LA NOTTE DEL 12, di Dominik Moll

La notte del 12 ottobre 2016 la giovane Clara viene bruciata viva da un attentatore misterioso. Il nuovo e giovane capo della polizia e il più navigato collega iniziano le indagini. I sospettati sono molti, ma l'investigazione incappa più volte in un violo cieco...

Di Dominik Moll, regista tedesco trapiantato in Francia (tanto che il paese d'adozione si prende il merito dei suoi film), ho visto solo due pellicole, questa e Only the animals, e già con una semplice doppietta posso dire di aver compreso quale sia il suo stile: storie solo all'apparenza thriller, ma che in realtà sotto la facciata del mistero cercano di indagare l'animo umano. 

Per me è quello che dovrebbe fare ogni storia, ma quando lo dico mi danno del noioso... 

Tra l'altro, come nel film precedente, c'è quella strana atmosfera sospesa che, pur delimitando luogo e periodo precisi (qui in maniera molto netta, per ovvi motivi già dal titolo) la rende sospesa in un limbo che da una parte conferisce leggerezza ma, allo stesso tempo, un'incredibile pesantezza. Non tanto di sopportazione, dato che tutto fila come l'acqua, quanto di peso emotivo.

I personaggi di Moll non sono moll per nulla. A lui piacciono quelli complicati, in contrasto col mondo e il loro ambiente e li ricerca, almeno nelle ultime fatiche, in quei paesi quasi montuosi che per poco non mi hanno ricordato la città in cui vivo, quella sì urbanizzata e moderna, ma circondata anche dalle montagne e da paesi circostanti che inevitabilmente influiscono sulla mentalità dei più.

Il buon Dominik non lascia nulla al caso e ogni particolare nei suoi film è voluto. Anche questo, per un'indagine che parla di un femminicidio e delle donne.

"L'hanno uccisa perché era una ragazza!"

E pare proprio questo l'unico motivo possibile.

Molti hanno azzardato dei parallelismi col fincheriano Zodiac, ma Moll, a differenza del regista statunitense, mette subito in chiaro che non ci sarà mai una vera e propria risoluzione del misfatto, togliendo ogni possibile colpo di scena. Se vi aspettate un film investigativo classico, allora cambiate opzione perché non lo troverete per nulla soddisfacente. Anzi, nell'indagine assume uno schematismo che potrà annoiare e irritare certi, perché dell'indagine il nostro a tratti se ne strasbatte allegramento.

Ci sono solo Yohan e Marceau. E nemmeno per tutto il film.

Il primo di una freddezza apparente, sbloccata ne vedere la foto della vittima da bambina, il secondo così idealista da avere una vita disastrata e quel colpo di testa di fine carriera dettato da una rabbia incontrollabile. 

Due personaggi che da soli, con riflessioni, battute e piccoli dettagli, si portano sulle spalle l'intero film e ne tracciano un manifesto ideologico, barcamenandosi in potenziali assassini che si rivelano unicamente dei beoni di paese, ma nelle cui parole si nascondono tante piccole verità involontarie.

Tutti potevano essere potenziali assassini e tutti potevano avere una motivazione per compiere quel gesto. Dietro ogni figura si nasconde un accenno di una mascolinità tossica e di un maschilismo sociale, che rende tutta l'operazione morbosa e soffocante, aggravata ulteriormente dalla consapevolezza che non si scoprirà mai il vero colpevole di quel misfatto.

Ci sarà solo Clara, il ricordo che si ha di lei in quell'ultima notte e tutte quelle parole che ne seguiranno, anche da chi ha condiviso momenti con lei, in cui si malgiudica la sua sessualità e la si rende unica responsabile delle sue cattive frequentazioni.

E' un film spudorato nelle sue intenzioni, ma l'ho sentito molto meno dello stupefacente racconto incrociato degli spiriti amanti di tre anni prima. Forse perché la morbosità è unicamente concettuale (mera questione di gusti) ma anche per una linearità asettica che si perde in simbolismi accennati (il gatto?) e in un paio di dialoghi fin troppo didascalici.

Seriamente, i dialoghi sono qualcosa che mi ha lasciato perplesso.

Non perché mi voglia appellare al "troppo femminismo" (che, come la ragione, esiste solo nella mente degli idioti) ma quanto per la reiterazione del concetto e a come certi suonino proprio artefatti, se si pensa a chi li sta pronunciando, quando già solo gli interrogatori lasciavano tutta la desolazione umana che una situazione simile comporta - merito anche di un gruppo di caratteristi eccezionali -  e uno sguardo spietato verso i (pre)giudizi che non si fermano nemmeno dietro la più brutale delle morti.

Un finale liberatore ci lascerà con la consapevolezza di tutta la merda vista fino a quel punto, ma anche con il sapere che c'è chi, dalla parte opposta, lotta per rendere il mondo migliore. Io però l'ho trovato quasi astratto dal sentore senza speranza che con un pugno di inquadrature era riuscito a lasciarmi.

Ma a molti è piaciuto anche per quello, pertanto mi assale la sensazione di essere io quello che non ha capito.






Commenti

  1. Film che mi è piaciuto, scandaglia e fa male, un regista femminista l'ho trovato. Film non per tutti, ma mi ha toccato con frasi e riflessioni per niente scontate ma lontano dalla realtà per certi versi, ecco un po' sento l'artificio, un po', credo non sono/siamo più abituati a credere.

    P.S ti ho lasciato una recensione al film spagnolo, non ricordo il titolo, io ho letto il libro "Le linee storte di Dio ".

    P.P.S. Occhio che 'Plan 75' film visto al TFF che ti avevo vivamente raccomandato esce questo mese, credo l' 11. 👋

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  2. Poliziotto fuori dalla norma, il 'credo non siamo più abituati a credere' nasconde da parte mia un certo scetticismo....una forzatura che hai notato anche tu che dà valore ma mi lascia anche incredula, spero che mi hai capita.

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