MORTO PER UN DOLLARO, di Walter Hill

Un cacciatore di taglie riceve il compito di recuperare la moglie di un ricco possidente, rapita da un soldato disertore di colore e portata in territorio messicano... lo stesso luogo dove si è rifugiato un fuorilegge appena rilasciato co cui il bounty hunter ha più di un conto in sospeso. 

C'era un tempo in cui i dinosauri dominavano la terra, padroni incontrastati della natura e di ciò che calpestavano. Poi vennero i terremoti (Valle incantata docet) e il meteorite, che scombussolarono l'ordine naturale delle cose, e adieu bestioni che da piccolo mi piacevano tanto.

La stessa cosa per i registi di Hollywood, a una certa. 

Walter Hill è un regista che non avrebbe bisogno di presentazioni. Portano la sua firma film come I guerrieri della notte, Driver l'imprendibile, I cavalieri dalle lunghe ombre, Danko e Jimmy Bobo. Fa parte di quella generazione della New Hollywood che contribuì a costruire quel grande effetto di nostalgia e revival da cui siamo invasi oggi... insomma, uno dei muratori che ha posizionato i mattoncini dell'odierno immaginario.

Poi ovvio, l'età chiede il conto e l'ispirazione a tratti latita fisiologicamente, senza contare che certi non gli perdonano di aver fatto esordire Eddie Murphy.

Va anche detto che viviamo in periodi strani, dove quelli che hanno plasmato il cinema negli anni d'oro non riescono a trovare finanziamenti... ironicamente, proprio per quell'immaginario che hanno costruito, tra un revival e un remake. Hill infatti, presentando questi film a Venezia, ha detto senza tanti giri di parole che trovare i finanziamenti è stato un miracolo.

La cosa si vede.

Morto per un dollaro - mannaggia, che titolo gajardo! - è un film problematico per una serie di motivi, la prima è che i soldi sono pochi e si vede parecchio, la seconda è che si capisce come la gran parte del budget sia andato via per pagare il cast.

Insomma, Christoph Waltz e Willem Dafoe non sono tizi che si accontentano di spicci, e a una certa sono loro due a reggere interamente il film sulle spalle grazie alla loro presenza scenica e carisma - il secondo, soprattutto, ha un paio di momenti abbastanza memorabili. Quindi a due interpreti di questa caratura ci si aspetta anche una storia che sappia dar loro terreno su cui giganteggiare egregiamente... e qui passiamo all'altro aspetto drammatico. 

Anche se, forse, molti sono stati fin troppo critici verso un film che alla fine è più onesto che mai nell'offrire sé stesso e basta - a un dollaro.

Morto per un dollaro - miseriaccia, voglio riciclare questo titolo! - è un western classico fatto da un regista estremamente classico. Cercando di dimenticare che quando provò ad andare fuori dal solito percorso fu massacrato ingiustamente - Supernova a parte, che è un capitolo a sé, a me Nemesi non era dispiaciuto - Hill qui hilleggia allegramento, firmando qualcosa che odore come "film testamento" lontano chilometri.

Si respira aria di classicume ancor rima di iniziare la visione, il che può essere sia un pregio che un difetto. Perché se da uno dei grandi vecchi non ti aspetti altro, da una parte si sente il già visto, dall'altra invece tutta l'epicità che questo tipo di operazioni portano con sé, specie se realizzate da chi le sa fare.

Certo, avessero i mezzi...

Fin dalle prime inquadrature si ritorna al discorso di cui sopra, della mancanza di fondi, e a ciò che molti non vogliono capire.

Hill è come Spielberg, uno che film brutti può pure farne, ma fatti male no. Non è nel loro DNA. E' gente nata con la mdp in mano e che mangia cinema da tutta la vita. Certo, la differenza tra Hill e il dio del cinema moderno è che quello di The Fabelmans non ha mai avuto problemi a reperire fondi e, per quanto migliore di tutti i budget, la bravura non sempre basta.

I soldi possono permettere anche i movimenti di macchina, guarda un po', e influenza anche tutti gli aspetti tecnici derivativi, tra cui la fotografia. Qui è tutto virato su un tono seppia che mi ha fatto pensare male, ma invece il direttore delle luci è lo stesso Lloyd Ahern II che collabora con Hill dagli anni '90 in poi, quindi non saprei.

Ovvio che tutto ciò si ripercuote anche sulla resa visiva dei momenti salienti, lasciati agli autori che, pori cicci, possono recuperare fino a un certa, se il comparto visivo non riesce a supportarli.

Un film vecchio fatto da uno splendido vecchio che però risulta stanco e fuori tempo massimo, anche per questioni esterne. Un peccato, perché qui lo attendevamo molto e ci sarebbe piaciuto avere qualcosa in più, o che gli fosse stato concesso di darcelo.

A sorpresa, abbiamo apprezzato Rachel "Masiel" Brosnahahan. Ci è piaciuta così tanto che le abbiamo dato un ah in più apposta.






Commenti

  1. Un miracolo che esista, poeticamente poi, trovo molto significativo che il Re della collina abbia scelto ancora una volta il suo genere prediletto, più di questo non si può aggiungere, stima sempre immutata per un regista che sta tra i giganti, ma non viene ricordato mai come merita, forse un giorno, quando sarà comunque troppo tardi. Per ora non faccio paragoni con il glorioso passato, sarebbe un inutile dolore. Cheers

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    1. Si sa che il tempo è galantuomo - il più delle volte - ma il pubblico molto meno. Lo osanna come merita solo chi è "degno".

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  2. Io mi sono divertito da matti nel vederlo: un omaggio scanzonato al western classico, con tutti i cliché volutamente possibili, e con due grandi attori. Non è un film memorabile e non vuole nemmeno esserlo, ma diventerà uno di quei film che, quando passeranno in TV, difficilmente vorrai staccartene...

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    1. Guarda, è più onesto di mille altre robe, ma si vede che gli hanno sparato alle gambe...

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  3. Ho letto pareri tiepidi, ma senza mezzi è dura anche per i più grandi...

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    1. Infatti l'ho ben specificato 🙁 un peccato davvero, gli attori però danno il massimo, quello sì...

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  4. Un Walter Hill è pur sempre un Walter Hill, in questi tempi di magra dei generis.

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Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

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