MERANTAU, di Gareth Evans

Il giovane Yuda, come da tradizione, abbandona il proprio villaggio per intraprendere il merantau, un pellegrinaggio per la ricerca di sé. Arriverà così nella città di Jakarta, desideroso di insegnare il silat, scontrandosi però con una realtà molto più difficile. Ma sarà l'incontro con la prostituta Astri a cambiare tutto, e dovrà aiutarla a...

C'era un ragazzo, che come me, amava i cinemi e le botte da orbi. E dopo essersi laureato in scrittura cinematografica realizzò Footstep, mediocre thriller d'azione che non ha lasciato molto seguito di sé ed ha pure rischiato di fermargli la carriera. Figurarsi, io le scemenze le ho sempre fatte gratis...

A differenza di Saulnier però costui non ha avuto nessun amico che gli ha scritto il film della rinascita. Si è dovuto "accontentare" che gli commissionassero un documentario sul pencack silat, arte marziale malaysiana. Per l'occorrenza il ragazzone si trasferì in Indonesia e se ne innamorò a tal punto da stabilirsi lì in pianta stabile, sposando pure una ragazza del loco. Proprio lì in Malesia girò questo Merantau, il suo secondo lungometraggio.

Quel ragazzo era Gareth Evans, quello su cui tutti i cinefili si spippettano quando vogliono cercare una scusa per guardare un film di menare.

Sicuramente egli ha consegnato il suo nome allo Janna del cinema d'azione per il suo (momentaneo) dittico di The raid, una coppia di pellicole che hanno cambiato il modo di intendere il cinema action tutto. Per dire, se sul finire degli anni Novanta c'è stato Matrix con la sua commistione di estetica da videoclip, le concessioni all'animazione nipponica e la deriva new-age che ne permea la mitologia, possiamo dire che la seconda decade degli Anni Zero ha visto questo regista stravolgere il concetto stesso di action con i suoi omonimi degli antizanzare, rivoluzionando non solamente l'estetica, anche se in misura nettamente minore, quanto la proporzione dell'azione stessa e la sua gestazione negli spazi e nel montaggio.

Insieme a lui, solo George Miller con Mad Max: fury road ha saputo spingere oltre le pacche su celluloide, per quanto il vegliardo abbia più focus sullo script.

Per quanto già qui il buon Evans abbia dimostrato di che pasta è fatto, rimane innegabile che Merentau sia un film estremamente scollegato. 

Certo, il cinema è un'arte che ragiona per immagini e, specie quello d'azione, nonostante il ripudio dei cVitici con la eVVe, presenta la settimina nella sua forma più pura, ma senza un controllo ferreo dei propri elementi è facile farla fuori dal vaso con poco. Evans ha infatti più volte dimostrato una certa goffaggine nella gestione dei momenti esterni all'azione, che appaiono spesso inseriti a forza, a tratti fuori contesto e, soprattutto, avvolti da una bulimia che è però spoglia da ogni concetto in grado di elevare il racconto all'infuori della forma estetica.

Insomma, a che pro quell'introduzione infinita, con dialoghi e situazioni poco interessanti quando non proprio ridicole, tipo la (fin troppo lunga) lotta col padre?

Fosse solo per l'inizio, l'alunno verrebbe rimandato a settembre tanto la narrazione incespica sui suoi stessi passi, senza risultare un minimo interessante.

Poi però, dopo una interminabile quarantina di minuti, finalmente iniziano le mazzate.

E il film cambia letteralmente.

Si tratta di uno stacco così evidente da lasciare a dir poco allibiti. Sembra che due persone diverse si siano date il cambio dietro la macchina da presa: la fotografia diventa più ragionata, la gente smette di parlare e inizia a far dialogare le mani (grazie a Odino!) e le riprese hanno un che di febbrile in grado di trasmettere tutta la violenza del combattimento, in netto contrasto con la placida apatia dello snervante primo atto.

In ogni film di Evans c'è una scena che ti fa chiedere come abbiano fatto a non esserci feriti sul set. Se nel primo The raid avevamo un povero gonzo che veniva lanciato da una balaustra per spaccarsi la schiena su un parapetto e nel secondo  capitolo della Rama-saga arti spezzettati nella battaglia in prigione, qui abbiamo l'infilzamento di uno sgherro mentre fa un salto carpiato da un palazzo all'altro. 

Curioso poi vedere come si iniziano a notare le facce che saranno i futuri feticci del regista. 

Da quel Yayan "Mad Dog" Ruhian (che mostrerà il grugno pure in uno dei capitoli di John Wick) a Iko Uwais, fattorino per Amazon e campione regionale di silat in Giacarta, che venendo scoperto da Evans ha fondato le basi per la sua carriera di attore e artista marziale proprio con questo film - scusate se è poco.

E sì, la recitazione magari in più punti lascerà a desiderare, ma se sai menare in quella maniera... beh, recitare serve a poco. Quando serve, il pathos lo possono dare anche gli arti fratturati e il suono delle costole che si spezzano, e qui ne abbiamo a iosa. Fottutamente a iosa, per quanto non mi spieghi come mai vogliano continuamente freddare il protagonista all'arma bianca senza mai sparargli una comoda pallottola in fronte.

Ma anche questa è una delle magie del cinema.

Merantau è così un film che parte zoppicando ma che poi non ti molla più, lasciandoti in un tripudio di gente a terra da far impallidire il peggior frequentatore del più turpe bar di Caracas. Forse poco su cui imbastire un film, ma non se lo fai così bene, e già con questo primo secondo lungometraggio Evans dimostra di avere le idee chiare su quello che vuole realizzare.

Imperfetto quanto volete e con un inizio che assassinerebbe anche la più resistente delle palpebre, ma una volta finito è come il panino del McDonald: non sei sazio e ne vuoi ancora di più. 






Commenti

  1. Visto "The raid", lo adoro! Chiaramente parlo del primo, il secondo non l'ho apprezzato allo stesso modo proprio per aver voluto inserire troppo, personaggi, situazioni raccontate un po' di fretta. Si colpisce, se mena alla grande, ma tutto troppo....
    Il palazzo fatiscente del primo The raid.... altra storia, poi per me che non amo proprio questi film d'azione dove le botte sono il fulcro, questo invece per me è un filmone che non mi stanco mai di riguardare.
    Questo lo eguaglia?

    Sei già tornato in sala?
    Buona settimana 👋

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, io ho amato il seguito, anche se i limiti di Evans come sceneggiatore sono sempre più palesi. Ma ha delle sequenze da pelle d'oca!
      Questo è un preparativo a The raid, più una "presa di coscienza".

      Purtroppo non ancora :( e dire che sto aspettando "Un altro giro"...

      Elimina
  2. Ahahah, vero 😂 comunque, se nel seguito c'era la balaustra, qui abbiamo il palo...

    RispondiElimina

Posta un commento

Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

Post più popolari