RELIC, di Natalie Erika James

L'anziana Edna risulta dispersa, quindi la figlia e la nipote, dopo una chiamata della polizia, si recano a casa della matriarca per aiutare nelle indagini. La vegliarda però rispunta fuori e, anche se in apparenza sana come un pesce, in realtà non tutto va come dovrebbe...

Scorrono i titoli di coda ed iniziano le sorprese. 

Il film infatti pare essere prodotto da Jake Gyllenhaal, che a frequentare conigli pasquali deve aver preso l'abitudine di far regali, e dai fratelli Russo, che dopo le dichiarazioni di Scorsese devono fare ammenda per aver guadagnato troppo con Avengers endgame.

Sulla regista e sceneggiatrice (con Christian White) Natalie Erika James invece c'è poco da dire, perché questo è il suo esordio dietro la macchina da presa. Possiamo solo affermare che lo fa dannatamente bene con un horror fortemente metaforico e che è australiana, il che ci riporta a una certa omonima di Superman e di babaducchi vari...

Conferma che ultimamente gli horror stanno parecchio bene.

Relic, da non confondersi con quello del 1997, torna alla base tematica del genere, ovvero quella di fare spavento raccontando la realtà. Il tutto senza le contestazioni politiche di un Romero o di un Carpenter (ma anche di un Peele, che tira più un Peele di...), ma di un vissuto che quasi sicuramente qualcuno avrà avuto la sfortuna di attraversare, ovvero quello di una famiglia alle prese con un parente affetto da demenza.

Oh, pure qui mi parlano di lavoro...

Perché se il malessere dell'omonima di zia Simpson è esplicitato già dalle inquietanti riprese iniziali, è l'evoluzione che sorprende, pur con tutti i se e i ma di un esordio, per quanto ben riuscito come questo.

La James non perde tempo e ci spiattella un bellissimo prologo che da solo basta per mandare a casa mezzi horror videoclippari usciti di recente e pure nel proseguo non è assolutamente da meno. Più di tutto, Relic ha il grandissimo merito di abbandonare effettini ed effettacci (e quei cacchio di jumpscares) per tornare a un orrore più viscerale, sentito, prediligendo l'atmosfera al sangue e colpendo anche in virtù della freddezza che riesce a esprimere, cosa che ormai sembra quasi correlarsi a ogni perfezionismo tecnico.

Certo, forse i personaggi ne risentono, ed effettivamente sulla madre e sulla figlia si sarebbe potuto elaborare qualcosina di più.

La nostra sembra concentrarsi prevalentemente sul senso di impotenza e di abbandono che assale in quelle circostanze, quando le inevitabili decisioni devono essere prese. E ci regala una scena, quella della casa di riposo, che riserva una prova attoriale sentita e non da poco. Un piccolo orrore quotidiano e inevitabile.

Emily Mortimer, Robin Nevyn e Bella Heathcote offrono tre interpretazioni in stato di grazie, i visi giusti e le espressioni giuste nei momenti più opportuni. Un triello di attrici affiatate come se ne vedono raramente, per mostrare tre differenti generazioni alle prese con l'inevitabile.

Ma non è tanto nella messa in scena bellissima che Relic ha la sua forza, né tantomeno nello sviluppo della trama, che è prevalentemente suggerito e forse avrebbe necessitato di qualche ulteriore approfondimento nella veste soprannaturale. Ma l'intento della James è proprio tutt'altro.

Alla regista l'horror interessa come tramite, non come fine, Certo, se ne esce un po' frastornati e forse è necessario dare più attenzione ai particolari che al nucleo in sé, ma la verità è che ciò che rende questo film così particolare e ben fatto è proprio il discorso che riesce a fare sull'invecchiare e la paura di farlo.

In quanto horror si parla di morte?

La scheletrata con la toga è forse la cosplayer più gettonata di tutto l'immaginario orrorifico, ma in pochi si sono soffermati su tutto ciò che la precede, sulla paura di qualcosa di così comune ma, al contempo, misterioso, perché si sa che arriva ma lascia del tutto insoluto come sarà il dopo, sia per chi se ne va ma anche per chi resta. Relic quindi tratta non tanto la morte o la demenza, quanto l'accettazione, il passaggio del testimone che avviene d auna generazione e l'altra. Perché se una madre si prende cura della prole, sarà questa poi a doverlo fare negli ultimi istanti di vita della prima.

Forse non il capolavoro detto da tanti, ma "solo" un film riuscito. E un delirio visivo difficile da dimenticare per bellezza, inquietudine e commozione, a riprova che pure gli hororr possono trasformare in fontane.

Poi oh, c'è Bella Heathcote.

Se hai lei e fai un film brutto, la malasorte in parte te la meriti.






Commenti

  1. Piaciuto parecchio.
    La composizione della scena finale mi ha commosso.

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    1. Il finale è qualcosa di incredibile.

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    2. La scena finale è una delle cose più commoventi e intense viste negli ultimi anni e parlando di un horror è un qualcosa di sensazionale.

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    3. Davvero. Come detto, non lo considero un capolavoro, ma molte parti sono davvero sensazionali.

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  2. L'ho apprezzato molto, va oltre i saltelli facili parlando di un tema che fa paura per davvero, avercene di esordi così ;-) Cheers

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