THE VILLAINESS - PROFESSIONE ASSASSINA, di Jung Byung-gil

Sook-he è un'abile assassina che deve vendicare la morte del proprio mentore, poi divenuto anche marito e padre della bambina che porta in grembo. Cadrà però nelle mani di un'altra organizzazione, per la quale dovrà fare un solo lavoro, e poi...

Quando vidi Confession of murder cominciai a capire due cose: anche la Corea del Sud aveva la sua bella dose di merda interna, lontanissima dall'Eden cinematografico che immaginavo, e probabilmente non dovevo capire un cacchio perché avevo spento dopo mezz'ora di fronte a un film che aveva fatto sganasciare tutti (ma capitemi... alla scena del salto mortale per evitare il serpente - chi a visto capirà - decisi che per me era abbastanza).

Scoprire quindi a metà visione di vedere un film diretto dallo stesso Jung Byung-gil di cui sopra non è stato bello.

Tra l'altro, la notizia successiva è stata che questo film è stato pure presentato a Cannes, dove si è beccato ben quattro minuti di applausi. 

Questo è bastato a farmi compiere diverse assonanze col luogo della manifestazione, oltre a convincermi che ogni turpe incravattato snob non vede l'ora di potersi sfogare su un bel film di menare, aspettando solo la scusante (in questo caso, l'essere coreano) per poter sfogare i suoi istinti repressi.

In L'assassina (in origine era questo il titolo ufficiale da noi, poi non so cosa sia successo nel trasmetterlo sulla Rai) si meno tanto, menano di brutto e a una verta menano pure i bambini. Ma i quattro minuti sono lì che pesano come un macigno e ti chiedi perché? tutto il tempo.

E forse la verità è che Jung Byung-gil ha vinto, qualunque cosa si possa dire sui suoi film, riusciti nell'ardua impresa di farmi uno più schifo dell'altro.

Tra l'altro, lui fece solo sei mesi di scuola di cinema, abbandonandola per diventare stuntman e lavorare coi meglio. Da lì, in puro autodidattismo, si spostò dietro la macchina da presa, iniziando con un film che parlava della vita delle controfigure e quella roba citata all'inizio, che alla fine è piaciuta un po' a tutti, fino ad arrivare a Cannes.

Davvero... che cazzo gli vuoi dire?

Certo, l'inconveniente è che come molti di quelli che hanno avuto un percorso non ortodosso, sente il bisogno di dimostrare di averlo lungo. Nel suo caso, il piano sequenza, da anni il marchio di fabbrica di ogni regista capace. Pensate che pure io ogni tanto filmo la mia uscita di casa a piedi per sentirmi meritevole, e per il regista dal nome psicoanalitico deve essere lo stesso.

Confession of murder iniziava con un piano sequenza, qui c'è pure in soggettiva e col netflixiano Carter ha portato questa sua poetica al limite estremo.

Insomma, Robert Montgomery non sei nessuno.

Nemmeno io mi credo chissà chi e quando vedo dei tizi che combattono con le katane in moto sono grossomodo contento, perché quello che voglio da un film di base l'ho ottenuto. Ricordo, la trama è secondaria rispetto alla messa in scena, e per quanto in The villainess nessuno si aspetti i dialoghi di Aron Sorkin, Jung mi fa capire perché sono sempre stato freudiano, e non per la presenza di altro tipo di sorkin.

La realtà è che questo film non si prende nemmeno troppo sul serio e non ha chissà quali pretese autoriali, ma non è coerente col proprio stesso sviluppo, non sa mai quale registro intraprendere (la storia del matrimonio combinato? Ma davvero?) e pure nella realizzazione diventa quasi altalenante, non sapendo come gestire i vari registri temporali.

E dire che pure John Wick ha smesso di funzionare quando ci hanno messo troppa trama...

Il piano sequenza non serve a nulla se non dà la giusta panoramica del mondo in cui vuoi svolgere la sequenza o non crea la tensione necessaria a rendere più realistica la battaglia, e cercare di dare a tutti i costi una tridimensionalità a qualcosa nato anche per avere un sano piattume concettuale non serve a nulla se non sai gestire delle storyline ridicole a oltranza. 

Jung Byung-gil è un bambino che si diverte con dei giocattoli molto costosi ma sempre di un infante ha anche lo spettro emotivo, e infatti il suo film, per quanto cerchi di andare un po' oltre il semplice menare, non crea nulla di abbastanza diegetico per lavorare sulla concezione della tecnica (il digitale poi toglie molto a moltissime sequenze che potevano essere d'atmosfera).

Sì certo, il film fila via senza troppi problemi, ma bisogna chiudere un occhio troppe volte per farsi andare bene tutto. E a quel punto, preferisco dormire.

Che in realtà mi ci sono anche abbastanza divertito, ma davvero, finisci la visione con la sensazione che poteva essere molto meglio se quelle due ore le sforbiciavano un attimo.

E comunque, nella sua semplicità, uno come Lee Jeong-beom questo Jung se lo mangia a colazione, ma nessuno lo ha mai applaudito per quattro minuti...






Commenti

  1. L'avevo visto anni fa,quando era uscito su Netflix, e non lo ricordo per niente male. Certo, un po' derivativo dai vari Nikita e compagnia, a tratti un po' inverosimile e inutilmente complicato, però avevo concluso la visione soddisfatta.

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  2. Ti posso capire, però rispetto a certe americanate è oro colato, a me moderatamente piaciuto.

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