THE COFFEE TABLE, di Caye Casas

L'arrivo del primogenito non sta aiutando la relazione di Jesus con la moglie, il primo troppo mollaccione e la seconda eccessivamente tirannica. Il litigato acquisto di un pacchianissimo tavolino da caffè per il soggiorno porterà a conseguenze catastrofiche che...

La verità è che io avrei voluto questo film mi piacesse. O almeno, mi piacesse molto di più, perché i presupposti c'erano davvero tutti.

Una facezia che si trasforma nella più inenarrabile delle tragedie, di quelle che solo a pensare di trovarmi al posto del poro cristo (detto di uno che si chiama Jesus fa proprio ridere) mi veniva la nausea, un regista che sa quello che vuole, attori tutti in palla, implicazioni non da poco che precedono e seguono il fattaccio... 

Poteva essere il film definitivo. 

Il che non vuol dire sia per forza brutto, ma si colloca in una morbosa e sanguinolenta via di mezzo tutta sua.

Innanzitutto, un avviso: non guardatelo se siete genitori da poco o se state per diventarlo. Io non ho figli e non sono intenzionato ad averne, ma la visione mi ha messo un sinistro disagio che, se spesso adoro quando succede, qui è riuscito davvero a crearmi un'ansia malsana per tutta la durata della pellicola - che per fortuna sfiora gli ottanta minuti e il casino succede dopo un quarto d'ora. 

Tutti gli altri, se amano un certo cinema estremo (anche se graficamente si vede poco o nulla, estreme sono le circostanze e i sentimenti provati) e dell'assurdo a tutti i costi, troveranno qualcosa in grado di soddisfarli. Certo, dipende sempre quello che volete da un film e cosa per voi è in grado di valorizzare una pellicola, perché questo può cambiare totalmente il modo in cui recepirete il film, tanto che in rete si sono formati due schieramenti...

Se privilegiate la tecnica, andate sul sicuro.

Caye Casas, il cui nome mi ricorda una canzone poco nota di Shakira, ne ha da vendere. Davvero, il modo in cui riesce a ricreare la tensione ancora prima che questa accada e, soprattutto, come faccia persistere il climax anche a disastro avvenuto ha un che di miracoloso. Perché l'avvenimento del fattaccio è il pretesto per farci camminare sul filo del rasoio di una sciabola senza mai perdere il focus su quello che si sta raccontando. A questo poi mettete i volti, i silenzi ben assestati, gli effetti sonori (le risate della moglie saranno un incubo ricorrente) e il modo con cui la fotografia gioca coi volti degli interpreti, ed ecco fatto!

Senza mai adagiarsi sulla morbosità del gore, Casas gioca con l'estremo suggerendo, ma lasciando presagire la massima tragedia possibile che porterà in un vortice di totale disperazione. Il tutto, ambientando l'intera vicenda in tre o quattro stanze.

Appurato quindi che è una montagna russa di delirio e angoscia... poi, cosa resta?

Quando racconti qualcosa, devi saper bene quali sono le tue finalità e, soprattutto, come raccontarle. L'esempio più recente è quello di Beaten to death, che poteva essere un grandissimo film di massacro se non avesse volito impregnarsi di una serietà che non possiede e che ha fatto svicolare tutto il racconto. Fury road invece è stato una delle ultime meraviglie assolute, ma non mi direte mica che è un film profondo...

Tecnica e intenti, quindi. Qui gli intenti quali erano? Perché l'accenno a qualcosa di più strutturato, focalizzato e, scusatemi il brutto temine, con qualcosa da dire, c'è. Casas ci mette la maternità tardiva, la pressione sociale sul dover aver figli, il non sentirsi adeguati alla figura genitoriale e la sindrome da Peter Pan che poi si riversa in maniera malsana sul prossimo.

Ah, pure una side-story sulla figlioletta dei vicini che si fa fantasie non corrisposte su Jesus, come se non ci fosse già abbastanza roba per ottanta minuti.

Il risultato finale è che dopo quel folgorante inizio (e una tecnica sopraffina che non molla mai l'osso, questo va detto) si finisce la visione con una sazietà mancata per tutto quello che poteva essere e non è stato. Certo, ci si diverte se avete un umorismo malato come il nostro, ma però quando accennano quelle tematiche, quando Jesus fa il monologo incazzato al fratello e quando intorno al malanno gravitano tutti quei fattori, ci si rende conto che non c'è spazio per tutto e ogni cosa ne esce appiattita, nonostante il grande lavoro tecnico del nostro.

Il che è un peccato, perché le capacità ci sono ma si bitta tutto in una macabra caciare che trasforma in un guazzabuglio quella che dovrebbe essere una tragedia inter-generazionale. E il titolo ripetuto allo sfinimento verso la fine, visto il personaggio che lo dice, perde pure valenza. 

Qualcuno sicuramente lo amerà, e infatti sta avendo un discreto successo tra gli appassionati, altrettanti invece ne rimarranno parzialmente insoddisfatti. Sta a voi scoprire da che parte starete.

Comunque, da segnalare che per una volta hanno realizzato una locandina degna di questo nome. La promozione forse la merita già solo per questo.






Commenti

  1. Al regista ho detto chiaro e tondo che grazie a questo film non avrò mai figli. Si è messo a ridere, il maledetto. Mi aspettavo di più anche io ma sono uscita dalla visione ugualmente pietrificata.

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    1. Beh, è una situazione raggelante anche solo a sentirla raccontata...

      Che screanzato! Avrebbe dovuto dirti che sei intelligente 😂😂

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Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

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