THE GENTLEMEN, di Guy Ritchie

Quando si sparge la voce che il boss della cannabis Mickey Pearson ha deciso di ritirarsi, scoppia una guerra tra bande, condita di doppigiochi e colpi di culo assurdi. In tutto questo, l'investigatore Fletcher...

E' sempre bello vedere un film di Guy Ritchie. Ogni volta ti sembra di andare a trovare un vecchio amico. Può capitare che ti racconti sempre le stesse cose, ma ogni tanto tira fuori una di quelle perle che ti fa capire come mai la vostra amicizia è nata.

Poi ti ricordi che non hai amici e la magia decade.

E di amici e santi in terra l'ex mr Ciccone deve averne avuti tantissimi per aver lavorato a quella maniera su più progetti, ritornando sempre nei territori che più gli si confacevano. Perché per ogni Rock'n'rolla c'è un Travolti... e un remake di Aladdin, senza contare quella fortunata scampagnata in Baker Street della quale attendo ancora un terzo capitolo - statece, a me il suo Holmes è piaciuto e pure parecchio.

Insomma, da Lock and stock di tempo ne è passato e pure parecchio, e nel mezzo ha pure provato a mettersi alla prova con qualcosa di più serio come Revolver (altro film che ho adorato solo io), ma poi è sempre lì che ritorna.

Alle strade della sua Londra, al cemento freddo, alla guerra tra bande e ai piani complicati in cui si susseguono le storie e le sorti dei suoi personaggi. Dei suoi tanti personaggi. Dei suoi troppi personaggi che si intersecano in trame a tratti anche troppo contorte per quello che racconta.

Anzi, sorge un interrogativo...

I film di Guy Ritchie hanno una trama?

Non si può negare che l'albionico fighetto graviti sempre intorno agli stessi temi e topoi - quelli sopra riportati - e sorge addirittura il dubbio che il feroce accumulo di volti, situazioni e battutacce non serve altro che a coprire qualcosa che manca alla base.

Perché The gentlemen è sicuramente un film divertente, si vede tutto il mestiere (e anche di più) di uno che ha sviluppato un proprio stile e ne ha assunto il pieno controllo, non annoia (quasi) mai nonostante la durata consistente e i dialoghi a tratti fanno sbellicare. Tutte cose che si si aspetta da uno come lui... e allora perché vedere questo film è come abbuffarsi al McDonald e uscirne che si ha ancora fame?

Credo dipenda anche dal grado di confidenza che si ha con questo istrionico regista e da quello che - detto senza snobismo di sorta - si pretende da un film.

Ti è piaciuto The snatch e vuoi vedere qualcosa di simile? Daje, vai sul sicuro. Si sente che l'entusiasmo e l'anarchia giovanili (anzi, poi ci ritorniamo) non ci sono più, ma è un more of the same che non guasta, tipo un album dei Kreator. Se invece non avete mai visto un suo film, vi troverete di fronte a una pellicola che, se amate un certo tipo di black humour inglese, vi farà passare una serata divertente senza però farvi spegnere mai il cervello.

Se invece avete visto tutto quello che il nostro ha fatto e vi aspettate l'evoluzione di un certo discorso, ecco che allora arriva la delusione.

Forse non posso dirmi totalmente deluso da un film simile (che da noi è arrivato solo su Prime Video) ma è stato come ritornare a vedere un film già visto, o sentirsi una barzelletta di Pierino con protagonista Gian Burrasca. Stesse dinamiche, stesso modus e, soprattutto, una certa formalità che blocca tutto l'entusiasmo e la sbroccatezza dei suoi primi film, quelli che ci hanno consegnato un autore sicuramente non profondo, ma comunque in grado di tendere l'asticella del flipper fino a romperla col minimo pigiare dei pulsanti.

Qui, a riprova che si è imborghesito, mette in mezzo anche un assurdo escamotage per accostare la costruzione del piano alla struttura cinematografica. Ne risulta solo un giochino che fa ridere in un paio di momenti, gli permette di sfoggiare una locandina di un suo flop recente (sì, Operazione UNCLE, stiamo proprio parlando di te) sul finale, ma che non aggiunge nulla a una pellicola bella, intricata, coinvolgente... 

... ma soprattutto, FOTOCOPIATA da quanto già fatto in passato.

Con grande stile, però. 

Qualunque cosa voglia dire. 

Perché se è vero che certe quisquilie sono unicamente questioni di lana caprina, qui abbiamo kashemere che scorre a fiume e gli attori meglio vestiti di sempre. Che sembra sembra proprio la parabola che fanno tutti quelli che sembrano destinati a rivoluzionare qualcosa, gangster o registi che siano.

Quindi... gangster avvisato, mezzo salvato. 

Come già detto, dipende da visioni e aspettative. Un ritorno a vecchi fasti che a tratti ricordano le repliche del Festivalbar per i trentenni-quarantenni di oggi e che può esaltare i novizi. 

Anche se non ho potuto pensare, inerentemente al tempo che passa, che il suo primo film lo vidi con una compagnia di amici fattoni e questo me lo sono recuperato in una visione serale casalinga...






Commenti

  1. Ecco sì, un classico divertente, ma pur sempre un "classico", ecco perché comunque pur piacendo non rimane impresso e non si eleva.

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    1. Dà l'impressione di averlo già visto. Indubbiamente però gli attori devono essersi divertiti molto.

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