ULTIMA NOTTE A SOHO, di Edgar Wright

La giovane e ingenua Ellie vince una borsa di studio per poter andare a studiare a Londra in una prestigiosa accademia di moda. L'inizio nella metropoli non è proprio idilliaco, ma le cose iniziano a farsi torbide quando ogni notte la nostra inizia a sognare gli avvenimenti accaduti all'aspirante cantante Sandie, indagando così su un crimine avvenuto nel passato...

Se parliamo di trilogie, ci inchiniamo solennemente a Peter Jackson e George Lucas. Quelli a cui piace la droga pesante spolvereranno i santini di Park Chan-wook e quelli che fumano la pipa allestiranno gli altarini a Kieslowski, ma coloro che hanno il cuore dalla parte giusta penseranno subito alla Sammontana e al loro Cornetto. Perché c'è una trilogia che deve il nome alla casa dolciaria e che ancora tutti noi ricordiamo e porta la firma di Edgar Wright.

Ergo, cospargendoci il capo do cenere per quello che poteva essere stato Ant-man, ogni volta che quell'inglese fa qualcosa, io mi appresto ad avere un po' di crema di crema alla Edgar (Wright).

Diciamo anche però che una Trilogia simile (la T è maiuscola apposta, sia chiaro) porta dietro di sé un certo peso, perché l'eccellenza che Wright ha saputo dimostrare è qualcosa di incredibile. Non solo ti pisci addosso dalle risate a guardarla, ma hai davanti agli occhi una lezione di cinema per come riusciva a sviscerare il concetto stesso di genere, senza mai farti smettere di ridere, e riuscendo addirittura a parlare di crescita, infanzie mai del tutto finite, uscite dalla comfort zone e abbandono dei vecchi stilemi con cui siamo cresciuti. Tutto questo, senza prendersi mai sul serio e rimanendo sempre cazzaro fino al midollo, come solo i migliori possono permettersi.

Dopo?

Beh, nel mezzo c'è stato quello Scott Pilgrim che ho trovato un clamoroso passo falso (seriamente, riso per sbaglio a una battuta ma perché pensavo ad altro), poi Baby driver che era un film di una tenerezza disarmante ma da cui mi aspettavo leggermente di più - ma qui è un discorso di aspettative, avevo davanti una bellissima storia, senza nessun sottotesto annesso come nelle opere precedenti.

A questo giro sembrava che, già dal trailer, Edgar volesse puntare i riflettori e gridare "Ehi, folks! All the eyes on me. I'm back, bitches!"

E Last night in Soho dà enormi soddisfazioni nella prima parte. Grandissime soddisfazioni. Ti coglie un po' in contropiede, con quell'inizio calmo e quasi classico - a tratti forse fin troppo didascalico, se proprio vogliamo trovare un difetto a tutti i costi - per poi portarti in un mondo e in un modo di fare cinema incredibile. Abbiamo tutto quello che serve, la fotografia da kolossal, i movimenti di macchina che fanno bagnare ogni cinefilo e i piani dimensionali gestiti con una raffinatezza e una fluidità che farebbero l'invidia di chiunque. C'è pure l'omaggio al divismo dei tempi che furono, una chicca per un epoca da revival come questa, che male non fa quando è usata così bene, ovvero quando l'intero film non è succube di queste trovate nostalgiche.

Insomma, sembra che Wright voglia dimostrare quanto ce l'ha grosso, indossando pure i pantaloni aderenti per far vedere il gonfiore del pacco. E su questo aspetto non delude perché il film è una trovata registica dietro l'altra, senza dimenticare una chiarezza e un'accessibilità per tutti, ma sciorinando idee a non finire e a profusione, riuscendo a usare il meglio di ambo i generi che vuole sfruttare per la maggiore.

Ma, sempre a proposito di Trilogie, un professore suo conterraneo ci ricordava che "non tutto è oro quel che brilla". E infatti le magagne del genio-tipo arrivano nella seconda parte, quando l'indagine su più fronti temporali ha luogo...

