AMERICA LATINA, dei fratelli D'Innocenzo

Massimo è un uomo realizzato. Ha uno studio dentistico che va a gonfie vele a Latina, una moglie molto giovane e bella e due figlie meravigliose. Un giorno però, scendendo in cantina per riparare un guasto della sua lussuosa villa, scopre che...

La campagna di marketing più assurda - nessuno mi toglierà dalla testa che non si tratti d'altro che di questo e del sempreverde purché se ne parli - che mi sia mai capitato di vedere è proprio quella legata a questo film, che vede uno dei due fratellini fesciòn rispondere in malo modo sui social a chi sbeffeggiava questa loro terza fatica, con tanto di accanimento della comunità cinefilo e decretando l'ultimo scontro pre-Putin che il mondo ricordi - a cui seguì perfino un post di scuse pubblico.

Non so voi, ma sono della vecchia scuola e preferisco di gran lunga quando le rockstar sfasciavano le camere d'albergo da sbronzi. 

Tralasciando le mie parabole da commercialista complottaro, ero nella sponda che attendeva molto questo film. Perché per quanto il loro cinema possa (non)piacere, ho sempre detto che La terra dell'abbastanza aveva quella grinta giovanile che nel nostro cinema non sempre si fa sentire e Favolacce era proprio quel bagno nel disagio che ti lascia pure la paperella di gomma mannara. Questo poi prometteva di percorrere sulla via di cupezza, disillusione e cinismo a cui il loro cinema sembra collegarsi e quindi tanti auguri a me.

E sì, America latina restituisce tutto quello che promette con gli interessi... ma riesce comunque a essere una delle sòle cinematografiche più grandi della stagione passata, tanto da essere stato definito America latrina da molti - e scatenando le ire del fratello socialmunito.

Personalmente aborro sia l'offesa gratuita che il rispondere in maniera altrettanto becera, ma con tutta la buona volontà non posso nascondere tutto il malcontento che mi ha assalito a fine visione. Specie perché il cinema i nostri lo sanno fare, e tocca pure dare delle specificazioni da saputello...

E quindi, tornando su quesiti ben più importanti... Per cos'è che andiamo al cinema o guardiamo film?

Domanda da un milione di euro e che non ha una vera e propria risposta. Ognuno ha il suo perché. Io posso dire, sperando di non sgualcirmi la giacca di tweed o di non rovesciare il mio whiskey, che ciò che desidero da ogni forma d'arte (sia un film, un libro, un fumetto o altro) è che ,'autore mi faccia soggiornare per un poco nella sua mente o che mi trasporti da qualche parte. Che la meta possa non piacermi è irrilevante, conta che il tragitto mi lasci qualcosa che me lo faccia ricordare, anche in negativo.

Qui il dinamico due consanguineo mi ha fatto fare un viaggio a intermittenza, si sono fermati troppo in autogrill e nel mezzo hanno pure bucato una ruota. Almeno non pioveva ed era una bella giornata, però.

Quindi sì, in questo America latina ho trovato quello che mi piace del cinema in generale, non solo di quello dei D'Innocenzo, solo che tutto è stato troppo schematico, semplice e... sì, prevedibile, ma questo è anche l'ultimo dei problemi.

Inutile nascondere che il mistero misterioso altro non è che un segreto di Pulcinella a cui tutti possono arrivare se hanno visto quei due-tre film giusti, quindi se puntavate sul colpo di scena imprevedibile state freschi e forse non dovreste nemmeno scomodarvi nella visione.

Ma qui sorge un'altra domanda.

Quanto è importante una trama?

Repulsion di Polanski - fermo restando che i due ne hanno da mangiare di pastasciutta prima di essere paragonati a lui - è un grandissimo film, ma il finale è così imprevedibile? Ogni cinefilo si è fatto i rasponi su quella pellicola perché non era riuscito ad anticipare cosa succedesse alla protagonista verso la fine o perché si è sognato per mesi quel cacchio di corridoio?

La tecnica dei D'Innocenzo è tanta, tantissima, ci sono delle sequenze che funzionano alla grande e riescono a trasmettere vero e proprio disagio. Ma tutto si ferma lì, in superficie. E infatti come mero esercizio di stile America latina funziona alla grande, è tutto quello che succede verso la fine, la risoluzione dell'inghippo, che fa acqua da tutte le parti e dà l'effetto di una barzelletta che ti hanno già raccontato.

Ma poi, era così necessario un finale?

Quello che i due Gucciari hanno cercato di realizzare fin dal loro esordio è la decostruzione della famiglia, del nucleo di vita di una persona, cercando di far risalire il marcio che si porta dietro. Questa è solo l'ennesima variazione sul tema, giocata però sulla confusione, sul desiderio di avere tutto ciò che ci è stato insegnato essere importante - e che non abbiamo mai avuto - con tanto di maldestra analogia amniotica con l'acqua. 

Danno risposte ai quesiti, ma tutto appare fin troppo didascalico e 'spiegato' - si parla però di intromissioni della produzione - e senza la sensazione di perdita che dovrebbe esserci, ribadendo in quel finale concetti già espressi che accentuano solo il didascalismo di cui sopra. 

A una certa mi sono chiesto se la rasatura di Elio Germano volesse simboleggiare qualcosa e se quella fossetta sulla tempia sempre più accentuata potesse divenire una qualche metafora. 

E no, alla fine è solo che Elio Germano ha tante qualità, ma non quella della conformazione cranica. 

Anche questo è uno spiegone non necessario. 






Commenti

  1. Si, l'ho recensito oggi anche io, penso che i D'innocenzo erano indecisi su quale strada prendere, e i film aveva tutte le potenzialità di essere grande, ma le hanno sprecate

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  2. Loro sono bravi, parecchio, hanno un tocco personale e questo conta tantissimo per me, e in questo anche con America Latina si portano a casa il risultato. Nella struttura qui si sono affidati a dei cliché già noti, il finale può non essere una sorpresa (anche difficile oggi essere sempre spiazzanti), magari come dici tu non era nemmeno necessario lo spiegotto finale (ma io penso sempre che non tutto il pubblico è super esperto, ci sono i giovani, i più ingenui, i meno esperti, etc..., magari qualcuno è rimasto stupito dalla chiusa), ma alla fine importa davvero? Per il loro mood probabilmente non saranno mai i miei registi preferiti ma credo che continuerò a seguirli con grande interesse e piacere.

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    1. Ma continuerò a seguirli pure io. E un film non riuscito che ha comunque i suoi momenti è il tocco dell'autore per me è sempre il benvenuto.

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