L'UOMO CHE UCCISE DON CHISCIOTTE, di Terry Gilliam

Toby Grisoni è uno stimato regista pubblicitario. Un giorno da un venditore ambulante compra il dvd di un vecchio corto su Don Chisciotte che aveva realizzato quando era uno studente di cinema. L'uomo si ricorda di Javier, vecchio calzolaio che dopo quell'esperienza si è convinto di essere l'eroe di Cervantes, e di Angelica, barista della quale si era innamorato e a cui aveva promesso di diventare una diva...

Esistono solo due cose che si possono vedere dalla luna: la muraglia cinese e le sfighe che ha dovuto affrontare Terry Gilliam nel portare a termine questo film.

La lavorazione iniziò ufficialmente nel '98, con Johnny Depp e Jean Rochefort nel cast (quest'ultimo impiegò sette mesi per imparare l'inglese), e coi suoi 32 milioni di dollari sarebbe stata la più grossa produzione finanziata con soldi interamente europei. A complicare la faccenda però furono, inizialmente, i jet f-16 che passavano in continuazione sul set e, in seguito, un forte nubifragio che distrusse diverse attrezzature e mutò la location scelta. Ciliegina sulla torta, il più anziano dei protagonisti fu costretto a interrompere la collaborazione a causa di una doppia ernia del disco e una prostatite. 

Le (pochissime) riprese derivate da questo bordello produttivo, entrato a pieno diritto come il peggior caso di developement hell della storia cinefila, portarono se non altro alla realizzazione del docufilm Lost in La Mancha... ma la faccenda era ben lungi dal concludersi.

A seguito del disastro le compagnie assicurative si impossessarono della sceneggiatura per poter risarcire gli investitori, cosa che vide Gilliam costretto a cedere la propria creatura. Il nostro però non demorse, e provò più volte nel corso degli anni, riscrivendo il soggetto da capo, a riportarlo sui carrelli produttivi delle major... ovviamente con le solite problematiche.

Per questioni non meglio specificate, forse derivanti da beghe contrattuali con la Walt Disney, Depp fu costretto a uscire definitivamente dal progetto nonostante l'attaccamento dimostrato nel corso degli anni, e Gilliam vide la produzione collassare nuovamente a causa della mancanza di fondi. Si dovette aspettare il 2017 per un via definitivo e, dopo diciannove anni di fare e disfare, finalmente il film vide il buio della sala.

Come se tutto ciò non fosse già di per sé sufficiente, Gilliam ebbe un ictus durante la prima. Sono serio... 

The man who killed Don Quixote quindi non è solo un film, bensì la dimostrazione della tenacia e della testardaggine di un artista che non ha voluto cedere ai ricatti della vita stessa pur di andare a fondo con la propria visione, e il fatto che dopo quasi due decadi esatte lo abbia finalmente "uscito" è stato un evento cinematografico impossibile da spiegare a parole. Proprio per questo è difficile parlarne, anche da parte di uno come il sottoscritto che Gilliam lo ha sempre apprezzato in maniera contenuta, pur apprezzandone l'estro e ammettendone il genio.

Come puoi riuscire a discorrere lucidamente di qualcosa che si porta sul groppone così tanta leggenda, e non solo quella di Cervantés?

Questo è lo specchio perfetto del modo di fare cinema del suo autore. Racchiude tutti quelli che sono i suoi temi cardine, le sue manie e le particolarità che lo rendono un uomo di cinema così eccentrico ed amato nella sua speciale cricca, con buona pace di Zack Snyder che voleva salvare Watchmen da quelli come lui. Ci sono inoltre l'ossessione per la ricerca e il racconto, un implicito omaggio alla settima arte e alle storie già dal titolo, oltre al tentativo di sistemare la propria, di storia.

A rigor di ciò, credo che ci siano due tipi di storie: quelle di pancia e quelle lavorate. Le prime sono imperfette, ma ti colpiscono proprio alla bocca dello stomaco e, al netto dei loro difetti dettati dall'entusiasmo, sanno coinvolgere; troppa sovrastruttura invece a tratti blocca il racconto anche ai più esperti, e si nota quando un progetto è stato rimaneggiato più volte perché finisce inevitabilmente per prendere troppo la testa a sfavore delle parti appena sopra l'addome, oppure è l'autore stesso che ha perso la bussola del tempo originale che gli ha permesso di partorire un certo racconto.

