LAMB, di Valdimar Jóhannsson

Marìa e Ingvar sono una coppia di sposi che vive in un'isolata campagna islandese. La loro vita prosegue monotona e senza sorrisi, venendo scossa però quando una delle loro capre partorisce uno strano ibrido bambina-agnello. I due adottano subito la creatura, e...

Ci pensate mai a quanto sia difficile oggi esordire? Perché se una volta si dava per scontato che l'opera prima di un autore potesse mostrare delle fragilità e che il tizio avrebbe dovuto mangiare alcune bistecche durante il percorso, adesso siamo un po' nell'epoca del tutto e subito, dello stupire a tutti i costi.

La mia paura quando vidi il trailer di Lamb non fu tanto la mia propensione sui doppisensi a sfondo sessuale che hanno a che fare con le pecore, quanto che l'escamotage dell'assurdo potesse mangiarsi il film.

Valdimar Jóhannsson poi prima di passare dietro la macchina da presa ha condiviso set importanti, come Oblivion di Joseph "Maverik" Kosinski ed Exodus di Ridley Scott, in veste di tuttofare e tecnico degli effetti speciali, per poi andare a bussare alla A24 per proporre un soggetto che covava dal 2009.

Sull'autostrada Roma-Teramo la droga circola parecchi(ssim)o, e vuoi che nel leggere di un moccioso metà bambino e metà agnello non chiedessero di rollare più in fretta e di passarla? Così eccoci qua questo Lamb, forse uno dei film più chiacchierati della scorsa edizione. Presentato pure in bamba pompa magna a Cannes, dove ricevette un premio improvvisato, vanta come collaboratore d'eccezione pure Sjon, il paroliere di Bjork - che insieme a Eggers tradì la A24 con The northman - e Béla Tarr alla produzione. 

Perché un agnello, ovviamente, bela...

Viene quindi naturale chiedersi se valga tutte le chiacchiere spese in merito o si tratti della solita listamannsskítur. 

Facile farsi prendere dall'entusiasmo e lanciarsi in altisonanti elogi o pernacchiamenti, anche se propendo più verso i secondi dopo cento estenuanti minuti di visione, che mettono sul fuoco così tanta roba che sembra di essere al pranzo di Pasqua. 

Eppure non succede un cazzo per quasi tutto il film.

Lamb è un film di paesaggi e silenzi, e qui forse per la prima volta ci accorgiamo di che razza di attrice sia Noomi Rapace, una capace di passare dalla Lisbeth Salander che la rese famosa al blockbusterone tipo Seven sisters, senza contare che qui - resa bella come non mai, e non è facile con un viso spigoloso come il suo - regge sulle spalle un intero film in una parte non semplice.

Il bello poi è che la nostra recita quasi interamente di sottrazione, e anche quando deve esplodere non si fa mai prendere dall'overacting. La sua è una performance pacata, perfettamente calibrata, non semplice quando devi mettere in scena un personaggio simile.  

Fin troppo pacato è anche il film che, purtroppo, mostra unicamente quello che si può vedere, e quando si spinge oltre lo fa con una goffaggine abbastanza marcata. 

Cosa voleva dire Jóhannsson con questo film? Non mi è del tutto chiaro. Capisco che si parli di natalità, paternità e maternità mancate, e del costruire un'illusione in cui poter rivendicare ciò che la vita ci ha sottratto. E diciamo che, nonostante una lentezza quasi fatale, fin qui andrebbe pure bene, se non fosse che a tutto questo si aggiunge un finale che rasenta la demenzialità nel dare una sorta di spiegazione a quanto successo, rinnegando tutto con una chiusura aperta che cozza con quanto mostrato e negli intenti infranti.

Finale che, diciamolo, è di un trash involontario che fa il palo con Blonde.

Davvero, capisco la bamba e tutto il resto, ma che qualcuno abbia approvato una roba simile mi pare fin troppo perfino per quelli della A24.

Lamb è anche una storia sulla natura e il rapporto che l'uomo ha con essa, anche se il concetto di Madre Natura è un po' sfuggito di mano. I paesaggi Islandesi diventano veri e propri attori e la bellissima fotografia ne accentua la presenza e l'isolamento che i due vivono. Ovvio che Valdy abbia usato il folklore nordico per poter creare il suo esordio, anche se... non si è ispirato a una leggenda in particolare, bensì facendo sfociare il finale in uno spiritismo appena abbozzato - non che si sentisse l'esigenza di particolari dettagli - ma che rende il giù summenzionato finale un pastrocchio di proporzioni eddiche. 

Davvero, finire la visione con la sensazione che qualcuno ti abbia dato un pugno nell'occhio dalla bruttura della realizzazione, anche solo concettuale, non è sempre un bene. E a nulla vale anche tutto il marcio che ha saputo mettere dentro, la crudeltà nelle azioni di Marìa - a conti fatti, un'assassina - e tutta la concezione sbagliata cue sta dietro all'idea di familgia.

Tutto è tremendamente tirato per le lunghe inutilmente, a riempire un vuoto concettuale e narrativo, fino a qualcosa che fa il palo a voler essere strano e stupefacente a tutti i costi. 

Così come la prevedibile rivelazione che arriva a metà, che forse, per quanto annunciata, spostata in una sezione diversa del film avrebbe solo giovato - insieme a una sforbiciata generale - anche alla pesantezza del twist conclusivo.

Ho avuto la sensazione di qualcosa di monco, azzoppato dalla stessa stranezza che mi ha portato a volerlo vedere. Perché l'assurdo e il grottesco sono belli, ma vanno saputi gestire, altrimenti diventano la stessa zavorra che una volta caricata non riusciamo più a gettarci di dosso. Lamb parte da un presupposto più che ottimo, ma non riesce a tenerne il passo, e il risultato per me è stato un incredibile senso di stanca.

Mi ha emozionato maggiormente la narrazione a riprese fisse, per dire, infrante da eleganti carrellate solo quando la tensione o il soprannaturale stanno per inserirsi nella narrazione. Per dire...

Per il resto, Ada rischia di rubare lo scettro a Black Phillip e il chiodo del David Harbour dei poveri sarà il mio nuovo must have. Tutto il resto, invece, non me lo porterò dietro per molto - paesaggi esclusi.

Un peccato. Soprattutto perché quel twist dà un volto all'inimmaginabile, a ciò che dovrebbe essere astratto, e quando succede si cade nel tamarro (non che sia un male) o nel ridicol(izzante)o.







Commenti

  1. Mi aveva incuriosito più che altro per il nome di Bela Tarr alla produzione

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  2. A differenza di Blonde, questo non mi è affatto dispiaciuto nonostante diversi sbandamenti di sceneggiatura... mi ha ricordato "Border", altro film nordico con inquietudine a pacchi.

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  3. Mi è piaciuto davvero molto. La Rapace ha giustamente mandato a stendere tutti quelli che la ritengono incapace e la storia, per quanto non chiarissima, è a modo suo molto affascinante e triste.

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    1. Chi osava ritenerla incapace? 😱 comunque, sicuramente affascinante, ma gira su sé stesso in maniera irritante...

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  4. una delle recensioni più' altezzose, comiche e vuote degli ultimi vent'anni,
    a parer mio.. ed inoltre il paragone con border ci sta alla grande, entrambi hanno un filo conduttore in comune non indifferente, la differenza sta che almeno lamb ha un eleganza di fondo, che border in alcune scene perde violentemente. I pareri sono di tutti e rispettabilissimi, ma scrivere recensioni dovrebbe avere un peso diverso, di oggettività' qui ne ho letta poca, per un primo film decoroso ed originale, oltre che girato molto bene.

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