FRONTIERS, di Xavier Gens

Dopo la vincita alle elezioni di un partito di estrema destra, Yasmine, il suo ex ragazzo, suo fratello e un paio di altri balordi organizzano un colpo che non finisce benissimo, con l'obiettivo di trasferirsi in Olanda. Nel darsi alla fuga però capiteranno in una specie di hotel sperduto dove...

Saprete tutti che dopo quella spagnola - anche se a dirla così sembra che stiamo parlando dell'influenza - ci fu l'ondata d'horror d'oltralpe e, nei vari titoli che tennero banco in quel periodo, dopo il colpo grosso al granaio rosso che fu Haute tension ci fu senza alcun dubbio questo Frontiere(s), due titoli che oltre all'eco hanno in comune pure due registi che a lungo andare nelle loro carriere si persero terribilmente.

Diciamo però che nel caso del professor Xavier qualcosina c'era da aspettarselo...

Dev'esserci qualcosa nell'aura di Luc Besson, ma diciamo che questa pellicola si porta dietro tante cose bellissime e molte altre che preferirei dimenticare. 

Non stiamo parlando di qualcosa di rivoluzionario, sarebbe come pretendere di vestire alta moda facendo shopping da Oviesse, ma davvero, sapere che i nostro sarebbe andato subito dopo a infognarsi con Hitman - l'assassino fa decadere tutto il buono che c'è in questa pellicola, che sopravvive a sprazzi tecnici pur essendo totalmente derivativo da quello che era il filone in voga in quel periodo.

Stiamo parlando ovviamene del solito slasher ambientato in campagna, ma c'è qualcosa di più. C'è un fattore politico che tutto quel filone non sempre si era trascinato dietro (per quanto ne arrivarono anche alcuni con una certa profondità, la politica non sempre era al centro dell'attenzione) e che viene restituito ovviamente attraverso il filtro deformante dell'exploitation di genere, ma per quanto bene si riesca a fare anche a livello di esagerazione, c'è sempre una merda che si pesta con tutta la suola più avanti che non ti fa godere tutta la mattanza. 

Gens se non altro fa da subito una cosa molto apprezzabile: mette l'estrema destra - e relativi nazisti - come nemico principale, cosa che si dovrebbe sempre fare ma che invece negli ultimi tempi sta venendo vagamente sdoganata, e un film horror dove si sottolinea come il male vero stia da quella parte per me parte già benissimo.

Si azzoppa vagamente da solo perché capisci subito dove vuole andare a parare e, diciamolo, lo fa discretamente maluccio.

Perché non basta mettere subito in chiaro da che parte del parlamento siede il tuo politico, se poi quelli che sai mettere in scena sono solo delle macchiette che anche di ricerca storica hanno davvero poco o nulla. Per assurdo, fa un discorso molto più sfumato e sottile circa il nazismo di ritorno che rischia di ritornare in Europa, mettendo proprio degli scappati di banlieu come protagonisti, quindi delle persone che sentono il peso di tutti i cambiamenti politici sulle loro spalle. Non personaggi lindi e cristallini, ma persone cresciute in un ambiente difficile e con relativi strascichi di quella vita, ma che fanno di tutto per lottare e migliorarla.

Posto quindi che il genere non richieda grandi capacità attoriali e che puoi pure permetterti una serie di attori uno più cane dell'altro (però, dannazione, quanto è bella Karina Testa?) tutto il resto rientra nelle mani dell'atmosfera, che il nostro sceneggiatore e regista non riesce a gestire proprio al top.

Gens è un videoclipparo e la sua natura purtroppo a tratti esce fuori più di una volta. Il film, per assurdo, funziona proprio quando lui e quel suo stile da montaggio forsennato e trucchetti vari assortiti fanno un passo indietro lasciando che sia la semplice immagine a raccontare. E non si tratta di nulla di troppo raffinato, anche perché abbiamo una direzione degli attori davvero insulsa e alcuni comprimari che nell'andare sopra le righe rendono tutto ancora più ridicolo, ma poi le scene macabre parlano e il film funziona. Molto, anche. Non sarà l'esperienza shockante detta da molti ma ha tutto quello che serve per fare il proprio lavoro, disgustare e mettere anche un pizzico di tensione.

Tutto viene rovinato da quei momentini ridicoli e da quegli stacchetti inutili, ma poi offre anche delle sequenze memorabili, come quell'urlo sotto la pioggia, dove immagini e un montaggio FATTO BENE danno veramente quel valore aggiunti che il film vorrebbe raggiungere a tutti i costi.  

Gens ci vuole avvisare che da un certo passato non si può mai fuggire, che i mostri ce li portiamo dentro casa e che le derive estremiste portano solo guai. Solo per questo, gli vorremmo bene, e fa quello che ogni horror dovrebbe fare.

Però il vago sentore pro-vita di una scena mi ha dato un fastidio bestia...







Commenti

  1. Qualcosa mi era piaciuto (l'ambientazione iniziale, la recitazione di Karina Testa), qualcos'altro no, l'ho visto in un momento in cui ne avevo le palle piene del pessimismo sguaiato della new age horror francese e avevo trovato Frontiers poco più di un emulo di Non aprite quella porta. Come horror sociale che equipara sinistramente la polizia ai nazi/fascisti era molto meglio Diaz.

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    1. Diaz aveva un contesto e un fine ben precisi, somigliava a un horror perché ha raccontato un orrore vero fatto da persone vere.
      I nazisti qui sono delle macchiette ridicole. Qui diverte per lo splatter e poco altro.

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  2. Ecco, ricordo con "piacere" questo film, all'epoca piaciuto abbastanza, però sì, non è proprio un gran film..

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