THE PALE BLUE EYE - I DELITTI DI WEST POINT, di Scott Cooper

1830. Il cadetto dell'accademia militare di West Point viene trovato impiccato e, in seguito, il suo cadavere trafugato nell'obitorio. Il famoso detective August Landor, da poco rimasto vedovo e abbandonato dalla figlia, viene chiamato a indagare. Ad aiutarlo, verrà un altro cadetto che ha espresso interesse per il caso, un certo Edgar Allan poe...

Io voglio un gran bene a Scott Cooper. Così tanto da azzardarmi a dire che non è rinomato quanto meriterebbe, perché i titoloni al curriculum non gli mancano.  

Del resto ha fatto vincere un Oscar a Jeff Bridges col suo esordio, Crazy heart, poi è evoluto con Out of the furnace, uno dei miei titoli di culto della comfort zone, fino a realizzare Hostile, uno dei migliori film della sua annata - e con il gran merito di far morire male a bello schermo Chalacoso, ma questa è un'altra questione. Mi dicono che anche la sua incursione nell'horror sia ben riuscita, mentre è stato in grado pure di ricordare a Johnny Depp che è un attore.

The pale blue eye diventa un film difficile da trattare proprio per questo.

Anzi, diciamolo pure... è un film strano per una serie di motivi, sia estetici che narrativi, ma che lo fanno pendere su un bivio.

In realtà non cambia nulla su quanto si sia già detto sull'argomento, è un thriller investigativo classico in costume con una spruzzatina di decadentismo gotico per alcune scelte narrative e stilistiche, quindi tutte cose così vicine ma allo stesso tempo lontanissime dallo stile di Cooper.

Il nostro è un bravissimo regista. Si affida a sceneggiature scritte (prevalentemente) di suo pugno ben sopra la media che, però, non hanno di certo il merito del contorcimento. Anzi, se vi piacciono gli intrippi, cambiate sponda, perché il nostro prosegue con una linearità che ad altri potrebbe essere fatale, ma che nel suo casi è non solo un marchio di fabbrica, ma anche una cifra stilistica.

Veri protagonisti delle sue pellicole sono il degrado urbano, lo sporco, i soggetti vinti dalla vita che in qualche maniera cercano di riemergere e, nel farlo, a volte sono vittime della loro stessa risalita. Se proprio vogliamo allacciarci al gotico, il pupillo di Robert Duvall nella propria carriera ha sgraffignato più dal southern gothic che da quello vero e proprio, e qui cerca di fonderli in un marasma che a tratti non ti sai spiegare.

Occhibelli è una pellicola elegantissima, di una raffinatezza tale che forse quelli di Netflix non si sono nemmeno accorti di cosa stavano finanziando con settanta bigliettoni, ma non rinuncia al degrado che Cooper ha sempre messo in scena, allacciandosi anche al gotico tout court per quanto concerne i dettagli dell'estetica, non solo cinematografica.

La (bellissima) fotografia è cupissima, non c'è uno spiraglio di luce che sia uno, e perfino l'animo dei singoli individui pare lacerato dal dubbio e dalla convinzione che la fine sia prossima, come se un male li divorasse dentro.

Appurato quindi che è una gioia per gli occhi e che bastano i primi fotogrammi molto accaddì per invogliarti al pari della tua ragazza coi genitori in gita fuori porta, inizia la parte thriller... 

E lì so' cazzi.

Davvero, l'investigazione è un disastro.

Non c'è un vero canovaccio sull'indagine, tutto si alterna all'incontro o alla scoperta di gente che per puro caso sa qualcosa di utile e che si è trovata nel posto giusto al momento sbagliato. A una certa si apre pure una parentesi che non ti spieghi (così come usare Charlotte Gainsbourg per tre minuti e basta) e la domanda principale sulla faccenda rimane sempre legata ai protagonisti, perché ti chiedi quali cambiamenti porterà l'indagine su di loro e quali conflitti aprirà, anche perché alcuni presenti già dall'inizio vengono trattati solo superficialmente e poi bellamente dimenticati.

Poi arriva il finale.

E sono cazzissimi.

Anche qui, tutto nel campo della linearità e del già visto, ma è un colpo di scena che stravolge tutto il film e dà anche senso a quel proprio essere altalenante e (apparentemente) mal gestito. E la cosa divertente è che a mente fredda appare pure ovvio, ma sfido chiunque a imbroccare la soluzione sul momento.

Si tratta di stravolgere un soggetto con poco, usando i trucchi della narrazione, cosa che uno come Cooper (o merito anche del libro da cui è tratto) è perfettamente in grado di fare, giacché per due ore si prende tutto il tempo necessario senza che pesi troppo sul povero spettatore.

Per assurdo, però, anche qui ci sono dei problemi. 

Perché per quanto il colpo di scena funzioni e le atmosfere siano da urlo, tutto rimane davvero troppo abbozzato. L'intrigo interno all'indagine rimane una nota a margine, quasi caricaturale, e avrebbe meritato forse maggiore spazio (e non ditemi che in due ore non ce la si fa...), anche perché la side-story horror poteva giovare della medesima linearità riservata a tutto il resto, non lo sputazzo che è rimasta.

E nessuno mi toglierà dalla testa che Poe è stato schiaffato ad cazzum in un film solo per dare un tono, perché a chiamarlo Pinco Panco non cambiava nulla. 

Così come nessuno mi toglierà dalla testa che la chiusa del film è stata gestita malissimo.

A quel punto Cooper abbandona il gotico, perché non mostra più personaggi dal temperamento ambiguo, ma diventa ambiguo il film stesso, giustificando qualcosa che da un lato mi fa avere uno sano slancio verso un revenge movie atipico e mascherato benissimo, ma che dall'altra romanticizza la giustizia privata in una maniera quasi irritante e, lasciatemelo dire, immorale. 

Ancor peggio, senza quella sfumatura di dubbio, senza quei tratti di grigio che avrebbero dato senso alla patina da film più intellettuale di quello che è, lasciandoci con una conclusione pacchiana che con tutta la buona volontà mi riesce davvero difficile da approvare.

Parlar di vite distrutte è un conto, inneggiare alla distruzione un altro.

Un peccato iniziare con l'interesse e concludere con il fastidio, in uno scivolone cosmico che rende un film ostico da trattare e da "digerire". Un grande spettacolo, sicuramente, ma snervante.

E visti i tempi...

PS: comunque, del cast del maghetto sgrufoletto, in un'ideale carriera post saga, tutti puntavano sulla Watson, io che sono celebre per commettere sui cavalli zoppi su Rupert Grint... e alla fine, a schiaffarlo in quel posto a tutti è proprio Dudley.






Commenti

  1. Poe tirato dentro solo per usare una sua citazione nel titolo, che tanto non ha colto nessuno perché tutti conoscono solo "Nevermore" e poco altro. Coincidenza a casaccio, concordo, poteva essere un ottimo film, invece lo è solo dal punto di vista estetico. Cheers!

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    1. Infatti. Cooper ha classe da vendere, ma a questo giro non è andata benissimo...

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  2. A me non è dispiaciuto ma, a conti fatti, lo dimenticherò tra qualche giorno, più che altro perché, salvo la bella regia, la trama è convenzionalissima e serve giusto quel twist finale per salvarla dalla banalità totale.

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  3. Puntare su Emma Watson per la recitazione (con tutto il bene che le voglio), è come puntare su un cavallo zoppo

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    1. Ai tempi però era lanciatissima e piena di fan. Poi a me non ha mai convinto, ma questo è un altro discorso.

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