DOWNTOWN ABBEY, di Michael Engler

1927. Buckingham Palace informa i coniugi Crawley che Re Giorgio V e la regina Mary visiteranno Downtown Abbey durante il loro tour regale nello Yorkshire. Tutte le anime della tenuta saranno quindi impegnate per organizzare la fugace regale ospitata, e...

Non solo nell'anno del signore 2022 sono andato a vedermi un giallo al cinema, anziché un horror, ma la rassegnazione verso l'età della vecchiaia che mi sta mettendo la fredda mano della Morte sulla spalla si è concretizzata, almeno interiormente, quando io e la wing-woman ci siamo appassionati a Downtown Abbey

Io ho pure rinunciato a proseguire Vikings per vedere come finiva la storia di quel manipolo di ricconi. E saputo che c'erano anche i film, ho - abbiamo - voluto recuperare.

Passare dal piccolo al grande schermo è un azzardo che qualunque produttore non vorrebbe mai prendersi, perché i costi cambiano, così come le dinamiche e, per assurdo, pure il pubblico che può arrivare in sala. Non è detto che i fedelissimi rimangano tali fino alla fine, e questo genere di passaggio priva già una parte di spettatori a partecipare alla festa. Questo dovrebbe farvi capire tutto il successo che una serie come Downtown Abbey ha avuto nel resto del mondo, un vero e proprio oggetto di culto che è entrato nel DNA britannico. 

Tra l'altro, è uscita dalla penna di Julian Fellowes, vero Barone di West Stafford, che nel 2001 esordì alla sceneggiatura con Gosford Park di Robert Altman.

Già questo basterebbe a spiegare la natura strana e ambigua di una serie capace, almeno nella prima stagione, di ricreare uno spaccato del periodo, cristallizzando il passaggio di due epoche - quella nobiliare e quella borghese - che assisteva all'eclissarsi della prima e al lento affermarsi della seconda.

Certo, nel mezzo ci sono degli aspetti quasi reazionari che vorrebbero dare un allure romantico a questo trippone blasonato di quattrini che, con sguardo sognante, dice di essere il custode di Downtown Abbey - cioè, io non ho mai saputo giustificare il mio non fare un cazzo con così tanta nonchalance - oppure a un'esaltazione della fu nobiltà britannica. Nel mezzo però riesce a portare dei temi molto attuali, come l'omosessualità e il suo essere (mai abbastanza) accettata, in maniera coerente con la mentalità del periodo ma in modo che non possa urtare la sensibilità attuale sul tema.

Così era la serie e così è il film, dato che la (garbatissima) mente creativa rimane come autore unico.

Ovviamente, come tutte le operazioni di questo tipo, va vista unicamente se siete fan accaniti e, a onor del vero, tra questo e uno special di Natale di fine stagione non c'è molta differenza. Se proprio volete, considerate questa escursione sul grande schermo come un lungo episodio di fine anno della durata di due orette, dove ritroverete tutti i personaggi (quelli rimasti in vita...) a fare la loro piccola particina, senza che uno sovrasti l'altro.

A parte Maggie Smith. Lei giganteggia qualunque cosa faccia

Cambia l'aspect radio e, di conseguenza, la fotografia deve adattarsi meglio a scorgere la profondità degli ambienti, insieme alla regia che si permette qualche ardimento maggiore... ecco, questi sono le uniche cose da dire per un film che lì è e lì rimane, partendo da una storia conclusa dove tutti avevano già avuto la loro evoluzione e ritornando a un punto che permetta di non stravolgere quello che la serie aveva già delimitato. 

Ritroviamo le facce contrite di Mr Carson quando uno sprazzo di modernità rompe le vecchie tradizioni, Thomas non è più stronzo come un tempo e gli si concede una gioia, Bates zoppica solo a tratti e fa i suoi sorrisi sghembi, Moleslay si rende teneramente ridicolo come al solito e Lady Mary si conferma cosplayer ufficiale di Willy Wonka con quel taglio di capelli osceno.

Tutto qui.

Fatto benissimo e con quella classe albionica irreplicabile, ma effimero è ed effimero resta.

Mi ha dato l'effetto di quella ex che volle concedermi l'ultimo limone prima di lasciarci e fatto bestemmiare perché nessuno ha osato prendere a porconi il re - con relative battute di dubbio gusto su un popolo che osanna i propri sovrani. 

Ma Downtown è anche questo. Ergo...

PS: nella prossima vita voglio essere Matthew Goode, non solo continua a lavorare nonostante la sua perenne espressione da triglia, ma viene pure pagato e messo ai primi posti nei titoli per comparire solo due minuti alla fine,.






Commenti

  1. Siccome le Wing-woman fanno questo effetto, ci sono passato anche io, reazione: mi addormentavo più o meno sullo scondinzolare del cagnone durante la sigla iniziale, tanto che la prima stagione, prima stagione e mezzo l'ho "vista" così, poi devo dire che complice una (non di più) scena di guerra mi sono svegliato e ho anche cominciato a seguirla. Devo dire che alla fine ho anche gradito, cast splendido, non è roba per me e non lo sarà mai, però capisco perché sia così popolare e rispetto a tanta roba popolare, meglio questo che almeno è recitato bene ;-) Cheers

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    1. Invece a me la prima stagione ha proprio peso e mi sono addirittura affezionato ai personaggi 😅 poi sì, è un po' come le classiche cene d'anniversario con gli amici di vecchissima data, ma ho gradito, alla mia maniera.

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  2. Meglio la serie dei film che si sarebbero potuti evitare, le sei stagioni (se non erro), soprattutto le prime, sono state però davvero un bel viaggio.

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  3. Una delle mie serie preferite, ma indubbiamente per amanti di questo stile, per chi apprezza le serie in costume, e non cerca per forza qualcosa che ribalti completamente la narrazione. Sono morto per l'appunto su Lady Mary, ma soprattutto su Goode che sembra fare sempre lo stesso personaggio

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    1. In realtà è piaciuta molto anche da queste parti. L'addio non è stato doloroso come per altre, ma i personaggi ci hanno fatto compagnia e abbiamo voluto bene a tutti loro.
      Il film purtroppo è poca roba anche per il fan più accanito :/

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