Parla di tante cose, questo film. C'è l'abusatissimo tema del doppio, ma anche il lasciare il proprio passato (qui in duplice veste, forse la parte meno riuscita) e lo scoprire la vera natura di sé, le proprie potenzialità. Temi enormi che vengono fagocitati da una veste magnifica ma che a tratti sembra mangiarsi tutto il film, che poteva essere L'inquilino del terzo piano e si limita a essere Le verità nascoste.

Wright sa quello che vuole raccontare e come farlo, ma il districarsi della trama mostra dei limiti di scrittura che offrono solo uno spettacolo risolutivo in veste piuttosto sempliciona, e una storia con tutte quelle potenzialità finisce per essere sfruttata solo in larga parte, riducendo la fine a una vendetta-zombie-spiritica che allaccia tutti i pettini, forse in maniera vagamente prevedibile, lasciando soddisfatti come un piatto che sazia ma al quale personalmente avreste aggiunto un po' più di condimento.

Chiariamoci, Wright nel suo campo non è assolutamente secondo a nessuno, ma paga lo scotto di tre film in cui aveva esplorato oltre ogni confine il genere e nello stare in uno solo sembra avere delle palesi difficoltà. Ma un film non del tutto riuscito fatto da lui, rimane comunque grande cinema, quello che la sala riesce a offrire con le proprie massime potenzialità e che del media sfritta ogni possibile stratagemma. Forse il cervello reclamerà qualcosa di più, ma cuore e pancia sono serviti a dovere.

Ti dà l'amarezza di qualcosa che poteva essere grandioso, ma anche la dolcezza di tutto il bello che il cinema può regalare a chiunque. Classico, con tutto il meglio e il negativo che questo termine può restituire, ma ampliato a dismisura nei lati positivi.   

E due attrici protagoniste magnifiche per motivi opposti. 







Commenti

  1. Io l'ho amato dall'inizio alla fine. Questo weekend ho avuto modo di riascoltare la colonna sonora e mi è salita una voglia pazzesca di riguardarlo.

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    1. Lo ammetto, la colonna sonora sono andato a riascoltarla 🤣😅 tutto molto bello, indubbiamente... però la sensazione che poteva alzare l'asticella è rimasta. Poi oh, tutto svolto con la solita classe.

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  2. Operazione ruffianissima e stilosa, che sopperisce a evidenti lacune (voragini?) in fase di scrittura. Ma il risultato finale è decisamente adorabile :)

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  3. Avevo indovinato i passaggi del film che non sono stati di tuo gradimento, ormai ti conosco ;-) Lo comprendo in pieno, però anche Bava e Argento non avevano nella scrittura la loro parte migliore, eppure ti dirò, lo adorato anche perché può portare tanto bel cinema del passato, al pubblico di oggi, senza risultare una spocchiosa lezioncina. Cheers

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    1. Mi rendo conto di essere una persona prevedibile 😅 sul resto, concordo.

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  4. a me è piaciuto molto :)
    la prima parte nettamente superiore alla seconda ma cmq bellino

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    1. Lo è, infatti, pur coi suoi difetti. Ma avercene, di film "difettosi" così 🙃

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  5. Ancora non l'ho visto ma mi solletica molto.

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    1. Vale sicuramente tutti i minuti che dura, al di là di tutto.

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  6. Vero, praticamente identici!

    Hai anche scritto quella cosa del divismo, secondo me molto importante e che trascende il film e lo porta tra tutte quelle ragazze che sognano di essere Anya ;)

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    1. Poi vabbè, sono l'unico a non stravedere per lei ma ok 😅

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  7. L'anonimo ero io ma non so perché il commento risulti anonimo :)

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  8. Una bellissima confezione, ma poco altro.
    Mi ha divertito, ma senza disturbarmi. Impossibile non pensare a Repulsion, e non paragonarglielo.

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