MADRE!, di Darren Aronofsky
Un poeta e la giovane compagna vivono in uno chalet isolato. A interrompere la quieto monotonia, l'arrivo di una coppia, alla quale seguirà...
Il tutto condito da quel suo stile un po' così, da tizio che si è appena sparato una pista, giustificazione più che legittima per dire di aver visto angeli, santi e tutta compagnia santificata.
Qui invece gli va di genio, e infatti cita Sensualità a corte.
Ok, la smetto...
madre! (sì, scritto minuscolo e col punto esclamativo) fu un film a suo modo assurdo, non solo nell'espressione quanto anche in tutto quello che ne derivò.
Doveva essere il film dedicato a Jennifer Lawrence, allora sua compagna, e come i più ricorderanno con The fountain, quando il nostro decide di fare la sua versione di Sweet child o' mine cinematografica è un disastro (pre)annunciato. Non a caso il film fu un fiasco, tanto da essere fischiato al Festival di Venezia, la carriera di J-Law si arrestò e lasciò il buon Darren.
Diede anche parecchie grane ai produttori, ma forse piangere dopo aver dato trenta milioni di dollari a un film che già sulla carta aveva tutto il necessario per non portare le mandrie nelle sale non so quanto sia stata una buona idea - al di là del risultato.
Ciliegina sulla torta, Aronofsky dovette addirittura dare la spiegazione del film, perché nessuno riusciva a smandrupparci qualcosa da quel delirio.
Credo che quella sia la massima sconfitta per un artista, ma anche per uno spettatore. Infatti tocca mettermi in una posizione scomoda, perché questo film lo recuperai col solito ritardo che mi caratterizza, quando a proposito tutti avevano detto di tutto, sapendo già come interpretarlo.
Indovinate... mi piacque un botto lo stesso!
Ma il tarlo che senza quegli spoiler anticipati non ci avrei cavato un ragno dal buco resta - lo ammetto, non sono il più sveglio della cucciolata.
D'altronde, come si può non amare una grande, strepitosa, travolgente metafora su Dio, la Creazione e la credenza tutta?
Si tratta di un film che ti stranisce fin da subito, che suggerisce che qualcosa non va. E prosegue, assumendo assurdità su assurdità, fino a quel finale delirante che diventa quasi insostenibile per tutto 'accumulo di ansia, tristezza, sporco, squallore che Aronofsky non si trattiene dal mostrare, creando un film respingente ma che finisce per affascinare proprio per questo.
E che valorizza lei, la Lawrence, ritratta come solo l'occhio di un uomo innamorato può fare, dandole veramente una prova che riesca a farla splendere in un periodo dove la sovraesposizione la stava facendo diventare a dir poco insopportabile.
Dio, la Madre Terra, il figlio dell'Altissimo, il Frutto Proibito, Adamo ed Eva, Caino e Abele (notare il genio sul "marchio" del primo), e poi gli uomini, gli adoranti, che per la fede e la Chiesa (anche qui, metafora geniale) hanno distrutto il mondo e subito dopo sé stessi.
Un vortice folle ma in realtà estremamente logico, che porta anche la più ovvia delle conseguenze in quello che è il momento più delirante di tutta la pellicola. Quello che fa più male, che coglie di sorpresa nonostante fosse telefonato, a metafora compresa.
Si tratta di un film perfetto?
Sinceramente, evito il termine capolavoro a priori. Ma qui siamo di fronte a un film fatto per essere amato od odiato, che non prende scorciatoie o mezze misure. A me ha saputo scuotere come non accadeva da tempo, anche di fronte a più visioni, e questo per me è solo un fattore positivo. Specie se nel suo delirio offre un discorso chiaro e logico, pur partendo da un discorso religioso, abbandonando però le questioni quasi propagandistiche che sembravano suggerire il precedente lavoro.
Io l'ho adorato. Ma capisco perfettamente tutti coloro che lo detesteranno, che magari potranno pure averne schifo.
L'importante, come dico sempre, è non lasciare mai indifferenti.
So che lo amano e che lo odiano. Io, ai tempi, rimasi al centro, nonostante ne conservi un ottimo ricordo. Lo rivedrei volentieri.
RispondiEliminaRivisto più volte e non ho cambiato opinione 😎
EliminaSecondo me è una BANALISSIMA metafora su Dio, si capisce dopo cinque minuti come andrà a finire (non lo dico col senno di poi, lo dissi anche a Venezia quando lo vidi in anteprima). Oltretutto ci sono delle scene che sfiorano (anzi, oltrepassano alla grande) il ridicolo involontario. Certo, va riconosciuto a Aronofsky un certo talento visionario, ma in questo caso non basta (per me) a salvare una pellicola fracassona e a volte anche di cattivo gusto. Non inguardabile, ma da qui a dire che è un film riuscito...
RispondiEliminaNon so che dirti. Più che ridicolo, ho colto un cattivo gusto volontario che calzava a pennello. E visivamente un portento.
EliminaIl contesto in cui le mostra però non è dei più, diciamo... appetibili 😅
RispondiEliminaMolto molto bello, ero uscita dalla visione abbastanza sconcertata ma penso sia il film in cui ho apprezzato di più la sopravvalutatissima JLaw.
RispondiEliminaE dire che quando la vidi in "Winter's bone" mi colpì davvero, e non (solo) per l'apparenza...
EliminaNe rimasi davvero sorpreso, non avendo letto niente prima ebbi difficoltà, ma poi svelato l'arcano il viaggio divenne ancor più incredibile, ed alla fine non potevo assolutamente odiare, anzi, però capolavoro anche no.
RispondiEliminaCome sai, "capolavoro" è una parola che uso mooooolto raramente. Questo mi limito a dire che mi è piaciuto un botto.
EliminaIo mi schiero dalla parte di quelli che l'hanno amato e pure molto. Sono d'accordo: il metaforone bisogna anche saperlo fare e in questo caso è stato fatto in maniera molto kitsch per certi versi, ma molto figa per altri (entrambe le cose volute, credo).
RispondiEliminaIl kitsch per me è perfettamente voluto. E proprio per questo non stona affatto.
Elimina