THE FABELMANS, di Steven Spielberg
Si è trattato di una penitenza più che dovuta, perché vedere questa pellicola è stato come partecipare a una messa presenziata da Dio... con l'unica differenza che questo film ha senso e Spielberg esiste per davvero.
Comunque, puoi essere pure il dio del cinema, il 514esimo uomo più ricco del mondo, colui che ha costruito l'immaginario moderno o uno dei 100 geni viventi per il Daily Telegraph, ma nemmeno tu ti salvi dalla realizzazione di poster di merda. Film belli, a dispetto di quello che dicono i boomer, ne fanno ancora, le locandine invece sono una razza estinta.
Seriamente, grafici bravi che ve li farebbero pure gratis per devozione li conosco. In caso chiamate.
Quello che però puoi concederti è la possibilità di realizzare il pistolotto autoreferenziale, perché, senza girarci troppo intorno, tu sei tu e gli altri non sono un cazzo. Ma siccome sei Spileberg, questo concetto lo traduci in immagini con il solito fare trasognante che ti caratterizza e che ti si fa voler bene a prescindere, il nonno amorevole che vorremmo tutti aver avuto e che ci regala il suo film più personale in assoluto. Quello che per vent'anni non hai avuto il coraggio di fare.
E sì, perché l'idea solletica il nar dall'inizio degli Anni Zero, ma non ha mai trovato il coraggio per il ritratto dei genitori che ne viene fuori. Con le decadi deve aver trovato la formula giusta, perché quello che ho visto nel suo alter ego è sì una famiglia con le sue problematicità, ma anche con tutti i requisiti positivi che caratterizzano le persone.
Tutto a "occhio di bimbo", che è la formula che caratterizza il nostro in ogni suo film, anche il più cupo, ma quello che ho visto non è un film che chiude il passato o mostra dei risentimenti. E' proprio una persona che si racconta, lasciando accesa la fiamma della gioventù che l'ha portato a essere colui che ha fatto sognare tutti quanti.
Perché se è vero che ogni famiglia infelice è infelice a modo suo, qui non ci sono costruzioni astruse o ricerca dello scandalo per dare lo shock. Ammesso che le cose in casa Spielberg siano andate veramente così, quella che ci mostra è una storia come tante.
Solo diretta da lui, ergo, anche la più monotona della vite diventa monumentale.
D'altronde, basterebbe solo la sequenza dove ricrea lo spezzone del film di De Mille (anche qua... si apre con l'ingresso di un cinema e non è un origin-story di Batman, credo sia qualcosa di fantastico) per mandare a casa tutti quanti e far capire che lui piscia più lontano di chiunque altro, per farci capire il suo rapporto col cinema e la voglia di ricrearlo.
E come se non bastasse, non solo si apre con la prima volta al cinema di un bambino, ma prosegue con la sua voglia di fare film, concludendo il tutto con una pellicola che racconta tutto questo. Un cortocircuito enorme che mi ha mandato in brodo di giuggiole, oltre che avermi fatto ricordare a quell'inverno del '96 in cui mia mamma mi comprò la VHS di Jurassic Park e lessi per la prima volta il suo nome...
Tra l'altro, di questo film ne sto leggendo un po' di tutte. Per alcuni è solo manierismo, per altri pecca di mancanza di sentimento e secondo taluni zio Steve ha compiuto un'agiografia della propria famiglia.
Molto umilmente, sono in disaccordo.
Si tratta di un uomo di settantasei anni che ha l'occasione di compiere un intero recap della sua vita su grande schermo, lo stesso schermo che lo ha fatto sognare, dimostrando cosa è riuscito a fare, autocitandosi e dando quell'addio al proprio passato come solo a un grande vecchio riesce. E mettendo in scena i drammi che tutti coloro che hanno voluto vivere di arte attraversano: l'attaccamento alla famiglia, le preoccupazioni dei genitori che vorrebbero stabilità e non una delusione dei sogni (anche qui, nei dettagli il personaggio di Paul Dano è di una bontà incredibile) e tutto quanto.