Questa avventura picaresca sui generis si colloca a metà strada, perché la bierbauch che da sempre ha caratterizzato un autore molto più romantico e sognatore di quello che può sembrare si vede tutta, ma le rielaborazioni frenano quella corsa a rotta di collo che sarebbe dovuto essere in origine a favore di un obbligato aggiornamento al cambio di cast e di epoca narrativa.

È un film che non è più solamente mera espressione artistica, ma diventa anche la testimonianza di come Gilliam stesso, un Don Chisciotte che corre verso i mulini a vento della scalogna, sia riuscito nel proprio intento con la solita testa dura che lo caratterizza. 

Forse avrebbe dovuto ascoltare il suo Sancho Panza, perché nel suo confondere realtà e finzione il film prosegue all'impazzata in un finale da mal di testa che, se da una parte riesce a essere bellissimo, dall'altra è come un tramonto ammirato quando si ha il fiatone perché hai voluto vederlo dalla collina più alta.

Gilliam prova a raggomitolare la matassa di tutto il proprio cinema auto-citandosi (e allora nomina anche la tua comparsata in Jupiter ascending, dai...), ma si ha più volte l'effetto di una festa per soli appassionati dove chi non si pippa sul cinema dell'ex Monthy Pyton almeno due volte a settimana sembri non avere un invito. Ed è un peccato, perché tutti i discorsi meta-cinematografici fatti risultano monchi o non approfonditi abbastanza.

Quindi sì, film forse troppo lavorato dopo tutti questi anni di rimandi e soppressioni. 

Poi però c'è il grido di un folle, un cavallo che galoppa e qualcosa di te parte con loro. Perché matti, forse, lo siamo un po' tutti, e serve che qualcuno ogni tanto ce lo ricordi. Magari partendo con un sogno di un'epoca in cui tutto ci sembrava più innocente e idealizzato, al pari dello sciroccato che ha realizzato questo sogno sotto l'acido della fantasia. La sua, la sola che conta.

Rimane sempre un omaggio alle storie da parte di uno che le storie le ha sempre fatte, sapendole fare, e che le ama tutt'ora. È questo il lato che ho apprezzato, ed è questo che mi porto via della sua versione del tòcco più famoso della letteratura.

Le storie vivranno per sempre, anche dopo di noi. 

È questa la loro forza.






Commenti

  1. Fin troppo gentile 😂 e sì, sbilenchissimo, ma con un cuore immenso. Peccato che tra il dire e il fare però ci sia il mulino. Fatto nei tempi e nelle condizioni giuste, avrebbe superato "Brazil" o l'esercito primate. Purtroppo è andata così e, coi suoi pro e contro, è il manifesto di chi non si fa piegare da nessuno.

    RispondiElimina
  2. Ci son voluti più di 20 anni ma c'è riuscito, e gli va il giusto merito, tuttavia neanche altri 20 venti ci vorrebbero per aggiustare un film nato squilibrato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Man parte del suo bello sta anche nel disequilibrio, per me.

      Elimina
  3. Io l'ho amato molto e l'ho amato per i motivi detti da te e da Cassidy nel suo commento. Sicuramente scricchiolante e imperfetto, ma così pieno di vista e di tutto quello che è sempre stato Gilliam e in più con un Diver per me straordinario, che non gli si può volere male in alcun modo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo. Un film che nonostante i difetti vive di luce propria, in un panorama di fotocopie.

      Pd: Holy Diver 😜

      Elimina
  4. Alla fine sicuramente non è uscito come lo avrebbe voluto Gilliam ma a me è piaciuto ugualmente e mi ha aiutata a rivalutare Adam Driver, fino a quel momento conosciuto come "er frignetta".

    RispondiElimina
  5. Molto interessante la tua recensione!

    Io uscì dal cinema estasiato, ubriacato dall'esperienza! Capisco che alla maggior parte della gente piaccia meno di quanto sia piaciuto a me, proprio per le ragioni che hai spiegato bene nel tuo post, però io non posso che amarlo questo film...

    Ne ho pure scritto sul mio blog e sotto la mia recensione ho appena aggiunto il link alla tua! :--)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oh, grazie mille! 😁 a me Gilliam piace, ma con lui ho un rapporto meno stretto di quello dei suoi molti fan. Comunque, ci vorrebbero più autori col suo entusiasmo e amore per le storie, quello sì!

      Elimina

Posta un commento

Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

Post più popolari