LE STRADE DEL MALE, di Antonio Campos


Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il marine Willard viene segnato a vita dalla visione di un commilitone crocifisso dai giapponesi. Inevitabilmente la cosa si ripercuoterà sulla sua famiglia, mentre l'America paga ancora lo scotto con una religiosità che...


Che qualcosa stia cambiando in casa Netflix si è notato già da tempo. La piattaforma non solo aveva assoldato dei registi di culto per realizzare delle opere di maggior impatto artistico, ma dopo I'm thinking of ending things è palese come abbia deciso di alzare il tiro, andando ben oltre quello che può essere il target abituale che fior fior di serie avevano ben fatto intuire.

Un film come The devil all the time (che poi... quanto è bello come titolo?) risulta quindi qualcosa di analogo, anche se non ai livelli di un film di Kaufman. Perché se la trasposizione di Reid aveva comunque quell'aura "fighetta" che sicuramente può attirare un pubblico specifico, questo film di Antonio Campos gioca in un girone a metà che lascia abbastanza straniti.

Un film estremamente classico, quasi fuori tempo, eppure così sporco, così crudele, così fuori luogo in più di un verso, che nel panorama della piattaforma lo rendono qualcosa di davvero ambiguo.

D'altronde pure uno come Donald Ray Pollock gioca in un campionato tutto proprio. Abbandona la scuola fin da giovanissimo, passa decenni in fabbrica e viene notato come scrittore per degli scritti che aveva lasciato in un campus universitario perché voleva solo una riduzione dell'orario di lavoro - si laureò in seguito a 55 anni, a metà tra il primo e il secondo libro.

Antonio Campos invece ha un curriculum decisamente, diverso. Figlio di un giornalista e di una produttrice, ha lavorato sempre dietro la macchina da presa, tra film ed episodi di alcune serie tv proprio di Netflix, cosa che gli ha conferito non solo i contatti ma un occhio a metà strada, senza che una visione offuschi l'altra. E in questo film si vede eccome. 

Il pubblico netflixiano non lo sta amando particolarmente e questo, per certi versi, gioca davvero a suo favore. Perché mi rendo conto che una pellicola che si prende i suoi tempi, chiede di ricordarsi le fila di almeno cinque personaggi principali tutti collegati tra loro, mettendoli di fronte ad efferatezze varie e un clima generalmente molto opprimente, non possa incontrare i favori di chiunque. Contate che si prende i propri tempi per introdurre bene ogni personaggio e il gioco è fatto.

Non si pone minimamente a metà strada e non cerca di accontentare tutti. Va per la propria direzione e mette in scena tutto quello che vuole, senza paura di calcare la mano e non abbondando in splatterume gratuito o altro. Ci mostra così un'America lacerata da un credo puritano che ha condizionato le vite di chiunque, mentre la civiltà post-bellica avanzava, pur essendo ancora ancorata la passato, a quel credo che ha impedito per certi versi il progresso e che anziché difendere dal male, l'ha solo accentuato. Perché è del male che vuole parlare e di come gli uomini lo perpetuano senza volerlo, con naturalezza, perché in fondo è nella natura umana.

Tutti loro sono figli di quel conflitto. Ogni personaggio è quel marine crocifisso che ci fanno vedere all'inizio.

Campos si dimostra abile nel non scendere a retoriche, pur utilizzando un voice over non sempre necessario e che troppo deriva alla materia scritta, e concedendosi delle lungaggini di cui si poteva ben fare a meno, ma il film-fiume regge gli argini e tutto il folto cast di attori è perfettamente calato in parte*. Si cerca di dare il massimo spazio a tutto lo scibile umano, alla sua disperazione e al suo non trovare un senso quando la più atavica delle certezze viene meno. Dio non è più solo un rifugio, ma un'ossessione salvifica per un mondo che sta cambiando ma nel quale bisogna lottare per non impazzire.

Resta così un racconto di crescita con una formazione latente, che viene da sé, con la coscienza di aver ripercorso le orme di chi ci ha recato dolore, tra infanzie negate e vite distrutte, perché ogni strada sembra portare per forza di cose al male più assoluto. Ma con la speranza che, forse, si possa proseguire in meglio.

* chi altri ha riconosciuto Dudley?






Commenti

  1. Dudley riconosciuto, sì, e rivisto anche nella serie La regina degli scacchi: molto bravo!

    Il film l'ho trovato ben recitato e denso, però non so. Mi è sembrato il riassunto frettoloso di un romanzo potenzialmente bellissimo. Forse, una miniserie sarebbe stata più adatta.

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    1. Dici? Io invece ho trovato che certe cose le tirasse fin troppo per le lunghe...
      La curiosità sul romanzo resta, però.

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  2. Insomma mi sembra il caso di sancire il fatto che siamo praticamente sempre d'accordo su tutto :)

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