TATAMI, di Zahra Amir Ebrahimi & Guy Nattiv
La judoka Leila Hosseini prende parte al campionato mondiale di judo, decisa ad aggiudicarsi la medaglia d'oro. Durante la manifestazione però riceve una telefonata: deve simulare un infortunio in modo che la concorrente israeliana vinca, altrimenti...
Un discorso simile credo lo avrete sentito tutti.
Di quelli che l'hanno fatto, quanti hanno alzato il culo per andare a vedere questo Tatami?
Tatami è uno dei film più belli dell'anno e allo stesso tempo uno dei meno chiacchierati, eppure è una pellicola diretta, sincera, efficace e, soprattutto, bellissima. Una di quelle in grado di mettere d'accordo la testa e la pancia, l'intellettuale con la pipa e la giacca di tweed insieme all'operaio coi jeans sporchi e la canotta. Riesce a diventare trasversale con poco, tesissima e pure adrenalinica, anche se i combattimenti sono quello che sono (relegati al realismo della competizione agonistica e alle sue tempistiche) ma allo stesso tempo traino di una narrazione che pur non spostandosi quasi mai dal tatami del titolo, è quanto di più avvincente potrete vedere.
Ma soprattutto, parla della lotta per i diritti (delle donne, anche, ma di un intero popolo) molto meglio di certi mapazzoni spacciati per capolavori. Qui almeno il fine artistico non serve a coprire il rastrellamento dei senzatetto - qualsiasi riferimento alle ultime olimpiadi è del tutto casuale...
Gran parte del cast proviene dal film Holy spider, questo perché gli attori iraniani sono stati esiliati dal paese per via delle loro posizioni antigovernative - lo stesso motivo per cui il film di Ali Abbasi si poté realizzare.
La stessa co-regista Zahra Amir Ebrahimi (che nel film interpreta l'allenatrice) vive in esilio in Francia dal 2008, quando un suo video intimo finì online senza il suo consenso, fatto per il quale è ancora condannata alla lapidazione. Dall'oltralpe si attivò anche a sostegno delle donne iraniane dopo la morte della giovane Mahsa Amini, uccisa dalla polizia religiosa di Teheran perché indossava male il velo, e da allora continua parallelamente alla carriera d'attrice quella di attivista.
Pure la scelta dell'altro regista, Guy Nattiv, non è casuale e segna un unicum in quella che è la storia del cinema: è la prima volta che un regista israeliano e una iraniana si mettono insieme dietro la macchina da presa, fatto che dona alla pellicola un'ulteriore importanza politica.
Qui mi vorrei rivolgere a tutti quelli che sostengono continuamente il fatto che la politica deve stare lontana dall'arte, senza pensare che tutto alla fine finisce per essere un gesto politico...
Ma siccome ho deciso che devo smettere di farmi il sangue cattivo parlando con microcefali, meglio ritornare al film. Un bellissimo film, ripeto, che finisce per fare qualcosa che nell'arte adoro: raccontare una storia anche all'infuori di sé, come nei fatti che vi ho narrato. Questo non lo innalza, ma mi crea un cortocircuito totale di pura bellezza che mi è impossibile ignorare mentre ne parlo.
E poi il blog è mio e scrivo lo stracacchio che voglio.
Motivazione più che valida, dato che ho mandato a 'fanculo gente per molto meno. Figuratevi quando ci sono temi simili, che meriterebbero attenzione e profondità dovute, banalizzati col pressapochismo di persone nate dalla parte fortunata del mondo.
Tatami non è strettamente un film sportivo, ma usa lo sport, tecnica che include il corpo, per parlare dell'oppressione da parte delle donne che si è eseguita anche mediante il loro corpo. È un potente j'accuse (o meglio, من متهم می کنم) contro le leggi di un paese che soggiogano la libertà dei suoi abitanti, contro gli interessi, contro la possibilità di emanciparsi e di essere veramente liberi di crearsi una vita propria con le sole forse che si possiedono.
Sono due donne a sorreggere la narrazione, due donne diverse e con un trascorso simile che confluisce in quello che avverrà nei serratissimi novanta minuti di film (mamma mia, ha pure la durata perfetta!) a creare una battaglia interna nello scontro, metafora nella metafora, con una chiusa degna di questo nome che non sacrifica nulla alla narrazione a favore di altro e non si concede nemmeno a melassosi sentimentalismi, ma rimane ancorato al glaciale cinismo.
Poi sì, c'è anche tutto l'aspetto tecnico, come la regia combinata in grado di unire il realismo più esasperato riesca a concedersi tutte le finezze in grado di guidare la tensione e a concedersi un paio di vorticate durante un paio di scontri, ci sono gli attori e le attrici uno più bravo dell'altra che riescono a ricostruire perfettamente il tormento di coloro che interpretano, con prove fisiche nel senso stretto del termine...
Tanto si può dire, ma la realtà è che Tatami è un lungometraggio con una forza interiore che non si può spiegare a parole, nato dall'esigenza di raccontare una storia che, in qualche modo, ci riguarda tutti, perché dove scegliamo di non poggiare lo sguardo è anch'essa una questione personale.
Perché come c'è chi sputa sudore e sangue sul ring, c'è chi li vomita per davvero nella vita di tutti i giorni, in una parte del mondo che non vediamo, ma dello stesso pianeta che calpestiamo quotidianamente.
Da far vedere a chi parla di "argomenti seri", ai vari Vannacci che minimizzano situazioni in cui non sono competenti e alla fiumana di ignavi che vedono ogni progresso come un'inutile minaccia. A chi si è sporcato la bocca parlando di libertà spropositatamente.
Solo applausi per questa recensione! 👏👏👏
RispondiEliminaAggiungo solo che anche pur non essendo un film strettamente sportivo, le riprese degli incontri sono spettacolari e coinvolgenti come poche altre volte mi è capitato di vedere: la tensione e l'adrenalina ore-gara vengono restituite perfettamente
p.s. proprio l'altro ieri, e proprio in un incontro di judo, un atleta algerino si è rifiutato di sfidare un atleta israeliano ..
Grazie 😎
EliminaSì, i combattimenti hanno il giusto compromesso scenico, e montaggio/narrazione li enfatizzano egregiamente.
Non sapevo invece dell'incontro mancato... 😶
Una recensione cervellotica. Non ho capito molto il fine della recensione, condivido soltanto la denuncia a favore delle donne iraniane.
RispondiEliminaIl fine è solo quello di elogiare un bellissimo film, con tutti gli annessi delle tematiche che solleva.
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