FIRST REFORMED, di Paul Schrader

Ernst Toller è un pastore protestante che, dopo il matrimonio fallito per la morte del figlio in Iraq, conduce la prima chiesa riformista. Mentre il 250esimo anniversario della fondazione si avvicina, viene avvicinato da una donna, il cui marito, fervente ambientalista, non vorrebbe che lei porti a termine la gravidanza perché non vuole far nascere il figlio in un mondo che sta venendo gradualmente distrutto. Tutto questo, insieme alla crisi spirituale del religioso, porterà a...

Chiunque abbia una qualche ambizione artistica vorrebbe segnare la storia, ma nessuno pensa poi a cosa significhi davvero portare sulle spalle il peso di una simile nomea. Chiedetelo a Paul Schrader, che dopo aver scritto robetta come Taxi driver, Toro scatenato e L'ultima tentazione di Cristo per Martin "più grande regista ancora in vita" Scorsese ha dovuto destreggiarsi sotto il peso di questi suoi lavori passati.

E qui possono partire una serie di critiche a non finire, perché ognuno è libero di gestire la propria vita come meglio crede, ma io preferisco tacciarmi perché al posto di Schraddy avrei fatto il Salinger della situazione, ritirandomi in una villa con blackjack e squillo di lusso (- cit.) fino alla fine dei miei giorni. 

Per quanto si voglia ciarlare, Schrader in realtà non è mai sceso da quella macchinina gialla, o non ce l'hanno mai fatto scendere. E ci vuole molto autoconsapevolezza per non finire in un vortice onanistico quando la tua penna ha firmato dei simili capolavori che ti segnano a vita: iniziar qualcosa di nuovo sapendo che dovrai dare sempre di più in un certo senso, che dovrai superarti in quanto a violenza, a disagio, a trovate esagerate... Toller per certi versi è a suo modo un Travis Buckle, traslato in un altro ambiente (lol, poi ci ritorneremo), e sta qui proprio l'aspetto più interessante di questo First reformed.

Schrader si ritrova in quell'età dove si cominciano a fare i conti con quanto fatto, dove il pensiero inevitabilmente va a finire proprio "da quella parte" e cominciano dei processi che ti fanno mettere in discussione quanto fatto prima.

Serve far trovare alla propria arte qualcosa di nuovo, altrimenti l'effetto rischia di essere quello del metallaro sessantenne che continua imperterrito, credendosi figo e ribelle come a vent'anni. Stessa cosa lui, che qui passa inevitabilmente anche attraverso la fede, dandoci un film mai accondiscendente, che non zucchera mai la pillola e offre una visione piuttosto disincantata del mondo. Non senza passi falsi eh, ma First reformed rimane una pellicola sbagliatissima sotto molti punti di vista e bellissima per altri, cosa che la rende una bestia strana anche in una produzione che non è mai stata canonica. 

Parliamo di fede... e cos'è la fede se non il cercare delle risposte verso il creato, dove la scienza non potrà mai arrivare - per il momento? Il quesito per eccellenza è da dove veniamo, mentre invece possiamo vedere coi nostro occhi io mondo che calpestiamo tutti i giorni.

Il film si basa proprio su questa dicotomia, perché alle naturali e diegetiche domande circa lo spirito, Schrader si accolla anche quelle ambientaliste. E' proprio qui che la pellicola diventa qualcosa di stranamente indefinibile, perché se da una parte è naturale l'aspetto umano, altrettanto e lapalissiano diventa quello ecologista.

Il nostro quindi è più interessato a esplorare l'aspetto esistenziale o quello della denuncia?

Mentre la sua trasformazione in Greto va avanti, il film mete a segno alcune cose e ne lascia in sospeso altre, come spesso accade agli ibridi dalla doppia natura - e giù di doppi sensi involontari. La natura umana è forse quella di porsi interrogativi, la natura invece sta andando in vacca e per colpa nostra. Anzi no, bovinamente vanno anche le vite di TUTTI i personaggi, protagonista in primis, che nel suo dirigersi repentinamente verso la morte (scoprirà una cosa molto brutta su di sé...) e avendola vista attraversargli la vita, diverrà un grossolano doppelganger del nostro stesso pianeta nel suo incessante cammino personale verso una fine certa.

Prendendo ispirazione dell'Ida di Pawlikowski per il taglio della fotografia - e la sorpresa più grande sta proprio qui, per me - Paoletto bello realizza una pellicola estremamente personale, la demarcazione definitiva della vecchiaia che sta giungendo. E forse anche per questo, proprio un film senza speranza, che toglie ogni possibile barlume di felicità con un trucco che ha fatto molto discutere e che lascia aperti molti più interrogativi di quelli che solleva nel proprio proseguire.

Abbiamo una storia che prosegue lentamente, senza troppo clamore, un climax perpetuo fino all'annuncio di ciò che succederà. Nel mezzo, una scena inusuale nella produzione nel nostro, onirica e bellissima, che poi deflagra in una maniera così ovvia e palese in quello che vuole raccontare da diventare quasi pesante, dato che le due metà (quella spirituale ed ecologista) si sommano in una maniera così preponderante da ribattere quella doppia natura mai chiarita di cui sopra. Ed è questo che appesantisce un film che non promette cazzotti e salti mortali, ma che offre una specie di confusione. Un mostrare, come fu per l'America notturna del tassista, un'umanità dispersa e in preda all'avarizia, spirituale e materiale che sia.

Ci sarà solo quell'effusione finale, che impedirà la catastrofe di un novello Cristo al patibolo. Ma sembra volerci dire che nulla di tutto quello è possibile, che tutto potrà interrompersi perché non c'è abbastanza tempo, perché nemmeno il tanto decantato amore potrà salvarci dall'ineluttabile che abbiamo scatenato noi stessi. 

Un film cupissimo e senza speranza... ma che non spicca mai il volo per questa sua duplice natura, che appesantisce una materia già non molto semplice di suo, fiaccata da metaforoni ma anche da trovate bellissime.

Ed Ethan Hawke non l'ho mai visto così bravo!








Commenti

  1. A me era piaciuto parecchio. Sottile ma chiaro, scomodo e capace di fare riflettere su troppe cose che diamo per scontate e che affrontiamo con superficialità. Lui, poi, è semplicemente grandioso, sì.

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    1. In teoria l'ho apprezzato pure io (quel finale, poi...) ma in generale l'ho trovato davvero poco coeso :/

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  2. Stavolta giudizio unanime al mio, purtroppo non mi ha convinto, e la poca coesione condivido.

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    1. In genere è stato molto apprezzato, noi siamo una piccola minoranza... 😅

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Ragazzi, mi raccomando, ricordiamoci le buone maniere. E se offendete, fatelo con educazione U.U

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