A SINGLE MAN, di Tom Ford


California, 1962. Dopo la morte del compagno, il professore omosessuale di letteratura George Falconer cade in un profondo stato depressivo, tanto da decidere di suicidarsi. Lo seguiamo in quella che dovrebbe essere la sua ultima giornata di vita, durante la quale...

Sei un uomo e ti chiamo Tom Ford. Nasci figo, e pure gay, ma essere estremamente fighi è un vantaggio per entrambe le sponde. Siccome un po' stereotipati lo siamo tutti, da buon gay fai lo stilista, diventando l'uomo di punta di Gucci e Yves Saint Laurent, fino a che il tuo nome non diventa un marchio di lusso e tu non vieni nominato Presidente del consiglio dei Fashion Designers d'America. Andando a scartabellare nel tuo passato si scopre che hai una doppia laurea e sei stato amico di Andy Warhol, mentre il tuo presente è fatto di successo e battute sagaci.

Sì, uno così è nato apposta per stare sul cazzo a tutti, in pratica.

La goccia che fa proprio traboccare il vaso è che costui, dopo una vita costellata di successi, si ritrova a fare il costumista per i Bond di Daniel Craig e lì gli viene lo sghiribizzo di fare un film tutto suo. Indovinate... esatto, gli viene bene pure quello.

L'infame maledetto, giusto per semplificarsi ulteriormente la vita e fare l'umile, decide di adattare il romanzo Un uomo solo di Christopher Isherwood, che non è solo considerato uno dei più bei romanzi della letteratura gay (classificazione abbastanza riduttiva) ma è anche un libro che, nella sua semplicità, riesce a trasmettere un'eleganza e un'asciuttezza senza pari. Una di quelle letture apparentemente semplici ma che tra le parole nascondono molto di più. Proprio per questo farne un film è un rischio.

Il rischio è quello di impantanarsi su una struttura semplicissima. Seriamente, in soldoni tutto il libro è caratterizzato da questo Falconer maltese che gira, si fa le sue pippe mentali e incontra gente. Riassumendo, né più né meno. A valorizzare l'opera è proprio la scrittura di Isherwood, il suo modo di caratterizzare i personaggi e di far trasparire le cose dagli scambi del protagonista con gli altri comprimari, che danno un riflesso del loro mondo e anche del mondo esterno.

Purtroppo gli anni Sessanta non furono solo Woodstock e musica rock. Se anche nella controcultura hippie nascevano le ombre di Charles Manson, il resto del mondo era alle prese con una Guerra Fredda che vide nella Crisi Missilistica Cubana il punto più vicino per arrivare a un conflitto nucleare. L'unica differenza, era che allora non c'erano i social e nessuno poteva dire #andràtuttobene, salvo poi sfilare gli artigli sul caso critico della settimana, ma la sensazione che si poteva respirare per tutto il paese americano era quella di un profondo smarrimento per una realtà di vita che poteva cambiare da un momento all'altro.

Ma ehi, pensate che da quello #nesonouscitimigliori?

Anche il film si basa su questo e, cosa davvero incredibile per un esordio, riesce a gestire alla perfezione la cosa. Tutti i personaggi si prendono il loro tempo, fanno il pistolotto che serve e sottotraccia si sente sempre questa angoscia, per un motivo o per l'altro, dettata dal clima generale oppure da quello che ognuno ha da lamentare.

Perché per quanto il titolo conduca al protagonista, la realtà è che ogni persona è sola in questo libro/film. Ford riesce a tenere con mano ferma una situazione così basilare e a restituire con l'uso delle immagini gli stati d'animo del protagonista, usando colori viranti al seppia per tutto il film e "riscaldandoli" nel momento in cui prova un'emozione in quel suo ultimo giorno di vita. Semplice ed efficace. Così come quel carrello verso l'inizio, che mostra l'entrata di George nel mondo, che facendo rallentare il tutto riassume come la maschera venga portata in un mondo al collasso che ancora non riesce ad accettare la basi di una convivenza civile, sotto la facciata.

Ford inizia egregiamente, ma il passato da stilista non si dimentica. Sono tutti vestiti benissimo (davvero, i costumi risaltano fin troppo all'occhio) e certi momenti, tipo il flashback in b/n sul vulcano, sanno troppo da "spot da profumo". Ma sono difetti da poco per un film che mantiene botta dal primo all'ultimo minuto, cosa ancora più incredibile se si pensa che Ford è quasi un improvvisato in questo settore.

Sto stronzo...

Resta così un film che segue quasi pedissequamente l'opera originaria, che scarnita di tutti i pensieri offre il giusto materiale per un film, ma che vive di vita propria. Un personale inno alla vita, alla riscoperta delle cose basilari senza essere per nulla stucchevole, in un periodo dove questa sembra essere persa nelle incertezze del futuro e dei rimpianti della vita che non si è saputa vivere come si avrebbe voluto. E un occhio, sia per il macro che per il micro, da far invidia a qualunque professionista.

Sì, Tom Ford, è proprio nato per essere odiato. E lo si odierà ancora di più con Animali notturni, il suo secondo film.

Ah, comunque Ford sa anche ridersi addosso. Ha fatto pure la sua comparsata in Zoolander.

Ah, comunque la sua casa di produzione si chiama Fade to Black, come il brano dei Metallica.

Sto infame...






Commenti

  1. Infatti mi è piaciuto più questo che Animali notturni..

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  2. Ho amato Animali Notturni devo assolutamente recuperare anche questo. Comunque Tom è davvero un portento in tutto quello che fa, è davvero ammirevole!

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    1. Infatti è palese che la mia sia solo malcelata invidia...

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