TITANE, di Julia Ducournau

Dopo un incidente automobilistico in tenere età, ad Alexia è stata impiantata una placca di titanio in testa e ha iniziato a sviluppare una morbosa attrazione per le auto. Vent'anni dopo è una spogliarellista per le fiere automobilistiche con un folto seguito. Il suo amore per i motori è tale che, dopo aver ucciso unf an invadente, ha un rapporto con una limousine e... 

Anni fa il film Raw aveva fatto sgrillettare i cinefili di mezzo mondo perché, è risaputo, tira più un film d'oltralpe che tutte le vacche della Polonia. Eppure a me di quell'excursus nel cannibalismo era rimasto davvero poco, anzi, quasi nulla, tanto che a una certa ho quasi pensato che il problema fosse unicamente mio. Eppure continua ancora a distanza di anni a  mietere proseliti, tanto che l'autrice, Julia Ducournau, adesso ha vinto la Palma d'Oro a Cannes con questo Titane

Insomma, devo chiedere consiglio: qualora dovessi provarci con lei, come posso fare a glissare elegantemente sul fatto che i suoi film non mi piacciono?

Epppure ero partito con le migliori intenzioni, credetemi - ho messo pure tre p per rimarcare il concetto. I presupposti perché mi piacesse c'erano tutti, ovvero tette esagerazione, un soggetto ai limiti dell'assurdo, sequenze oniriche, personalità deviate, violenza assortita e anche un manierismo di regia che non si può non apprezzare.

E pure molte tette, anche, non neghiamolo.

Ma non è scattata la scintilla. O almeno, per un attimo c'è stata, in quei primi quaranta minuti che mi hanno tenuto incollato allo schermo (ah, questo è un film che per magniloquenza visiva e sonoro va assolutamente visto al cinema!) come non succedeva da un po', che ti fanno scatenare dentro un "Ma che c@##o sto guardando?" eppure non riesci a distogliere lo sguardo, anche quando la violenza si fa insostenibile, anche quando ogni cosa sfugge alla comune logica, quando non c'è una cosa positiva che sia una, proiettandoti in questa realtà così simile alla nostra ma dove ogni cosa che possa portare un minimo di luce sembra essere bandita.

Ecco, fa proprio quello che dovrebbe fare il cinema e tutta l'arte: stupire, anche, ma soprattutto trascinarti in una realtà altra, diversa, che non corrisponde a nulla di quanto visto prima ma che risponde a logiche proprie - o così ti sembra.

La Ducournau (credo che imparare a scrivere correttamente il suo nome sia una prova d'amore sufficiente...) ha una mano fermissima e sa come girare, passa dalla rigorosità del film precedente, aiutata dall'esperienza e da un budget degno di questo nome, creando delle vere e proprie meraviglie con la macchina da presa. Intere sequenze lunghissime, dove a farla da padrone è l'accompagnamento musicale e sonoro, elementi che danno alle scene di violenza quel tocco in più in grado di renderle davvero insostenibili, come se l'efferatezza da sola non bastasse.

Ma soprattutto, è la sua capacità di mostrare l'assurdo come se fosse davvero reale e quasi naturale. Più il film esagera, dando segno che alla brava Julia piacciano un altro tipo di cannes, più tutto sembra essere al proprio posto. Quei primi quaranta minuti sono una lunga corsa campestre fatta con tutte le proprie forze, stimolante quanto vuoi e anche appagante a livello fisico.

Poi ti fermi e hai il fiatone.

Ecco, credo che Titane sia un film nato apposta per dividere anche in virtù di questa doppia natura che inevitabilmente si fa sentire in una parte centrale che tira tutti i fili, incontrando pochi nodi. Quando deve necessariamente fermarsi, la Ducournau ha delle enormi e palesi difficoltà a gestire con la stessa energia il proprio soggetto. 

Alla fine Titane parla della ricerca d'amore di due persone deviate, due menti malate che hanno fatto del sentimento per eccellenza una deformazione: una perché non l'ha mai ricevuto, mettendo nella propria vita lo stesso vuoto che sente dentro di sé, e un'altra persona che l'ha perso, il cui dolore è tanto forte da credere a una palese bugia che racconta principalmente a sé stesso. 

E' un film sul corpo, quello deformato perché deformato è anche l'interno, e quello che non accetta il passare del tempo perché è tempo trascorso dentro una bugia. Ma sempre dall'interno nasce qualcosa che può mettere in pace tutto, e ciò che è fuori potrà fare la sola cosa giusta, accettare il bene e tutto l'amore che compete.

Tutte bello eh, solo che si dimentica che tutto passi attraverso delle uccisioni e che questi impulsi vengano bellamente dimenticati mano a mano che il film va avanti, così come l'attrazione verso le macchine - che rimane solo un momento cringe a sé - sia solo un collante per dare un senso alla sfumatura body horror che prende in certi punti. Quelli più riusciti, ovviamente, di un film che quando smette di volare fa dei planeggi davvero maldestri e quasi irritanti, pur avendo molto da dire. Ma serve fare attenzione quando si tocca materiale che scotta così tanto, perché anche la lega più resistente non è immune a tutti gli agenti atmosferici e le forze che possono provocarla.

E non bastano due facce da cinema come quelle di (Barry) Lindon e della Rousselle (madò, che volto incredibile) per risollevare tutto. Il che è un peccato, perché dà tanto, ma non sazia. In una maniera molto artistica, ma sempre di appetito che rimane si parla. 

Forse la mia e quella Julia "guardate quanto sono stramba" Ducournau sono due solitudini che non si incontreranno mai...






Commenti

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    1. Sono uno dei pochi che non si è strappato i capelli 😅

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  2. L'ho visto lo scorso weekend ma non riesco a scrivere niente... è un film più complesso di quello che immaginavo. Comunque mi è piaciuto, non posso negarlo. Certo non è Cronemberg, però devo dire che mi ha emozionato: il finale è potente e doloroso, ti entra dentro. Eppoi bisogna dare atto ai francesi di essere specialisti nel sapersi fermare sempre un attimo prima del ridicolo. Pellicola delirante ma mai trash. Io la promuovo.

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    1. Ci sarà sicuramente qualcosa che non ho compreso, ma quel finale... tutto molto bello, ma per quanta dietrologia ci possa essere, lei rimane un'assassina. Cosa che viene bellamente dimenticata.

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  3. Capisco il punto Genius, eppure io l’o trovato un film in movimento anche nel secondo atto dove la trama rallenta. La parte serial killer e l’attrazione per le auto passano in secondo piano perché Alexia si nasconde e cela la sua identità, magari ho capito male io, ma mi è sembrato che il personaggio avesse superato quelle fasi della sua vita. Intatti tutto il primo atto del film è un continuo di dolori e sofferenze inflitte e auto inflitte. Hai capito? Auto perché… Ok la smetto! L’ho trovata un’evoluzione abbastanza naturale del personaggio, una parte del suo percorso se vuoi. Certo, Julia Ducournau è ancora nella fase “Metaforoni” della sua carriera, però devo dire che come mi succede con Cronenberg, a me questa roba ‘de panza mi prende, ma forse sono più contorto di quello che credevo ;-) Cheers

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    1. In fatto di contorcimenti mi sa che facciamo a gara 🤣 comunque davvero, irritazione pura, etica e semantica. E basta con 'ste gravidanze salvifiche...

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