, spottone apprezzato, perché ciò che viene dal nostro collega è sempre di ottima qualità :)
      Il tuo commento forse è la prova che, al di là di oggettività tecniche (quelle eccelse, e infatti tutti sono stati d'accordo sulla cosa, leggendo in giro) alla fine l'arte rimarrà sempre soggettiva alla nostra sensibilità. Purtroppo, pur avendo apprezzato quanto fatto in passato dall'autore (anche se perlopiù come sceneggiatore) il film proprio non è riuscito a coinvolgermi e il finale ancora a ripensarci oggi mi appare poco convincente :/
      Il film di Michod lo apprezzai pure io, anche se lo vidi solo su Netflix. Non ne ho ancora scritto perché lo visionai molto prima di riprendere col blog e dovrei darci un'altra visione - poi si sa che io ho problemi con molti film in cui compare Chamalet... ^^'

      Sul film consigliato da Lory devo spendere due parole per far capire la differenza. Non è brutto, è un film senza infamia e senza lode, anche piacevole da guardare, ma sul quale avrei davvero ben poco da dire. Su questo invece ho speso molte più parole, segno che comunque, per quanto non mi abbia convinto, possiede tutto un altro spessore.

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    2. Buon pomeriggio a te! Immaginavo non avrebbe dato troppo fastidio, non è la prima volta che noto qualche commento tuo sul Buio ;) poi diversamente da Caden non sono un blogger (saltuariamente scrivo qualche pezzo che lui ha la bontà di ospitare nel suo spazio), quindi ora sono solo un commentatore qualsiasi che consiglia un bel blog haha. Tra l'altro, quello che mi ha portato alla recensione (non seguo spesso questo spazio anche se lo conosco da parecchio).
      A tal proposito, certamente, l'arte non può sempre piacere allo stesso modo. Forse nel mio caso ha aiutato non sapere assolutamente chi fosse il regista di Night in Paradise, solo dopo ho saputo del suo curriculum di tutto rispetto, dove spunta il già citato ma da me non ancora visto "I saw the devil". In un certo modo questo film ha soddisfatto ogni aspettativa (anche il finale tragico, e non credo di spoilerare nulla visto che ogni noir di rispetto ce l'ha), pur riconoscendo qualche difetto, tipo una scena di pestaggio sul finale con un trucco meraviglioso, ma decisamente troppo lunga.
      Sono contento per The King, Michod è un regista davvero promettente che qui secondo me firma il suo miglior lavoro (non ho ancora visto War Machine però), ma devo ammettere di essere parecchio di parte, siccome mischia due cose che adoro come la Storia inglese e l'Enriade di Shakespeare. Pure a me non piace granché Chalamet, ma qui fa la sua figura. Mi fa ben sperare per Dune di Villeneuve, sempre che ce lo lascino vedere...

      Le tue parole su The Cop etc. rappresentano benissimo il pensiero dominante in me durante la maggior parte del film, almeno fino al terzo atto. Ma poi c'è quel finale che mamma mia... mi ha urtato non poco il senso etico, sembra preso di peso da un qualsiasi trashone con Steven Seagal nel suo essere così smaccatamente reazionario. E intendiamoci, non sono uno che va in giro a urlare "reazionario!" a qualsiasi cosa, leggo autori come Ian Fleming e lo difenderei a spada tratta. Questo filmetto no, mi è decisamente cascato nel posto sbagliato ;)

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    3. Mah, ti dirò, ho trovato il finale innocuo come tutto il film. Mi ha irritato maggiormente il tono da cazzaro del poliziotto, quello sì che è di serie B...

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