WHERE THE DEAD GO TO DIE, di Jimmy ScreamerClauz

Guidati dall'occhio mefistofelico e nefasto di un cane emissario di Satana, un bambino stermina la propria famiglia, un uomo che rivive esperienze passate tramite un liquido estratto dai morti avrà una stramba epifania e un ragazzo che convive col feto nato morto del fratello gemello si innamorerà della compagna di classe abusata dal padre...

Le cose più assurde spesso hanno origine nelle maniere più impensabili. D'altronde, sapere che l'idea per questo film nacque dopo che l'autore sognò il Diavolo in seguito a una overdose non dovrebbe stupire, ma il fiore all'occhiello dell'intera faccenda è che la suddetta crisi venne scatenata da un'eccessiva assunzione di melatonina.

E che inizialmente doveva essere una parodia di Lassie.

Parodia di Lassie da svolgersi come fumetto ma, giunto a metà dell'opera, l'ideatore Jimmy ScreamerClauz si accorse che avrebbe funzionato meglio come lungometraggio animato. Mr Peakle esiste già, ma Jimmy doesn't know e lo realizza lo stesso.

Il bello è che il nostro James Creamer, questo il suo vero nome, non aveva nessuna esperienza nel campo dell'animazione. Ne aveva però molta in quella della bamba e dell'LSD  e infatti, stando a tutte le interviste riportare, stava fatto come una pigna ogni volta che doveva mettersi a lavoro. La settima arte pullula di leggende, alcune montate ad hoc e altre così assurde da non sembrare vere, ma di questa stranamente non mi riesce di dubitarne. 

Non starò a dilungarmi poi sulle questioni relative all'animazione, mi limiterò a dire quello che si può intuire a una prima occhiata: è davvero scadente, sembra un video della PS2. Non che ci si aspetti di diverso da un solo animatore (non professionista...), ma per assurdo dà un sinistro fascino all'insieme.

Tra l'alto, sfido chiunque a girare scene simile con delle persone in carne e ossa e uscirne moralmente (e legalmente) integro. 

Pedofilia, necrofilia, abilismo, femminicidi e violenza gratuita in una sola botta. È come sentire l'Apocalisse di Giovanni letta da Luca Giurato. Si vocifera che, prima di vederlo, Trapattoni parlasse ancora italiano. Novanta minuti di puro lerciume, visivo e narrativo, animati in questa maniera ai limiti del dilettantesco e ancora più assurdi di quanto già non siano proprio per questo motivo, con tutto il corollario a fare da altarino a questa fiera del putrido. Mancava solo si inculassero i neonati per fare tombola.

Ci si rende conto che una produzione simile poteva vedere la luce al neon solo dell'underground americano, e infatti nel circuito home video ebbe la sua bella fettazza di popolarità ai tempi. Io mi sono apprestato alla visione come un bambino che si aspetta di tutto e, devo dire, tralasciando il fine ultimo (cioè, nessuno) il malatissimo fascino di alcune parti è innegabile.

Estrapolate dal contesto, alcune sequenze entrano nel campo della videoarte e tu non puoi far altro che finire in questo vortice (Annalisa, che ci fai qui?) mai visto prima, perché no, pochi altri hanno saputo eguagliare il livello di follia di queste immagini. Non so se l'assunzione di sostanze psicotrope influisca così significativamente e non sono mai stato un fan delle droghe in generale, ma viene proprio da chiedersi quanto doparsi l'immaginario abbia effettivamente aiutato nella realizzazione.

ScreamerClauz sarebbe ugualmente riuscito nei suoi intenti senza? Questo non lo sapremo mai, l'unica cosa che dovrebbe interessarci è il prodotto finito e, sì, a livelli di follia e delirio siamo a picchi che difficilmente potremo vedere replicati altrove. Se la cosa sia un bene o un male, lascio ad altri dirlo, io mi limito a dire che staccare gli occhi è stato difficile. Non tanto per la meraviglia, quanto per una morbosa curiosità simile a quella di quando assisti dal vivo a uno scontro automobilistico.

Quindi viene il solito quesito: che valore artistico ha una roba simile?

L'arte non deve avere moralità, fini particolari e nemmeno abbisogna di prodigarsi per rendere il mondo un posto migliore. Tutto nella sua vasta cerchia trova spazio, pure questo film, che assume il valore che il singolo sente di dargli. E nel mio caso, è molto basso. Lo dice uno che adora l'eccesso, lo splatter e il patologico, che considera i cento minuti sprecati spesi a vederlo come tra i più folli degli ultimi anni e, di conseguenza, un'esperienza a sé. Davvero, nel campo del cinema estremo può esserci un ideale prima e dopo questo film. Inoltre, da (sedicente) autore, mi ha fatto domandare se io sarei in grado di spingermi così oltre e, nel caso, come gestirei un materiale tanto bollente.

Oltre a questo, nella mia personale scala di giudizio, lo ritengo l'esperimento malriuscito di un adolescente che non ha superato la crisi ormonale. 

Nulla in questo film sembra essere volto a un discorso alt(r)o, la violenza rimane un misero sfoggio e, nella sua pessima gestione di tutto quello che non la riguarda direttamente, spreca delle immagini lisergiche davvero affascinanti che prese a sé sarebbero l'apripista, anche nei momenti più estremi, a qualcosa davvero in grado di trasportare in una dimensione superiore. Viene davvero da domandarsi come sarebbe venuto fuori se a lavorare sul materiale fosse intervenuto un autore più consapevole e uno staff degno di questo nome.

Non lo sapremo mai.

Where the Dead go to die (tra l'altro, che titolo fighissimo e poetico) rimane un violentissimo delirio sotto acidi che potrebbe ispirare solo il teenager che fui, che se ve lo steste chiedendo, non è proprio un complimento. Ma preso per quello che è, risulta irritante e ridondante nel suo estremizzare tutto senza un vero e proprio fine o capacità narrativa.

Non che debba averne e la bellezza, si sa, sta unicamente negli occhi di chi guarda. Ma a parte come gioco alcolico, visione di gruppo con gli amici fattoni o semplice tassello personale come must see della violenza estrema, non trovo altra utilità a questa pellicola.

Che, ripeto, non deve per forza averne.

Però almeno la capacità di trattare la patata bollente che si è deciso di rovesciare dalla pentola, ecco, quello sarebbe stato il minimo.






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