STEAMBOY, di Katsuhiro Ōtomo

Inghilterra, epoca Vittoriana. Il giovane Ray Steam è figlio e nipote di due famosi inventori, in viaggio per uno strano esperimento sull'uso del vapore. Quando arrivano notizie che...

Immaginate...

Siete in seconda superiore e la vostra vita si divide allegramente tra l'ascoltare gruppi metal di dubbio giusto e farvi le seghe. Poi entrate nel vorticoso mondo dei fumetti e, di conseguenza, degli anime, quindi tra una sega e l'altra mettete pure qualche cartone animato. In pratica, lo stesso che facevate alle medie, solo che all'epoca ancora non conoscevate il metal. In questo frangete vedete Akira e la cosa vi segna per sempre, non solo per il manifestarsi di problemi congeniti al polso.

In tutto questo Ōtomo diventa uno die vostri idoli - dopo Joey DeMaio e Ozzy, ovviamente - e volete leggere tutto quello che ha fatto o, in alternativa, vedere. E così' acquistate a scatola chiusa un dvd doppio disco di Steamboy, perché, porca l'oca e tutte le corna del podestà, ci ha lavorato dieci anni, vuoi che sia una cagata?

Lunghissimo preambolo per farvi capire con che spirito affrontai la visione di questo film e la maturità mentale che avevo all'epoca - non che sia cambiata molto, poi...

Steamboy è un anime che vive di una doppia natura, da una parte quella di un prodotto che non ha particolari pretese e che secondo certe logiche riesce a anche a lanciare un proprio messaggio, dall'altra una sboronata tecnica che fa sembrare Tenet un principiante che beve dal biberon per quello che ha significato per l'animazione. Ma soprattutto, è un film che paga lo scotto di essere il costosissimo divertissment di uno che ha  rivoluzionato un intero settore, oltre che ha segnare la storia del cinema e del fumetto insieme.

Lo rivedo sempre con molto piacere ancora adesso, mi dà quelle due ore di svago intelligente a cui non si può dire di no. E poi rimane davvero una meraviglia per gli occhi, credo che nel panorama dell'animazione giapponese un risultato simile non sia mai stato più eguagliato in termini di regia, dettagli delle animazioni e gestione dei combattimenti, oltre che per come la CG sia stata perfettamente integrata con le animazioni tradizionali.

Il problema principale più che altro è la scrittura fin troppo lineare che manca di tutte quelle sfumature che avevano reso tanto prezioso il capolavoro precedente del disegnatore nipponico, con un manicheismo fin troppo eccessivo nello stabilire chi sono i buoni e chi i cattivi, oltre che a una risoluzione fin troppo semplice di quello che poteva essere un finale dalla portata ben più drammatica.

Rimane invischiato nelle sue due nature, con una storia così bambinesca che si sposa con lo stile duro e rigoroso al quale Ōtomo ci ha abituati da che sa tenere una matita in mano, così come le dinamiche nascondono una doppia lettura e una violenza che un prodotto iniziato on un indole disneyana sicuramente non troveremo.

L'anima anarchica e allergica al potere dell'autore si sente flebilmente, ma diventano katsuihiri amari per tutti quando metà del film si può riassumere in un banale, per quanto spettacolare, "Ray fugge", cosa che appesantisce una narrazione non particolarmente brillante che trasforma tutto in una rotto di collo spettacolare ma che a livello emotivo lascia poco.

Resta, come già detto, quello visivo.

Dopo più di dieci anni di distanza non è invecchiato per nulla e dà la pappa al canide ancora a tanti prodotti similari (tra quanto visto, credo che solo Tekkonkinkreet gli dia filo da torcere), ma resta sempre l'amarezza per quanto avrebbe potuto dare in più quella che alla fine rimane una visione piacevole e di - estremo - mestiere.






Commenti

  1. Un po' troppo cattivo forse, sul voto almeno, le tre stelle nonostante tutto meritava, perché sì di più no, visivamente fantastico ma narrativamente problematico.

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    1. Il vero amore lo si vede anche nell'imparzialità verso ciò che ami...

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