BABYLON, di Damien Chazelle

Nella Hollywood degli anni d'oro, Manny Torres lavora come tuttofare per un grosso produttore hollywoodiano. L'incontro con l'aspirante attrice Nelly LaRoy cambierà tutto. Intanto, l'avvento del cinema sonore si accinge a trasfigurare tutto il resto...

Babylon non se la sta passando benissimo. Registrato nel Guinness dei Primati come il peggior esordio al botteghino per un film, sta continuando questa triste parabola discendente con incassi esigui che molto probabilmente non copriranno gli ingenti costi di produzione. E nel vedere una sala con solo sei persone, mi ha fatto esclamare la stessa cosa una volta che le luci in sala si sono riaccese.

PORCA TROIA!

All'inizio dei ruggenti Anni Venti fece scandalo la morte della giovane attrice Virginia Rappe dopo un festino con la star delle commedie Roscoe "Fatty" Arbuckle. Questo fatto, insieme all'assassinio del regista William Desmond Taylor (con successiva scoperta del suo stile di vita - ne scrisse pure Gore Vidal) e dell'overdose dell'attore Wallace Reid, portò alla scoperta che Hollywood molto probabilmente era un luogo dove non mandare le proprie figlie da sole a una certa ora e, tra le varie cose, fu la genesi per la creazione del Codice Hays, ovvero un regolamento che serviva a controllare gli eccessi fuori e dentro gli schermi.

Chazelle attinge al primo di questi aneddoti per far partire questa sua ultima fatica, e si fa ispirare in gran parte anche al libro Hollywood Babilonia dello scrittore Kenneth Anger. Reportage smentito da più voci in diversi passaggi, ma viene naturale credere che tutto entri nel campo della leggenda.

Qui invece entriamo nel campo del The wolf of Wall Street sotto steroidi, tanto che il film di Scorsese sembra una versione per educande. E il film l'ha fatto un reduce su damerini in tiptap, vorrei far notare...

Quel La La Land che mi fece due coglioni quadrati coi suoi derelitti danzerecci, facendomi partire alla visione di questo con tutti i pregiudizi possibili. Che invece, oltre ogni pronostico, mi è piaciuto. Un botto. Tantissimo. A fine visione ero esaltato come non mi succedeva da tempo, così tanto che a momenti non so cosa scrivere, perché le cose che ti estasiano sono sempre più difficili da descrivere di quelle che ti schifano.

Potrei scrivere solo Correte a vederlo e sarei a posto con la mia coscienza.

Eppure, più ci penso, più il lavoro di Chazelle mi sembra incredibile, per tutti gli elementi che stanno al suo interno, così come se il nostro avesse fuso insieme tre film diversissimi tra loro, riuscendo a creare una specie di magico collante. 

Le anime al suo interno infatti sono tantissime, ma tutto porta a un lungo discorso sul linguaggio del mezzo e della sua condivisione.

Babylon è un film mastodontico, esagerato, morboso, qualcosa che potrebbe benissimo mettere a dura prova un certo tipo di spettatore. E in più, verso la fine, dopo aver spaziato con nonchalance dalla commedia e dal dramma malinconico, apre anche una parentesi weird-horror che molti potrebbero trovare indigesta - e che io ho adorato, guarda un po' - che parla ai cinefili del cinema, della sua storia e del suo modo di raccontarsi.

Chazelle fa un riepilogo dell'evoluzione del mezzo che esercita, senza però fare quello che è un mero riepilogo di fatti noti a chi del settore. Il discorso è molto più ampio, partendo dal suo corollario esterno e la fissazione che ne deriva, arrivando a narrare le vicissitudini sui set, trasformandosi infine in un'apoteosi del mezzo come condivisione.

Tutto quello che abbiamo visto, serviva solo per arrivare alla fine in quella sala, a fissare dall'alto quegli spettatori che, infine, siamo noi, gli stessi di anno in anno, ma allo stesso tempo diversi come le storie che vediamo sullo schermo, delle quali fa un omaggio.

Se in precedenza Chazelle voleva destrutturare quello che era stato il genere di punta dell'industria, concludendosi con un happy end che voleva fare a pezzi il modo classico di intenderlo, qui destruttura tutto quanto per esorcizzare la storia dell0indistria in cui lui stesso si è inglobato.

Lo fa con situazioni, omaggi, rimandi, personaggi ed estremizzazioni, raccontando le vite che vennero scombussolate dentro quel mondo in continua evoluzione, il non riuscire a stare al passo coi tempi e il cercare il proprio viatico.

Ma sottolineando che, alla fine, sempre in una sala cinematografica ci troveremo.

Di omaggi alla settima arte se ne sono fatti molti, anche perché l'arte si nutre continuamente di sè stessa e del proprio raccontarsi, ma qualcosa di così appassionato, debordante ed esagerato raramente mi è capitato di vederlo. E quando qualcuno parla di qualcosa che gli piace, voglio che si mangi le parole dall'emozione.

Chazelle invece dirige tutto con mano ferma e vorticosa, regalandoci un giro sulle montagne russe epocale, riuscendo a farci ridere e successivamente anche a commuovermi, sempre con gli stessi personaggi, cavando il meglio da ogni attore - e la Robbie si conferma ancora bravissima.

Io non so cosa doveva fare a certa gente per fargli andare a genio questo film... un pompino sotto la poltrona?

Anche se l'ennesimo flop d'autore dopo quello di Nightmare Alley, forse, è il segno che un certo cinema purtroppo non chiama più la gente in sala. E questo film, tra l'altro, omaggio proprio quel cinema popolare che ci ha fatti innamorare tutti.

Quindi muovete le chiappe e andate in sala.

Io posso solo dire che correrei a rivederlo subito.

PS: ma poi... sbaglio, o oltre alla crisi delle sale, c'è pure quella dei grafici per le locandine? Questo aspetto è stato bellamente trascurato...






Commenti

  1. Ma perché ero convinta di avere già commentato? Comunque direi che la pensiamo più o meno uguale e io avrei già voglia di riguardarlo, con buona pace della sufficienza che ho riservato a La la land e First Man!

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    1. I misteri dell'internetto 😂 per il resto, concordo anche con l'uso delle virgole 🥰

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  2. Un gran bel film. Che finalmente ha il coraggio di osare... merce rara di questi tempi

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  3. Film stupendo, meraviglioso, peccato che la gente certi titoli non li sa apprezzare

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    1. Purtroppo è così... Eppure mi è sembrato pure molto "accessibile".

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