LA CASA DEI 1000 CORPI, di Rob Zombie

Vigilia di Halloween in Texas, 1977. Due amici, insieme alle rispettive fidanzate, sono in viaggio alla ricerca di storie bislacche su cui poter scrivere un libro. Durante il tragitto faranno la conoscenza del Capitano Spaulding e del suo museo degli orrori, che li informerà circa la storie del dottor Satan, uno scienziato pazzo col pallino della chirurgia estrema...

Rob Zombie è un tizio particolare. Nato da una famiglia di circensi, ha poi fondato il gruppo industrial metal White Zombie, per poi continuare da solista col proprio nome d'arte. Ha pubblicato quattro album con la prima band, per proseguire con altri sette per conto proprio, sfornando hit come Living dead girl e Dragula. Vanta pure una comparsata nel primo Matrix.

Ecco, diciamo che si capisce bene cosa piace a questo tizio.

Mentirei se dicessi che musicalmente abbia mai avuto una qualche rilevanza. Anzi, prima di scrivere questo articolo credevo che la sua carriera musicale fosse ferma, invece scopro che è proseguita ininterrottamente nonostante i suoi impegni cinematografici. Perché sì, il nostro aveva il pallino di fare il regista e ha realizzato questo suo sogno nel 2003. E continua tuttora, quindi non è stato il capriccio della rockstar viziata di turno.

Ah, fa horror, casomai non si fosse capito.

Io credo che non sia da tutti improvvisarsi ex novo in qualcosa quando prima ci si occupava di tutt'altro e, soprattutto nel cinema dove le cosa da controllare sono mille, la faccenda si complichi ulteriormente. Anche se sei un cazzaro dichiarato e quello che vuoi è solo divertirti il più possibile con quello che ti piace.

Zombie non è Tom Ford, questo credo che lo abbiamo capito tutti. Però non è nemmeno uno sprovveduto, non per nulla ormai è diventato una realtà vera e propria nella settima arte col suo stile, una sua idea personale di cinema e una sicurezza nel gestire il mezzo notevole. Non mi fa impazzire - qui, come disse quello che amava mettere il culo nelle ortiche, è una questione di gusti - però è uno di quei tizi a cui concedo sempre una visione perché in qualche modo qualcosa da dure lo tira fuori comunque. Ma per diventare quello che è adesso, ha dovuto iniziare da qualche parte come tutti, e quelle parti furono proprio questa House of 1000 corpses.

Per me il buon Robertino non aveva idea di tutto quello che sarebbe seguito e in certi punti il film lo dimostra. Nulla di troppo raffinato, anzi, sarebbe proprio come mettere per immagini le sue stesse canzoni - che sono molto #ippiippioi, se ci siamo capiti - e infatti abbiamo una sceneggiatura che sta insieme con lo sputo e una messa in scena totalmente derivativa. Credo che il punto più alto della pellicola, prima del finale, siano i primi piani del culo di sua moglie, e se state insieme a Sheri Moon credo ve ne vantereste un po' tutti, ma questo è un altro discorso.

Il film è divertente e divertito, non si prende minimamente sul serio e fa tutto quello che ci si aspetta dall'opera prima di ogni cinefilo. In questo caso, un cinefilo di genere che ha visto tutti i film giusti e qualche appunto la preso, anche se la cosa non basta fino in fondo.

Yra qualche rimando a Carpenter, Romero ma, soprattutto, a Tobe Hooper - d'altronde, ogni casa ha una porta che non va aperta... - il film procede con un inizio assurdo, dove il nostro si diverte a mettere tutto quello che gli piace senza sentire il pericolo di strafare o di curare troppo dialoghi e passaggi narrativi. Si affida a mestieranti capaci (la fotografia in certi frangenti è notevole) ma tutto il resto, tipo il montaggio, lascia parecchio a desiderare. Abbiamo split screen che non  servono a una sega e un sacco di riempitivi (sempre del culo della moglie, per rimanere in discorso seghe) che non aggiungono nulla a quanto già detto. E si prosegue così per almeno un'ora buona, vi avviso. Il tono scanzonato diverte, ma alla lunga ci si chiede perché continuare con una cosa che non porta da nessuna parte.

Arriva tutta la parte finale, e son cazzi amari.

Gli inizi degli Anni Zero videro l'horror sovrabbondare di prodottini estivi per adolescenti, fu la genesi di un certo teen horror che già allor a schifarlo ti faceva sentire figo, e sembra che il nostro rievochi i tempi passati quando ancora non andava di moda farlo. Ma alla sua maniera, all'ottica presente.

Rombie rivendica un cinema artigianale che non ha paura di nulla e che non si concede nessuna censura, anche a costo di apparire ridicolo. E non serve a nulla cercare un senso in tutto questo perché non ce n'è. E' solo un mero sfoggio di violenza, grand guignol e di tutto quello che può fare schifo. Come a dire: noi ci divertiamo così e non ce ne fotte un cazzo di quello che potete pensare. Che è un po' quello che l'horror dell'Annata d'Oro voleva significare negli anni in cui uscìì.

E sono tutte cose che a me piacciono un sacco.

Quindi, guardando il film con severo occhio critico, non c'è moltissimo da dire - a parte il culo della Moon, ovviamente. Ma con l'occhio di un appassionato del genere, se resistete la prima ora e vi diverte un certo horror caciarone, allora resistete e godetevi il delirio finale - e proseguite con la filmografia di questo folgorato, che poi, parentesi Halloween a parte, migliorerà e basta.







Commenti

  1. Condivido, eppure il tuo voto mi sembra un po' bassino, mezzo boccale in più, per Spaulding almeno ;)

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    1. Il mezzo boccale se l'è scolato Robertino, conoscendolo... 😂

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  2. All'epoca ero andata a vederlo al cinema e mi ero divertita tantissimo. E' un frullato di idee vecchie come il mondo e verso il finale sbraga, ma non si può dire che non sia spettacolare. Certo, il seguito è su tutto un altro livello.

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    1. Ma infatti è da prendersi come un divertissement cazzaro. Poi, parentesi Halloween a parte, ha ben dimostrato di che pasta è fatto.

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