VERGINE GIURATA, di Laura Bispuri

Hana è un'orfana albanese che viene affidata a un montanaro. Dopo una fuga d'amore di Jonida, la di lui figlia, deciderà di diventare una vergine giurata, vestendo così i panni di Mark per tutta la vita. Quando si recherà in Italia per incontrare Jonida...

Per chi non lo sapesse, il Kanun è il più importante codice di diritto albanese, la cui tradizione per molto tempo è stata esclusivamente orale per merito dei "vecchi saggi", dato il divieto ottomano di avere leggi scritte. La sua nascita è sconosciuta, ma pare risalente al medioevo, cosa che non influisce invece sulla sua importanza, tale che non differisce nemmeno per tutte le correnti religiose presenti nel Paese - cattolicesimo, ortodossia, sunnismo e bektashismo. Rimase attivo perfino durante la monarchia albanese e ancora adesso viene usato.

Insomma, è come l'indie che va affianco al mainstream, se mi scusate la freddura...

Ne scrisse Elvira Dones, scrittrice e giornalista albanese naturalizzata svizzera, nel suo libro Vergine giurata, dal quale la regista Laura Bispuri ha tratto questo film.

Quando si parla di un paese, spesso si tende a trattare solo gli aspetti più moderni, ignorando che esiste invece un fitto sottobosco (in tutti i sensi, dato che siamo tra le montagne) fatto da realtà più piccole e sconosciute. Sarebbe come immaginare gli italiani come romani o milanesi, o pensare che l'America stia tutta nei grattacieli di Manhattan e non anche in tutte le realtà rurali che sembrano non essere state ignorate solo da un certo ciuffone.

E' da queste realtà che possono essere tratte le storie più curiose, specie anche per il conflitto che si svolge in seno al paese stesso, ma si corre anche il rischio di farne una caricatura.

Qui non avviene nulla di ciò, e si ringrazia.

Quello che mi ha colpito del film di Laura Bispuri non sta solo nella fascinazione del racconto - e grazie ar cazzo, nun so 'na sega de ste storie - ma proprio per la solennità e il rispetto che sembra riuscire a mettere in ogni sequenza e nel conflitto interiore della protagonista, riuscendo ad appropriarsi di un argomento anche interessante per trattare invece un tema al(r)o, non tanto quello onnipresente della ricerca di sé, quanto piuttosto della propria identità.

Hana si ritrova a vivere in un certo ambiente che la porterà a cambiare la propria natura, a rinunciare alla sessualità e alla propria identità di donna, per sottostare alle regole patriarcali che potevano essere adottate in mancanza di figli maschi. Quello che ci viene offerto non è proprio un ritratto dell'Albania, quanto di una sua parte, e più che di esso delle regole che ancora possono influire anche in diversi paesi.

Si affronta così un duplice tema: non solo il confronto da due realtà e sul loro livello di modernità, ma su quanto sia importante scoprire la propria identità senza imposizioni o limiti. E come sia difficile farlo quando si è donne.

Laura Bispuri ci accompagna in questo viaggio con un film che si prende tutti i suoi tempi e se ne frega altamente di avere un ritmo. Anzi, se cercate coinvolgimento o sviluppi particolari della trama state freschi come tra le montagne albanesi, perché è una pellicola che vive di momenti e si sensazioni, riprendendo ossessivamente i propri personaggi alle spalle, alla Aronofski dei tempi migliori, essenziale nella forma e lasciando parlare gli attori coi loro corpi.

Si fa un enorme lavoro coi corpi, perché la storia riguarda anche essi.

C'è il corpo che muta nel crescere e nello scoprirsi donne, così come ci sono i corpi che poco o altro hanno conosciuto di Mark e quello in lenta avaria per le poche cure che può permettersi Jonida, tra il lavoro vero e quello di madre. Ma sono corpi che portano le scelte fatte... per chi ha potuto permettersi di farle.

Modernità vuol dire per forza essere felici, comunque?

La Bispuri pone poco giudizi in tutto, anche nel mostrare le pratiche quasi folkloristiche di una parte del paese rimasta indietro nel tempo, ma riesce a far empatizzare con Hana/Mark per tutta la durata del film, alla sua apparente convinzione e al desiderio di avere quello che chiunque dovrebbe essere libero di poter avere - bellissima la scena mentre osserva le ragazzine correre, struggente con poco.

Ci lascerà così alla fine con un finale apparentemente tronco, ma che segna invece l'inizio di una nuova storia. Non tanto quella di una donna felice, ma quello di una persona che può finalmente iniziare a cercare la propria felicità e la propria libertà.







Commenti

  1. Confesso di averlo un pochino patito, ma è un film indubbiamente molto fascinoso. Spesso i film più faticosi sono quelli che si sedimentano meglio. Ne riconosco il valore.

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    1. Nonostante la lentezza (impossibile controribattere... 😅) non l'ho trovato una visione pesante. Però l'aspetto più "folkloristico" è sicuramente quello più fascinoso.

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  2. Devo vederlo, amo particolarmente Alba (la sua voce, mamma mia, amo) e avevo trovato bellissimo l'altro della regista, Figlia mia. Bella scoperta ai tempi.

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