PROTEGGI L'ASSASSINO - SHIELD OF STRAW, di Takashi Miike

Dopo l'uccisione della nipotina, il ricco e anziano politico Ninagawa mette sulla testa dell'assassino una taglia di un miliardo di Yen. Cercando di tutelarsi, l'assassino si costituisce alle autorità, le quali organizzeranno una quadra speciale per scortarlo a Tokyo, dove sarà processato. Ma tutti quei soldi fanno gola a molti...

Ho poche certezze nella vita, ma una di queste è che se mai potrò ritornare a organizzare feste, tra gli invitati vorrò sicuramente Takashi Miike. Perché, diciamolo, se chiami lui il divertimento è quasi assicurato. E uno che con le sue idee fa fare dietrofront a Marylin Manson perché "troppo estremo" - successe per davvero - avrà sempre il mio rispetto.

Qui poi ci delizia con tentati omicidi multipli e vendette su pedofili. 

Come disse Pamela Prati: bellissimo!

Takky è uno fatto un po' alla sua maniera, ma il tempo passa per tutti. Solo che lui non lo conta in anni, ma in base ai film realizzati - con questo, anno del dragone 2013, era all'ottantaseiesimo. E diciamo anche quasi quasi nove decine di lavori che non tutto fili liscio puoi anche aspettartelo. Va anche detto però che lui è uno che non ha mai disdegnato nulla in vita, fossero film d'azione, trip mentali, thriller, horror, porno, commediacce e persino film per bambini.

A una certa, credo che le sceneggiature non le legga nemmeno.

Non so nemmeno se lesse il libro di tal Kazuhiro Kiuchi da cui questo film è tratto, resta però che Wara no tate rimane un film assurdo, non solo per l'idea di base, ma anche per la doppia anima che lo riveste. Non solo perché contiene due sfaccettature, ma perché la prima metà e la seconda sembrano fatte davvero da due persone diverse, come se Miike avesse copiaincollato due film diversi che per culo raccontano la stessa storia. Anche quetso, forse, dice molto sullo stile del regista nipponico.

Uno stile che è sempre mutato in base a quello che voleva raccontare - e alle tecniche che aveva a disposizione - ma che qui assiste a una strana crasi, sia per quello che è il tipico cinema giapponese che quello solitamente fatto da lui,

Non serve un genio per capire come mai non abbia avuto difficoltà a realizzarlo. Il Giappone è ancora oggi un paese ancora legato agli obblighi e al dovere - il seppuku non è del tutto scomparso con la globalizzazione... - e qui ci pone davanti a quello che è il dilemma morale per eccellenza, mettere fine alla vita di una persona per soldi. Non una persona qualsiasi, ma un pedofilo, forse colui che si è macchiato della colpa peggiore di tutte.

Cosa si può fare per soldi? Un omicidio è giustificato se viene perpetrato su una persona simile? Sono tutte domande che vengono fuori mano a mano che si snocciolano i minuti di visione, ma è proprio come questi vengono gestiti ad avere un diverso impatto sul finale.

Miike abbandona in parte tutte le esagerazioni che lo hanno reso famoso per uno stile asciutto, che strizza l'occhio al cinema americano sia come gestione dei tempi che come struttura organizzativa. Il risultato nella prima metà, eccezion fatta per un paio di guizzi, spiace dirlo ma è abbastanza anonimo, con una gestione generale di grande mestiere ma che non sembra beneficiare di questa soluzione, anzi, sapendo il nome dietro la macchina da presa se ne vorrebbe a gran voce ma, inutile a dirsi, non giungerà. Arriveranno in compenso delle trovate quasi dementi che a tratti mi hanno reso la visione abbastanza ostica in almeno un paio di punti e, brutto da dire, ma in quegli sprazzi c'è quasi tutto quello che non mi garba di un certo cinema giapponese mainstream - da loro, almeno.

Poi però arriva la seconda metà...

Il film si trasforma da un poliziottesco sotto steroidi in un road movie ancora più asciutto, dove quell'asciuttezza diventa rigore e non pressapochismo quasi videoclipparo, riuscendo a mettere il grosso del lavoro sulle spalle degli attori, a questo giro davvero bravi e convincenti. Ci sono un paio di momenti molto tesi, liofilizzati da ogni eccessività che rimangono sicuramente le parti migliori di un film che, nonostante la scarsa ambizione, ha al suo interno domande e interrogativi di un certo peso. Peccato che non riesca a lanciarli troppo oltre.

Forse aspettarsi la rivelazione all'ottantaseiesimo film - e poi, dopo 13 assassini, che cosa くそ puoi sperare di fare di meglio - è eccessivo, ma qualcosina in più forse era dovuto...








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