ATLANTIDE, di Yuri Ancarani

Litorale veneziano, giorni nostri. Daniele è un ragazzotto senza particolari prospettive fissato col proprio barchino, a cui vuole trovare un motore abbastanza potente per vincere una gara. Lo vuole a tutti i costi, fino a...

Anni fa incontrai una ragazza bellissima che scoprii poco dopo essere russa - in tempi non sospetti, non prendetemi per filoputiniano. Non so come mai fosse nella mia città neppure perché ci incontrammo, ma era incantevole. Pur non avendo nulla di particolare che possa descrivere a parole, mi canalizzò sguardo e attenzioni fin da subito. Mi venne pure incontro e per qualche minuto si creò un'atmosfera fuori dal tempo.

Un po' come questo Atlantide.

Il film di Yuri Ancarani è una bestia strana per una serie di motivi. 

Metti come lo metti, ti è impossibile classificarlo. Sta in una dimensione tutta sua che ti coglie in contropiede e solo dopo mezz'ora ti accorgi che hai passato tutto questo tempo a guardare il nulla. Ma un nulla che ti ipnotizza. 

Ragazzini che fanno i tuffi, bimbette che passano in costume, festicciole improvvisate e poi i barchini. Barchini ovunque.

A una certa mi hanno ricordato quegli spokon dove il mondo e i cazzi di chiunque sembrano girare intorno a tal attività sportiva. Come nei Pokémon, ognuno vuole essere allenatore, ogni rete sta sintonizzata su tornei di tizi che farebbero schiumare quelli del WWF, ma nessuno che vuole diventare, chessò, artigiano o uno che sistema controsoffitti. Nessun compagno di giochi per Nathan Falco Briatore, insomma...

Qui abbiamo i pischelletti che se la vivacchiano in questo non-luogo e non-tempo (che sì, alla fine vedremo essere Venezia, ma capiamo si essere in Veneto solo dall'accento di loro), tra momenti quotidiani ripresi con innaturale grazie e raffinatezza, che però non portano avanti nessuna narrazione o particolare background. Ci concedono qualche fuga dalla polizia per nascondere la droga in un momento che fa molto Fast and ostregheta, ma sì, per tutti i suoi cento minuti una spiraglio di trama si sottolinea in appena tre.

Resta solo quel nulla quotidiano in una realtà altra, fuori dalla nostra società, che affiancheranno in un rapido incontro con una nave di lusso che nella notte rivelerà le uniche luci calde, quasi a sottolineare un mondo lontano da loro, giovanissimi abbandonati in un nichilismo a dir poco sfrenato e perennemente in contrasto col loro essere bambini - la droga accostata con le merendine e i succhi di frutta e uno dei tanti esempi.

E poi, sempre loro, i barchini. Barchini ovunque.

Ancarani ha curato regia, sceneggiatura (seh...), fotografia e montaggio per donarci questa sua particolarissima visione, sconfinando nella videoarte per raccontarci una storia di ignoto degrado. Il parallelismo col titolo è quello di una società sommersa che rischia di affiorare dalle occhiate disattente di un mondo e una civiltà che marginalizza senza lasciare spazi o alternative, lasciandosi prendere la mano da un fighettume e da quella narrazione del nulla che, spiace dirlo, alla lunga pesa.

Perché tutto Atlantide sembra qualcosa di magnifico che però rimane sempre lì, in superficie, un vezzo a tratti in grado di farti sentire pure molto intelligente ma che a mente fredda non restituisce altro che sé stesso per il gusto di farlo. 

L'anti-narrativa è difficile da usare e qui Ancarani la abbandona a più riprese con la natura ibrida della sua opera, che nell'essere inclassificabile a tutti i costi perde la bussola più volte. E pensa se stavano in mare aperto!

Mi ha ricordato molto Dark night, film con cui condivide una dilatazione dei tempi quasi esasperante, solo che la pellicola di Sutton, oltre a durare meno - che nella dilatazione di cui sopra aiuta parecchio - si differenziava da una chiusa che formava un discorso preciso e inquietante nella sua brutalità, chiudendo dentro sé stesso tutti gli spettatori. Atlantide si abbandona a un vezzo virtuosistico dilungato all'inverosimile che dopo averti inondato di meraviglia ti ammazza col diabete sperimentalista da tutta questa reiterazione, proprio quando la dilatazione dovrebbe venir meno per conferire il giusto stacco.

Agli amanti dell'alternatività a tutti i costi piacerà come una mortazza fluorescente, io invece, pur rimanendo abbagliato dalle abilità del nostro e apprezzandone il coraggio per realizzare un film così anti-spettatoriale, nonostante l'innegabile meraviglia di alcuni momenti mi è venuto naturale chiedermi il perché di tutto questo.

Solo che adesso voglio un barchino.

Che poi, sapete come mai vi ho raccontato della ragazza? Perché parlava solo russo, nemmeno inglese. Passai quello sprazzo di serata senza capirci nulla e alla fine ce ne ritornammo per le nostre strade. Però al suo viso ci pensai per diverse notti.

Ecco, con Atlantide è stata la stessa cosa.





Commenti

  1. Loro due che passano con il barchino sotto le calle di Venezia , intendo la ragazza straniera che il nostro ha imbarcato ,non ti è parso un po' come di vedere il video di Like a virgin di Madonna -:)))
    Spetta te hai messo Orietta Berti ahaha!!
    Ciao

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    Risposte
    1. Beh forse era meglio "Fin che il barchino va" 😂😅
      Ah, era straniera? Buono a sapersi. Comunque i momenti videoclip erano stranamente più dilatati degli altri. Quello ha una sua forza evocativa, il momento dei gangsta-kid però l'ho trovato destabilizzante... 😵

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Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

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