THE HOUSE, di Emma de Swaef, Marc Roels, Niki Lindroth von Bahr e Paloma Baeza

Una famiglia di contadini viene omaggiata da un anonimo benefattore, un topolino imprenditore ristruttura una casa per poterla rivendere a discapito di coinquilini indesiderati e una gatta che abita in un'abitazione isolata dopo un alluvione... tre storie collegate da un fil rouge domiciliare in diverse epoche e mondi...

E insomma, ci risiamo. Netflix - che, garantisco, non mi paga per parlare bene di quello che produce - porta a segno un altro colpo. Non uno di quelli di punta, magari, ma comunque un progetto molto interessante che su di me ha sicuramente facile presa. Perché non solo sono un grande fan dei cartoni animati, ma sono un vero e proprio cultore della stop-motion, che è proprio vero e proprio motore cardine di questo film.

Ah sì, poi anche del disagio. E vi assicuro che qui di disagio ne abbiamo proprio in abbondanza 

Tutto parte dalla mente di Enda Walsh. Per quanto il suo nome non dica nulla ai più (nemmeno a me, lo ammetto) lei è una scrittrice irlandese molto attiva in campo teatrale. Al proprio attivo ha più di trenta produzioni, una delle quali venne addirittura adattata da Hideo Nakata (quello di Ringu - da noi, The ring, non ringu people...) per il suo Chatroom. Sempre in campo cinematografico firmò la sceneggiatura per quel Hunger che sancì l'esordio di Steve McQueen. Non l'attore, quello che molte donne ringraziano per aver mostrato al mondo il pipo di Fassbender.

In pratica, lei scrive tre storie e chiama a sé quattro giovani talenti dell'animazione in stop motion belga per metterli in scena.

La cosa è ancora più bella perché si tratta di un progetto strano, sghembo, ai limiti dell'assurdo, realizzato con una tecnica certosina, quella per eccellenza, che viene usata sempre più di rado e che certifica una prova di coraggio non da poco per essere diffusa su quella che è la piattaforma per eccellenza del momento. Soprattutto perché, in un mondo che vede l'artigianalità venire sempre meno, tutto questo sfoggio di tecnica è usato per tre storie ai limiti del respingente e che di sicuro non vogliono rivolgersi al grande pubblico. 

Non siamo dalle parti di Mad God ma davvero, si tratta di tre segmenti che cercano di allontanarsi il più possibile da quanto visto prima, con tre stili diversi e soprattutto tre intenzioni. Questo lo rende un lavoro poco coeso? Certo che no. Forse difetta del principio base di ogni film a episodi, ma siamo di fronte a tre storie di gran classe che non risparmiano colpi bassi.

Si inizia in maniera canonica, con un racconto di fantasmi, forse il più classico della struttura, ma che fa già capire quello che sarà tutto l'andamento della pellicola. E' il segmento più classico, anche se la Walsh già in fase di scrittura mette dei sottotesti non da poco che poi il comparto visivo riempirà alla propria maniera. E pare incredibile come nessuno faccia alcunché per rendere 'gradevole' ogni cosa che si susseguirà sullo schermo, a cominciare dalla fattura in feltro dei personaggi che, anche in coloro che rappresentano l'innocenza per eccellenza, lasceranno sempre un sentore di marcio, di sbagliato, per una storia che prende le migliori lezioni di spavento fino a qualcosa che rasenta il body-horror nel finale.

Davvero, mi ha messo più strizza quel mediometraggio che molti film.

Ma non pensate che sia finita lì. Il secondo - il mio preferito, quasi un'opera kafkiana in tutto e per tutto, non solo per la gran presenza di insetti - è davvero qualcosa in grado di graffiare dall'interno da quanto riesce a essere disagevole.

Tre filmini che hanno in comune una casa, una casa che assume la funzione di bagaglio, di contenitore di eventi, ma anche di ricordi. Di un passato, come viene esplicitato nell'ultima parte - tra l'altro, curioso che si passi dagli umani, ai topi/insetto e infine ai gatti. Anche i titoli sono emblematici e ricollegano il tutto a cercare una verità., a farsi delle domande e a mettere in dubbio tutto quanto. 

Abbiamo così il contadino che nella casa vede la propria rivalsa, a discapito di tutto il resto. Un topolino che mette tutto sé stesso nella realizzazione di un ipotetico sogno, ignorando il marcio delle fondamenta e il disturbo che lo accompagna senza che se ne accorga. E infine la parte più solare, che fa chiudere con un moto di speranza questo circo dell'orrore e del disagio.

Walsh & Co. si sono sicuramente divertiti a piazzare diverse stoccate allo spettatore e a giocare coi suoi nervi e col suo senso dello schifo, ma il piano originale era chiarissimo fin da subito nelle loro menti. i hanno accompagnati nei disagi di un mondo sempre più complesso e caotico, che chiede al singolo sempre di più e non gli permette di adattarsi (nella parte dell'alluvione ci ho visto diverse analogie col presente per ovvi motivi) quando forse dovrebbero solo riuscire a far pace col proprio passato.

La casa, alla fine, è solo una casa.

Sono loro a darle poteri e senso, così come noi spettatori a riempirla dei significati che queste storie ci suggeriscono.

La stop motion non avrà la funzione diegetica di Anomalisa, ma regala un look che amplifica ogni sensazione (sia positiva  he negativa) ed è realizzata con tanta dovizia che solo per quello rende degno di visione questo film particolarissimo. Che è un esperimento audace e coraggioso, al di là di tutto, ma soprattutto, riuscito!

Certo però che dopo His house e questo, Netflix dimostra di avere qualche problema con gli agenti immobiliari...






Commenti

  1. Mi sembra proprio uno di quei titoli, seppur sporadici, che non ci fanno pentire di avere l'abbonamento a Netflix.

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    1. Netflix per me ha portato diversi colpacci. Certo, non pubblicizzati quanto il resto perché devono fatturare, ma finché dà carta bianca non è il male detto da molti.

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  2. E ora che nomini Mad God, mi ricordi che devo guardarlo. Magari dopo qualche giorno di pausa dall'adorata, inquietantissima stop-motion di questo gioiellino Netflix!

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    1. Prenditi una giornata buona perché "Mad God" è davvero PURO delirio.

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