BARBIE, di Greta Gerwig
Visto il fenomeno che è diventato però non potevo esimermi dal vedermi il suo Barbie e... beh, inaspettatamente, ho qualcosa di positivo da dire: mi ha fatto passare due ore con l'aria condizionata.
Ci sono molti modi in cui si può prendere questo film e, sinceramente, se datagli la giusta importanza, si tratta pure di una visione divertente e ritmata in grado anche di dire qualcosa. Cosa e come intende farlo sono due paia di maniche ben diverse e bisogna opportunatamente fare dei distinguo.
Innanzitutto, sì, si può avere un ottimo film anche da Barbie, perché non conta (quasi) mai quello che sta alla partenza, ma come si intende svilupparlo. The Lego movie non era solo una markettata verso i mattoncini, ma usava la natura intrinseca degli stessi per parlare di legami, rapporti familiari e del costruire insieme qualcosa.
Il cinema stesso è un industria, quindi scandalizzarsi perché un prodotto commerciale è reso un soggetto per il grande schermo... beh, fa implicitamente parte del gioco. Statece. Nemmeno Bergman lavorava gratis.
Quindi sì, è possibile perculare internamente qualcosa che ti sta finanziando, così come cercare di fondare un proprio discorso all'interno di quel circuito. Questo non rende la Mattel un'azienda virtuosa, come ho letto in giro, semplicemente sono temi caldi (almeno nel resto del mondo, qui siamo un po'... come dire...) e da "brava" multinazionale pone il portafoglio dei clienti in quella direzione. I cambiamenti in una società e la sensibilità su certi temi si vedono anche da questo.
La Gerwig rimane quindi liberissima di porre i temi che le stanno a cuore anche in quel contesto senza che questo infici minimamente il suo discorso. Pertanto, tutte le polemiche esistenti su questo versante per me valgono meno di zero. Un po' come il film, vorrei dire, ma ci arriviamo con calma, che di cose da dire ce ne sono.
Capisci poi che è un mondo difficile da tutte le premesse che devi fare a ogni recensione...
La critica maggiore che è stata mossa a questo film è il suo essere eccessivamente didascalico. In realtà, a mio parere, questo è dovuto al suo non avere un vero e proprio pubblico di riferimento. A chi dovrebbe arrivare, alle ragazzine? Ai teenager? Agli adulti? La realtà è che cerca di accontentare un po' tutti, non avendo una vera e propria identità, facendosi poi carico di messaggi pure importanti che in qualche maniera deve far arrivare a chiunque, anche a chi non ne ha mai sentito parlare.
Succede quando il pop entra a braccia tesa nella società. D'altronde, gli X-men servirono a parlare di razzismo, quindi perché Barbie non potrebbe parlare di emancipazione femminile, maschilismo tossico, patriarcato e condizione della donna?
Spoiler: lo fa.
E proprio perché in alcuni momenti gli riesce bene, si tratta di una grossa occasione mancata.
Il film abbraccia la duplice natura di Barbie, da una parte sì modello di emancipazione, ma dall'altra anche schiava di un immaginario di perfezione che da sempre avvinghia la condizione femminile, rendendolo così un personaggio molto più complesso di come potrebbe apparire a prima vista e creandole il giusto conflitto quando viene a scoprire di questa dualità.
Certo, sarebbe stata necessaria molta più cattiveria, molto più black humour in grado di evidenziare le zone d'ombra che emergono. La Gerwig sottolinea tutto col pennarellone dalla punta grossa, ci sotterra di rosa e umorismo, e il messaggio in qualche maniera rimane, ma sempre accennato, senza mai emergere veramente se non a suon di slogan urlati e pieno schermo in maniera esasperante.
Ah, in tutto questo, nel film ci tengono a sottolineare che le fisiche non hanno bisogno di vestitini in quanto tali.
Poi tutt* a scrivere #sentitilibera su Instagram, mi raccomando!
Tra autogol impliciti e discorsi seri (per assurdo, la parte più riuscita è il ribaltamento di Ken) mi sarebbe piaciuto vedere più approfondimento su alcuni temi, spiattellati a schermo "perché sì" e una costrizione del mondo maggiormente articolata. Il film procede, ma l'umorismo si mangia quasi tutto e nulla emerge veramente, resta in superficie, così come il rapporto tra i personaggi della madre e della ragazzina (che sono dark, tutto qui, e non mi dilungo su intuibili battute) e quanto avrebbe potuto dare una vera tridimensionalità a un film che osa molto più di quanto ti aspetti.
Tutto ciò che di più scomodo possa emergere (come le stesse donne abbiano interiorizzato il patriarcato, come venga riversato sugli uomini annullando dentro di sé il concetto di privilegio) viene bellamente annullato. Si accenna in pochi secondi che "pure le donne odiano le donne", ma alla fine resta solo uno spettacolone glitterato.
Ma se porterà qualcuno digiuno di questi temi a informarsi e interessarsi... beh, grazie Barbie.
A suo modo, più importante che bello. Per la prima volta un tale fenomeno si è rivestito di un'ideologia, per quanto stereotipata e for dummies, e forse potrebbe portare davvero all'inizio di qualcosa.
Così magari non sarò più io a spiegare alle donne perché devono ringraziare il femminismo.
Guardate che è mansplain, eh...
"Frances Ha" non era della Gerwig, ma del di lei marito (lui sì che era - ed è - il nulla cosmico!). La Gerwig a me come regista non dispiace, ma questo è certamente il suo film più debole: colpa di una sceneggiatura piena di luoghi comuni e stereotipatissimi, specialmente sul famigerato "patriarcato"... peccato, perchè la confezione è ottima e gli attori tutti bravi e in parte. Il problema è che il film non si "accende" mai, non emoziona e non stupisce. Ad ogni modo, come dici, se a luglio inoltrato un film riesce a fare 10 milioni di incasso, evviva Barbie a prescindere!
RispondiEliminaLei però lo scrisse insieme a lui, era volto e seconda anima, è un'opera del marito quanto sua.
EliminaPer il resto, concordo anche con le virgole.