LACRIME DI SANGUE, di Hélène Cattet e Bruno Forzani

Di ritorno da un proficuo viaggio d'affari, Klaus scopre che la moglie è scomparsa. Deciso a far luce sul mistero, si ritroverà invischiato in una collezione di situazioni e personaggi assurdi, mentre...

In questo periodo di tuttologi sul web, ho scoperto, soprattutto quando si parla di politica, che la Costituzione è un po' come il sesso: tutti ne parlano, ma...

Ecco, Hélène Cattet e Bruno Forzani, coppia d'oro del cinema sperimentale d'oltralpe, mi fanno un poco pensare sulla faccenda proprio perché oramai è chiaro come la loro poetica sia propriamente improntata sul sesso e la cinefilia nostrana de sti anni. E non so, la convinzione che in realtà siano una di quelle coppie noiosissime si sta instillando in me con sempre maggiore prepotenza.

Dopo quell'esordio coi controcazzi (mai termine mi è sembrato più opportuno) che fu Amer, alla loro seconda copula con la macchina da presa il dinamico due sceglie di fare tre passi avanti e tre indietro, per un film che grossomodo è la stessa cosa del precedente, solo cambiando le carte in tavola ed esagerando sempre di più, in maniera del tutto fuori controllo. Come una fotocopia più nitida, ma che dà comunque un'altra immagine.

Tutto oro quello che sborra luccica?

Diciamo che il film si mette a metà strada tra la merde d'artiste e quel particolare campionato dove sai già che non capirai tutto subito (e forse nemmeno mai) ma ti godi la partita e tutto quello che succede nel mezzo.

Sta quindi tutto alla sensibilità dello spettatore e a quello che pretende da un film, se l'essere guidato sulla fiducia cieca o l'avere determinate risposte a certe domande che naturalmente si porrà durante la visione. Una su tutte, sicuramente "Perché sto guardando 'sta roba?" e, da parte mia, "Perché non riesco a staccare gli occhi?"

E no, non era solo per le tette, che a questo giro in quanto a genitali ci togliamo ogni tipo di pudicizia, segno che i due sono diventati davvero grandi.

Pretendere uno stralcio di trama da questi due è praticamente un lusso, a questo bisogna per forza rassegnarsi. C'è qualcosa, ma appena abbozzata, perché a loro interessa davvero poco raccontare qualcosa di senso compiuto. Ci provano giusto per dare una parvenza di collante all'insieme, ma la "trama" è qualcosa che si dipana su un'indagine che non ha veri sbocchi e che diventa l'occasione per poter allungare con l'intervento di altri comprimari che porteranno l'azione sul piano del ricordo e del metaverso.

Sì, quasi due ore di film e almeno quaranta minuti sono o divagazioni o stacchetti da videoarte.

C'è la visionarietà dei due che, come già detto, qui non ha freni. Si avvalgono anche questa volta del citazionismo esasperato del giallo all'italiana, destrutturando un genere e facendolo diventare qualcosa a sé. Imparano la lezione di Dario Argento portando avanti un'indagine dove non c'è una vera e propria investigazione, ma solo il succedersi dei fatti, fino ad andare in una sorta di realismo magico che in qualche maniera prova a chiudere il filo.

Quindi sì, aspettatevi meraviglie e sperimentalismi visivi a manetta, ma... ecco, credo ci sia un ma in molte operazioni di questo tipo, che nel loro esordio se non altro era molto più calibrato e indirizzabile verso un discorso specifico.

Amer, alla sua maniera, parlava dello sviluppo della sessualità. Lo faceva come intendeva la strana coppia francese, ma un qualche discorso lo portava avanti. Qui 'i Carzani' pompano così tanto il loro estro visivo da trasformare l'intero film in un gioco personalissimo ma che però lascia fuori quasi tutti, permettendo sì di farsi un'idea precisa, ma credo che ognuno finirà la visione avendoci trovato qualcosa di diverso.

Un difetto?

Forse per alcuni. Per me, a suo modo, un pregio e una mancanza allo stesso tempo, una di quelle crasi che rendono l'arte bellissima. 

Personalmente l'ho trovato una visione labirintica in cui mi sono perso volentieri, proprio perché fa proprie, estremizzandole, tutte quelle peculiarità che rendono il cinema una forma d'arte bellissima, fondendola con le caratteristiche della videoarte e amalgamando l'insieme col cinema classico. Restituisce qualcosa di estremamente confusionario e compiaciuto di esserlo, ma penso che uscire frastornati, anche controvoglia, da una qualsiasi visione sia il massimo che un'opera può regalarti. 

E qui abbiamo gli uccellini che volteggiano intorno al bernoccolo come nei cartoni animati.

Uomo avvisato, mezzo salvato. Per me a non sposarsi, perché qui si vedono tutti i risultati, specie quelli di due persone che non si sono mai conosciute fino in fondo e che si sono persi bella casa che è la loro mente... però se tutti i matrimoni regalassero una pazzia simile, li rivaluterei in fretta,

E Anna D'Annunzio è una rivelazione su più fronti. 







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