SAINT MAUD, di Rose Glass

Maud è un infermiera che lavora nel domiciliare. Molto devota - ai limiti del fanatismo - e reduce da un passato personale e lavorativo che le ha lasciato dei grossi traumi, si ritrova a prestare assistenza presso un'ex danzatrice e coreografa dalla vita ancora dissoluta. Convinta che tutto quello sia propedeutico per un viatico destinato a portarla alla beatificazione...

Raga, che ci volete fare, sono una persona semplice. Se la A24 fa un film, so per certo che prima o poi lo recupererò. La data poi è tutta un'iperbole perché se tutti parlano in maniera entusiastica della pellicola, i tempi si dilatano, se invece mi citano efferatezze varie allora si restringono drasticamente,

Qui ovviamente si è parlato quasi subito di capolavoro, per poi arrivare a ridimensionamenti postumi, certificando il detto che spesso la verità stia nel mezzo. E non fatemi fare battute volgari su cosa ci sia nel "mezzo" del cammin di nostra...

Non ho mai avuto una grande paura della religione, confesso. Anzi, a tratti mi affascina. Sono appassionato di mitologia e ho studiato per passione diversi culti, passati e ancora esistenti. Però, come diceva Woody Allen, "Non ho nulla contro Dio, è il suo fan-club che mi spaventa". Il fanatismo, quello mi mette una fifa boia, in ogni contesto, quando si parla di religione in maniera particolare. Credo che sia uno dei temi horror per eccellenza, contando che il genere dell'orrore è nato, tra le altre cose, anche per mettere in guardia verso corbellerie di quel tipo. 

Saint Maud lo dice già dal titolo, parla anche del cristianesimo.

Sottolineo anche perché è una particolarità che in molti non hanno colto, perché quello religioso è un tema che accompagna ben altro, pur essendo un finto protagonista, e la regista Rose Glass in questo suo esordio ha voluto mettere in luce molto altro, a tratti molto bene e in altre sfumature in maniera decisamente meno efficace.

Tra l'altro, venne lanciato come un film di possessioni demoniache, quando invece quello che si mette alla berlina è il divenire una santa della ragazza che dà il titolo. Ecco, vi avviso già subito perché questo determina tutto l'andazzo della pellicola.

Diciamo subito che Saint Maud è un film raffinatissimo e che prova ad esserlo in ogni suo secondo di durata - risibile, davvero, poco più di un'ora e venti. Basta solo quel prologo per farci capire che la signorina Glass è una dritta e che sa il fatto suo, nonostante l'esperienza non sia proprio dalla sua parte, e tutto il film si sorregge principalmente su due cose: l'estro registico della nostra e la capacità attoriale di Morfydd Clark.

La Glass regge con occhio fermo, mai troppo esagerato e con un ritmo sostenuto una storia che lavora principalmente di sottrazione. Ci verrà detto pochissimo sulla nostra protagonista, molte rivelazioni saranno fatte da personaggi di passaggio e un indizio molto importante è da ricavarsi in un dialogo. E' un particolare che dice molto, ma resta sospeso, lasciando un vuoto.

La Clark invece regge un intero da film da sola, apparendo prima dimessa, poi provocante e infine quasi inquietante, tutto con la mimica del corpo e le espressioni, senza però mai lasciare intendere tutto il tormento che si nasconde dentro il proprio personaggio. E sta proprio lì, il senso principale del film. 

Perché sì, si parla di religione e di una fanatica, ma quello che mi ha lasciato addosso è proprio il senso di solitudine e di incapacità di adattamento che resta nella vita di Maud.

C'è stato un passato di cui Maud va poco fiera e un fatto non ben specificato che la costrinse a cambiare vita, che le ha fatto abbracciare i cristianesimo in maniera tanto oltranzista che non solo vorrebbe coinvolgere anche gli altri, ma la porta a flagellarsi e autopunirsi nei modi più disparati. Il film ci accompagna in questa presa di coscienza beatificatrice e nei suoi "dialoghi con Dio", che tutto sembrano essere tranne che quello.

Cos'è vero, alla fine?

Il film della Glass gioca costantemente su questa ambivalenza, sempre nella sua maniera raffinatissima, e sappiamo tutti che quando si inizia così bene il problema è proseguire. Si adotta a tratti la classica narrazione-a-segmenti, ci si estranea un attimo dal filo conduttore originario e, diciamolo pure, c'è una specie di confronto col maligno (?) che è una caduta di stile allucinante per quanto sia facilone.

Poi però c'è quel finale.

Lì sta proprio tutta la chiave del film, la sintesi perfetta di un discorso allucinato e allucinante, che mette in mostra l'umano, quello che chiede solo di essere notato nella forma migliore che pensa di avere. Ma nascondersi dietro le fissazione e i fanatismi non serve a nulla, alla fine ci sarà solo la realtà con cui scontrarsi. E la realtà fa male. Anzi, brucia, e rischia di bruciarci definitivamente se ci scontriamo troppo contro di essa.

I fanatici fanno paura, ma anche dietro ognuno di loro si nasconde una persona con la sua storia. Saint Maud ci parla soprattutto di una solitudine e del delirio che una persona lasciata in balia di sé stessa ha portato.

Non il capolavoro annunciato da molti, ma quella manciata di secondi finale non la dimenticherò. 





Commenti

  1. Per essere un film d'esordio, è uno dei migliori visti negli ultimi anni. E quel finale, sì, è davvero indimenticabile.

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    1. A parte qualcosa verso la fine, è oggettivamente gestito molto bene.

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  2. No, decisamente non il capolavoro strombazzato in giro, ma alle voci urlanti in giro ho smesso di credere da tempo, ottimo esordio in puro stile A24, quello si ;-) Cheers

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  3. Non ne ho un brutto ricordo, ma lo avevo visto con tantissime aspettative e non ne era stato all'altezza. Un buon esordio, un po' monco, tipo cortometraggio, però troppo clamore inutile da parte della critica.

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    1. È risaputo che «capolavoro» sia la parola più abusata dell'era moderna. Il che è assurdo, perché porta a restare delusi di quello che è "solo" un bel film 🧐

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