VENDICAMI, di Johnnie To

A Macau, una donna francese sopravvive al massacro della famiglia per mano di tre sicari. Il di lei padre, venuto direttamente dalla Francia, non starà con le mani in mano e assolderà a sua volta degli assassini per indagare e fare giustizia alla figlia...

Johnnie To è una specie di istituzione per quanto riguarda certo cinema d'azione orientale, grazie anche al proprio occhio per un certo cinema occidentale cha ha saputo essere un collante tra i due mondi, rimanendo però fedele alle proprie origini e sviluppando una poetica personalissima. Se siu parla di antieroi romantici, si pensa inevitabilmente a lui. E dopo un film come Exiled sei il romantico per eccellenza.

Vendicami all'epoca fu accolto a braccia aperte, perché segnava una specie di ritorno alle origini dopo una serie di titoli che avevano vagamente deluso i fan più accaniti e che si fregiava di immagini di rara bellezza. E sulle seconde, si può comodamente concordare già solo vedendo il trailer, dato che da sole bastano a convincere qualunque cinefilo a dare una chance a un titolo come questo.

Però, anche un omaggio così esplicito alla cinematografia che l'ha formato attira sicuramente un certo tipo di pubblico, e non possiamo negarlo proprio adesso che abbiamo attraversato quella che è senza alcun dubbio l'epoca dei revival.

Già il nome del protagonista dice tutto, quel nome che viene proprio a piene mani da Frank Costello faccia d'angelo (il cui titolo originale fu Le samurai) di Jean-pierre Melville, anche se il titolo italiano deirva per un collegamento fittizio col vero criminale omonimo, anche se nel film originale si chiamava Jeff. E infatti a interpretarlo inizialmente doveva esserci proprio Alain Delon, che dovette rifiutare per impegni pregressi, e così toccò a Johnny Hallyday.

Delon sarà pure Delon, oltre che una canzone die Baustelle, ma il volto incupito e quasi pauroso del cantante (Hallyday infatti è un cantante prestatosi al cinema con numerosi riconoscimenti) ci sta tutto per quello che è un personaggio granitico, ma con molte fragilità. Insomma, il cocktail giusto per far presa su uno come me.

Tutto il film si muove su un doppio binario, quello che è l'omaggio al genere che ha condizionato l'autore cinese più di ogni altro (il noir francese, manco a dirlo) e il ritorno sui canali congeniali che hanno fatto in modo che i titoli cardine della propria produzione avessero il successo che è spettato loro. Un viatico dei ricordi per due tipi di appassionati che si rincorrono a vicenda.

Ecco, pregi e difetti, a sottolineare la natura ibrida del tutto.

Il film è molto bello, su questo non ci piove - la pioggia, poi, altro elemento indispensabile del noir. Ha un ritmo che non si spegne mai e delle ambientazioni suggestive che sanno prendere il meglio dell'atmosfera per rielaborarla senza fare il miracolo, ma creando un pattern coerente e che decisamente fascinoso, sempre a patto che siano cose che su di voi fanno presa. Poi le scene d'azione, altro marchio di fabbrica di To, che non mirano mai allo splatter o alla violenza fine a sé stessa, ma a ricreare una danza epica che metta la leggerezza dei ballerini in quella che è la foga della crudeltà. To è sempre un ibrido in tutto e il suo successo sta nel dare coerenza a tutto questo.

Ma la sua natura ibrida alle volte riesce a creare delle crasi che, come è successo a me in questo caso, anziché ricreare la magia finiscono solo per farti capire che tutto sia un artificio.

E' il pasoliniano casotto che succede con ogni omaggio esplicito quando non lo riempi con altro, ovvero quello di vivere di riflesso o, nel migliore dei casi, con l'estro dell'autore. Qui siamo da ambo le parti - ibrido, come ho detto - e dopo il divertimento cinefilo restano anche diverse altre perplessità, soprattutto su una trama fatta apposta per accontentare i fan di quel noir vecchio stampo che oramai è sempre più raro.

To ci prova con tutto sé stesso a stupire. Crea una sparatoria nella boscaglia e una nella discarica (questa diventata leggendaria e merita davvero tantissimo) che mostrano tutta la sua capacità di gestire interpreti e spazio, e inserisce pure degli escamotage (i bollini) naif ma coerenti con lo spirito dell'opera, eppure è proprio la sua parte romantica che dà e To-glie al contempo.

Sì, parlo del casotto fatto con la questione della memoria. 

Anche quello, un elemento che può dare una ricchezza significativa a una pellicola che altrimenti si regge sui (troppi?) rimandi, ma o sei coreano oppure quello della vendetta è un mondo troppo ampio, e chiederti a che serva quando non lo puoi ricordare è un quesito messo unicamente per fare scena e che aggiunge poco a un film che non sembra voler ricercare tutta questa profondità, se non un romanticismo che pare star a cuore solo all'autore.

Un film per appassionati, sia dell'autore che di un vecchio cinema, e una pellicola che può fare da collante sia per i neofiti di To che per quelli del cinema orientale in generale. Un ponte tra due mondi godibilissimo, anche se all'epoca troppo trainato dell'importanza del nome del suo regista.







Commenti

  1. La sensazione c'è, quella che mi fa dire sì che l'ho visto, ma ricordo ben poco sinceramente, neanche se mi piacque o meno, però mi fido ;)

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    1. Ahahah 😂😂 ma infatti credo che nel lungo periodo ricorderò più le "sensazioni" che la totalità...

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  2. Ho sempre amato Johnnie To, anche se questo è uno dei film che mi piace meno... però la classe non si perde mai. Se non lo hai visto ti consiglio, tra i titoli più recenti, "Life without principle": molto bello.

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  3. Adoro To e questo film quando lo vidi alla sua uscita mi piacque parecchio proprio per la sua anima romantica e la sua vena action ma elegante.

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