SOUND OF METAL, di Darius Marder
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Ruben e Lou sono due musicisti e amanti, facenti parte del duo musicale Backgammon. Innamorati e felici, ex tossicodipendente lui e lei reduce da una serie di tentati suicidi, fanno una vita nomade in un camper portando in giro la loro musica. L'idillio si frantuma quando Ruben comincia a sviluppare un'aggressiva sordità, che può mettere fine alla sua carriera come musicista...
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Anche perché in origine i piani erano ben diversi. Il soggetto risulta firmato da Derek Cianfrance - quello di Come un tuono - che si basò su una propria esperienza personale, in quanto batterista affetto da acufene. Poi processi produttivi vari lo costrinsero a rinviare sempre il progetto, fino a che non diresse il film galeotto fra Gosling e la Mendes, che a sua volta lo fece incrociare con lo sceneggiatore Darius Marder, a cui regalò il soggetto.
Sound of metal diventa così l'esordio dietro la macchina da presa di Marder (she wrote... ok, la smetto), che lo sceneggia insieme al fratello Abraham, venendo addirittura nominato agli Oscar per il miglior film e la migliore sceneggiatura originale, ma vincendo solo quelli per il montaggio e il sonoro.
Ecco, il sonoro...
Il cinema se ci pensiamo è prettamente un'arte visiva che nella sua evoluzione si è integrata di mille cose. Basti pensare che un classicone come Singin' in the rain ha basato la propria storia sull'invenzione del sonoro e che all'inizio pure l'arrivo del colore venne visto come un orpello e niente più, salvo vedere poi come lo stesso ha cambiato per sempre il modo di approcciarsi all'immagine - basti vedere film come Hero o molti ritorni al bianco e nero. E certamente anche il sonoro ha cambiato tutto, solo la colonna sonora dona un tono diverso alla scena, se non ci credete, provate a vedere le intro dei due Kill Bill e ditemi se non ho ragione.
Tutto questo pippone per dire che usare il sonoro è una cosa, basare un intero film sulla percezione del sonoro invece cambia un po' tutto e credo che sia croce e delizia dell'intro progetto. Del resto, l'adattamento di un libro come Il profumo di Süskind fece desistere gente come Kubrick e Scorsese, non proprio i primi due gonzi che passavano.
Tra l'altro, poi, il titolo è (volutamente) ingannevole, quindi non pensate di sentire gli Slayer o i Kreator a tradimento perché altrimenti rimarrete delusi.
Mancanza di metallo nella dieta a parte, il film parla dell'avvenire di un qualcosa che blocca la regolare vita del protagonista, persona problematica che ha trovato in quella vita zingara il proprio equilibrio e anche l'amore, e che farà di tutto per poter ritornare alla normalità di prima - ecco, un sentore che in questo periodo ci coinvolge un po' tutti, direi. Non è un film sulla musica, che come abbiamo detto è strettamente marginale, ma un film sull'impossibilità, sulla nuova realtà e su quello che si è disposti a fare per poter ritornare a ciò che ci piace.
Un musicista che diventa sordo, Beethowen a parte, è come un cinefilo che diventa cieco.
Marder utilizza uno stile asciutto e rigoroso, concentrandosi - prevedibilmente - sul sonoro, che non a caso è l'aspetto più interessante del tutto. Incredibile come ogni rumore esterno sia enfatizzato, per arrivare al crudele contrasto con la prospettiva di Ruben. E si arriva poi alla scena più crudele, come al concerto finale, che quello, sì, lo ammetto, è una scena che mi ha quasi fatto sanguinare.
Il problema è tutto ciò che riguarda il resto (davvero, l'Oscar al montaggio non me lo spiego) perché Marder si "limita" a raccontare una storia, senza riuscire a enfatizzare nulla, se non un finale bellissimo, portando avanti però una storia prevedibile e che presenta diversi punti morti - davvero, tagliare una scena avrebbe cambiato qualcosa?
Tutto questo basta a bocciarlo? No, ma rimane solamente un "bel film" come mille altri, e lo sciagurato 2020 ha offerto titoli ben più interessanti sia dal punto di vista formale che emotivo - penso a due bombe come Amulet e Relic - tanto da non capire tutto l'entusiasmo verso un film non brutto, ma che non si eleva in quasi nulla, procedendo su binari fin troppo lineari per farsi ricordare in qualche modo.
Il titolo secondo me è intelligente e intrigante, con un doppio senso che è la chiave del film... depista lo spettatore e lo conduce da tutt'altra parte rispetto a quello che si aspetta (cioè un altro "Whiplash"). Dici che è "solo" un bel film, beh non è poco: io quest'anno di "bei" film mica ne ho visti tantissimi! ;)
RispondiEliminaDiciamo che vedere dei film in generale quest'anno è stato arduo 🤣😜 sì, titolo (e finale, quello da pelle d'oca) a parte, tutto fin troppo didascalico per me.
EliminaSentire il film con le cuffie poi è stato davvero straniante per me, diciamo che si poteva fare meglio questo sì, film didascalico e superficiale ma comunque con un cuore.
RispondiEliminaComunque a me Relic è piaciuto meno..
Sentito pure io con le cuffie 🤣 sì, davvero straniante.
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