Non mi interessa che il racconto non sia mai universale, in un mondo in preda a tutinari senza arte né parte che affollano le sale, serve proprio qualcuno che venga a dimostrarci cos'è il cinema e cosa vuol dire farlo, rivolgendo una sguardo ai cinefili e facendo vedere agli altri come lo si diventa in tutto e per tutto, alla meraviglia di vedere un'immagine in movimento e tutto ciò che ne consegue.
Ad essere universali, sono i sentimenti che smuovono le persone.
Lì lo zucchero abbonda un pochetto, come succede sempre al nostro, ma chiude il quadro con un messaggio forte e chiaro lasciato alla bocca di una vecchia gloria del cinema che lo ha preceduto (occhio, è un cameo fantastico): puntare la macchina da presa in basso o verso l'altro, per estremi, mai al centro... mai fare le cose a metà.
Al cinema e non solo.
Non so bene cosa sia venuto fuori con questo articolo, ma è stato il mio Dawson interiore a parlare. Qualora non sia stata raggiunta la chiara del discorso, aggiungo in coda che su centocinquanta minuti di film ho percepito solo mezz'ora.
mmmm... non mi ha convinto del tutto. Fermo restando che, come ho scritto dalle mie parti, Spielberg non riesce a fare film brutti, gli è geneticamente impossibile, io non ci ho trovato tanto coinvolgimento in questo film. Molto manierismo, sì, e non è necessariamente un difetto, ma per quanto mi riguarda emozioni zero. Anche perché Spielberg come al solito "spiega" tutto e appesantisce ogni scena, senza avere più la capacità di stupire come un tempo. Ma l'ormai celeberrimo cameo finale non (mi) basta per farmi piacere una pellicola molto nostalgica ma poco appassionante. Ma che, intendiamoci, riguarderò sempre più che volentieri
RispondiEliminaNon so che dire... A me ha appassionato, ma sono anche mooooolto di parte 🫣
Elimina«...perché vedere questa pellicola è stato come partecipare a una messa presenziata da Dio... con l'unica differenza che questo film ha senso e Spielberg esiste per davvero.»
RispondiEliminaCan i have ad Amen! :-D
LO dico sempre che tu hai il cuore dal lato giusto Genius, il cinema al suo meglio, raccontato dal più grande innamorato vivente di questa arte, possiamo solo essere felici di dividere la stessa aria che respira zio Steven ;-) Cheers
Non ringrazierò mai abbastanza quell'ometto barbuto 🥰 ti dirò, il finale di "Babylon" gli rende un parziale e grande omaggio.
EliminaBellissima recensione, mi ci sono ritrovata alla grande ♥️
RispondiEliminaIl suo film emoziona, commuove, ti fa fare un viaggio lungo una vita, ho scoperto cose che neanche immaginavo a livello di tecniche/trucchi, un amore smisurato che il maestro ha raccontato con gioia. Una famiglia che l'ha contrastato/supportato, ma io in questo film ho apprezzato tantissimo Paul Dano, lo ammiro da sempre!
Un giorno ci guarderemo indietro con nostalgia, ricorderemo questi film e li rivedremo con uno sguardo ancora diverso, in tv qualche sera fa Clint Eastwood ha dichiarato il ritiro dal mondo del cinema dopo il suo prossimo film, già manca....
Quella di Clint è una ferita che mi sanguina forte... ma ero anche pronto a una notizia simile 💔
EliminaIn realtà Clint non ha rilasciato alcuna dichiarazione... è stata la Warner ad annunciare unilateralmente che il prossimo sarà il suo ultimo film (bastardi!)
EliminaAh, ecco! D'altronde lui è immortale ❤️
EliminaMi è piaciuto molto, mi sono commossa guardandolo, ma qualcosina mi ha tenuta distante, forse la troppa referenzialità, chissà. Comunque è un film che riguarderei, magari in lingua originale.
RispondiEliminaCredo che sia anche il sapere la grandezza di chi sta dietro la macchina da presa e il suo mettersi al nostro stesso piano...
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