ANGST, di Gerald Kargl

Un tizio decisamente fuori di melone viene rilasciato dal carcere dopo dieci anni, passati dentro per aver cercato di assassinare l'anziana madre. Come se il periodo in gattabuia non gli sia bastato, dopo un tentativo andato a male si introduce in una villa e scatenerà la propria furia sugli abitanti, ovvero una giovane donna, la di lei madre e il fratello con un ritardo cognitivo...

Si è parlato spesso di quelle carriere che dopo il cult della vita hanno dovuto passare tutto il resto della loro prosecuzione sotto il peso di quell'opera, ma ci sono anche casi analoghi di quei registi che dopo un solo film hanno avuto la carriera terminata, anche se questo nel corso del tempo è diventato un oggetto di puro fanatismo.

No Kelly, con te la situazione è un attimino più complicata...

Per Gerald Kargl tutto iniziò con qualche cortometraggio per poi finire con questo Angst (tradotto: Paura), pellicola costata l'equivalente degli odierni quattrocentomila €uro e che ne incassò ancora meno dopo le proiezioni, causando attacchi di panico e isteria durante le proiezioni ai vari festival, venendone addirittura bandita. Da noi, che in qualche modo dobbiamo farci riconoscere sempre, non è nemmeno mai uscito in home video e in Inghilterra è stata vietata per quasi un ventennio. 

Non credo di fare spoiler dicendo che questo bastò per mettere fine alla carriera del regista, che dopo questo esordio non riuscì più a dirigere nulla.

Anche dove uscì non ebbe vita facile, dato che il regista fu costretto a edulcorare alcune scene e a girare ex novo un inizio che desse una sorta di prologo alle vicende, alleggerendone un po'  toni. Leggenda vuole che una delle versioni circolate nel corso degli anni sia stata realizzata senza l'autorizzazione dell'autore. 

Dovette intervenire Gaspar Noé per far luce sulla faccenda, dato che si è sempre dichiarato un super-fan della pellicola, ammettendo di averla vista almeno quaranta volte - un film come Seul contre tous gli deve molto, infatti. Fu lui a curare l'uscita in dvd del film in Francia, mettendosi d'accordo proprio con Kargl.

Resta così il fatto che il film "crebbe" nel corso degli anni, divenendo un titolo di culto, anche se l'autore fu l'unico a non giovare della cosa.

Non si tratta certo di un film di semplice visione...

La trama praticamente è semi inesistente e si basa su un fatto di cronaca, riguardante il killer austriaco Werner Kniesek e ispirandosi a grande linee su quella che fu la sua vita - figlio illegittimo, non conobbe mai il padre, la madre fu iperprotettiva e sparò davvero a una settantatreenne, venendo rilasciato anticipatamente per buona condotta prima del triplice omicidio del film. Null'altro, perché per buona parte della sua (esigua) durata è incentrata sulla consumazione dell'uccisione, senza risparmiarsi nefandezze di sorta.

Per questo non si sa mai se consigliarlo o meno, perché entrano in gioco tanti fattori che mettono alla prova i sensi e la sensibilità di ogni tipo di spettatore.

Alla fine della fiera solo quello mostra, non cerca di fare analisi, se non una velata critica al sistema carcerario proprio all'inizio, e non ha sottotesti particolari. Kargl con la sua pellicola ha solo voluto mostrare il puro orrore, la furia e la rabbia che si scatenano da parte di una persona perennemente fuori dal mondo e che racconta la propria storia. Spetta a voi, sapendo questo, se decidere o meno di visionare un film che nel sottobosco cinefilo ha una folta schiera di estimatori, per motivi che potranno sembrarvi più o meno legittimi. Ma è giusto avvisare che si tratta di un film senza speranza e che non si risparmia minimamente, torture su disabili incluse.

Colpisce la messa in scena che, per quanto costantemente accompagnata da un voice over quasi onnipresente che racconta il passato del nostro, tanto deve anche alle tecniche di ripresa quasi rivoluzionarie che fecero di necessità virtù, sfruttando benissimo quel poco che avevano a disposizione - e che tanto ispirarono il futuro Noè.

Si deve per questo ringraziare anche Zbigniew Rybczynski (salute!) che rivestì il triplice ruolo di co-sceneggiatore, montatore e direttore della fotografia e che, secondo diverse indiscrezioni, ebbe parola molto grossa sulla lavorazione. Sua fu infatti l'idea e il progetto della telecamera circolare che segue pedissequamente il protagonista, contribuendo allo stato di allucinazione perenne, così come la gestione delle molte riprese aeree. Ed è proprio questo feticismo verso l'alto che mi ha colpito...

Perché gran parte delle riprese vengono propria da lì, da un'altezza variabile, che però aiuta a sentire il peso della situazione e della condizione del protagonista. Un pazzo, ritratto senza romanticismo o compassione, ma come una persona che altro non riesce a fare perché quella è la via in cui lo spinge la propria mente. E da questo punto di vista, non si sono mai viste altre pellicole dal punto di vista del serial killer che riescono a far entrare lo spettatore così "dentro" la testa di un assassino e, di conseguenza, a trasmettere un tale senso di disagio e sporco.

Il film sta tutto qui e mi ha lasciato in una specie di limbo. Da una parte tutto il negativo che mi è piovuto addosso, dall'altra la sensazione di "E quindi?" che inevitabilmente finisce per colpire film di questo tipo.

Ma si tratta comunque di un viaggio assurdo in uno degli eccessi cinefili più inquietanti dei decenni passati.






Commenti

  1. NO grazie!
    Ma poi riesci a dormire?
    Tutta sta bruttura non ti resta in testa, brrrrr.....
    Hai lo stomaco forte 😁
    Ciao!

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    Risposte
    1. Ahahah 🤣🤣 soffro d'insonnia, ma già da prima 🙃

      Comunque sì, non è "per tutti", ma d'altronde credo che uno dei compiti dell'arte sia quello di rappresentare il male, per farcelo conoscere e indagarlo.

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    2. Hai detto bene, RAPPRESENTARE, perché tutto è artefatto essendo filtrato dallo sceneggiatore o regista e pertanto la follia credo che resti dentro il cervello malato dello psicopatico di turno. Dall'esterno credo che appunto tutto venga raccontato e non "sperimentato", in merito a ciò un regista o chi scrive queste storie ha il potere di metterci del suo pur rispettando i fatti reali.
      Discorso lunghissimo di cui potresti aprire un dibattito, mi piacerebbe approfondire, ma resta fiction per me, tra l'altro essendo tratto da un fatto reale me lo rende inavvicinabile.
      Un bagno nel male a questi livelli non è una passeggiata, non è un horror qualunque.
      Sia chiaro non vuole essere un giudizio radicale nei confronti di chi usufruisce di queste pellicole, ma semplicemente capire, che è questo poi lo scopo principale in ogni dialogo che si definisce tale.

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