STORIA DI UN FANTASMA, di David Lowery

Una giovane coppia di trasferisce in una nuova casa. Un giorno, lui muore in un incidente, e rinasce sotto forma di fantasma, mentre lei...

David Lowery è un regista che credo ci darà grosse soddisfazioni. Non tante in termini produttivi - anche qui, apriamo una piccola parentesi - quanto per il modo in cui le sue opere riescono ad essere divisive. Il che si riaffaccia alla sua produzione, dato che dopo il classico esordio indie da Sundance, ha proseguito a lavorare per la Disney col remake di Ellioth il drago invisibile per poi arrivare a questo, una definizione del suo cinema personale che alterna al titolo per pagarsi l'affitto.

Insomma, diciamolo chiaramente, stiamo ancora qui a chiederci se il tizio sia uno di talento o un hipster che ha sacrificato qualche toro a un Dio molto affidabile, e sul tema mi aspetto rissoni da fuoco.

D'altronde uno che si rapa a zero e si presenta con quei baffi improponibili e quei jeans risvoltinati, qualche dubbio lo farebbe venire a tutti, così come il modo in cui si annunciò alla settima arte con questo film. Minimale, assoluto, con la fotografia da fighetto (de 'sto stronzo - cit.) e una macchina da presa che volteggia calma e tranquilla, riprendendo ogni frame come se fosse una diapositiva.

Insomma, c'è così tanto fighettume in un film solo che quando lo vidi mi si trasformarono le ciabatte in due Birkenstock e la birra che mi stavo scolando tramutò in un caffè di Starbuck's.

Per non farci mancare nulla, abbiamo pure una riprese per quattro-dico-quattro minuto di Rooney Mara intenta a mangiare una torta piangendo. Che se siete sensibili vedrete tutto il dolore della perdita nascosto in quella che dovrebbe essere un'azione quotidiana che dovrebbe dare piacere (e vita, i morti mangiano solo nei film di Romero) ma se siete dei cinici come la ghisa quali il sottoscritto concluderete che avete impiegato quattro minuti a guardare una che mangia una torta.

Vegana, forse, visto il film.

Anche se Rooney Mara è sempre un bellissimo vedere qualunque cosa faccia, sottolineo. 

Nonostante la durata estremamente ridotta, A ghost story non fa nulla per incattivirsi il pubblico. E' una pellicola che si prende tutti i suoi tempi per parlarci... del tempo. E lo fa con strumenti che da una parte devono per forza di cose permettere di risparmiare il più possibile vista la natura hipster estremamente sperimentale dell'opera, dall'altro con un livello di sottrazione che si ripercuote non solo sugli effetti, ma anche sui dialoghi - e la risoluzione finale, anche.

Non riesco a valutare oggettivamente un film come questo, perché in mezzo a tante cose che detesto, ne mette altrettante che adoro, posizionandosi in una zona neutra che sta tra la furbata pazzesca e la profonda riflessione sul tempo e il dolore lasciato dai ricordi. Tutto il film è permeato di questa tematica e svolta in una natura metafisica che permette di abbandonare personaggi e intenti, esplorando concetti molto più estesi dello stesso - vedasi il dialogo a tasso alcolico della festa - fino a sfociare in una deriva sempre molto ordinata e fighettina, ma che va oltre a quanto presentato all'inizio. 

Anche la tanto contestata idea da "fantasma formaggino" non è immune da questo dualismo, perché una volta morti, cosa siamo se non corpi avvolti in un sudario? Cosa resta di noi, se non il dolore e il ricordo nelle persone che ci hanno voluto bene? Ma soprattutto... a noi che c@##o dovrebbe fregarcene di chi resta qua, se ci siamo spogliati di tutti gli orpelli in eccesso?

Se cercate risposte... beh, qui si lavora così di sottrazione che non ce ne saranno. In quel dannato foglietto finale non troverete nulla, non c'era scritto nulla neppure nella sceneggiatura e Affleck bro si è trovato a leggere un foglio bianco sul set. A Lowery, in perfetto stile cinema indie fighettino, va benissimo così e in questa maniera ha fatto, creando la grande divisione di cui sopra tra chi lo osanna e chi lo definisce uno più furbo che bello - non elegante, quello è impossibile.

Io come mio solito mi piazzo in quella tolkieniana terra di mezzo che spesso esula da tutti gli estremismi e permette di vedere le cose con chiarezza.

Di certo è un film rivolto a un certo pubblico con un'altrettanta specifica sensibilità, perché il rischio di sopravvalutare o svilire ingiustamente un lavoro che prova a esprimersi senza compromessi - ma che riesce a farsi capire - è dietro l'angolo. Da queste parti siamo molto pane e salame ma anche disposti ad accettare qualunque cosa ci permetta di uscire dai canoni soliti e che ci faccia ragionare sul perché un film ci sia piaciuto o meno, perché guardare qualcosa che non piace non è per forza tempo perso.

Di certo si tratta di una pellicola che lascia suggestioni. A ognuno personali e personalissime, su ciò che abbiamo affrontato e che potremo attraversare in futuro, ma in tutto quel limbo c'è una vena leggiadra che lo rende un lungometraggio curioso ma con quella ventata che male non fa mai, soprattutto in tempi così cupi.

Il merito più grande comunque rimane quello di aver coperto Casey Affleck con un lenzuolo per quasi tutto il tempo. Scusate, non so perché, ma vederlo mi urta sempre.

Anche per questo... grazie Daniel!






Commenti

  1. Ciao .
    Dopo aver dubitato per un istante che il film fosse in realtà una commedia davanti alla visione del lenzuolo come fantasma e di aver preso na ciofeca incredibile, superata sta cosa l’ho invece amato tantissimo.
    Bel film con una colonna sonora da brivido .
    Il fantasma di un ricordo , l’amore in questo caso.
    Visto un bel po’ di tempo fa da rivedere.
    Tanto non scappa , c’è l’ho copiato su dvd

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    1. Film nato per essere divisivo. Io per una volta - una delle tante - sto "piazzato".

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  2. Io forse invecchiando sono diventata molto meno cinica, rispetto a come ero prima (e lo ero molto). Tutto questo per dire che sto film m'ha fatto piangere come pochi. Piangere di commozione non perché facesse schifo :)

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    1. Ah, parli con un iceberg, in pratica 🤣 a me alla fine è piaciuto, anche se non a quel punto. Il sentore di "furbata" lo percepivo sempre 😅

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  3. Non pensavo mi sarebbe piaciuto, e invece è successo, abbastanza clamoroso.

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  4. Uno dei miei preferiti degli ultimi anni.
    Ripenso a quel bigliettino, al lenzuolo che cade, da quando l'ho visto per la prima e ultima volta.

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