MEN BEHIND THE SUN, di Tun-fei Mou

Durante la guerra cino-giapponese,  un plotone speciale viene portato in un centro segreto situato in Manciuria, per sperimentare l'arma batteriologica finale sui non giapponesi. Nasce così l'Unità 731... 

William Goldin scriveva che "l'uomo produce il male come le api fabbricano il miele" e, visti anche i recenti sviluppi storici e le derive del cosiddetto 'mondo civilizzato', non me la sento di dargli troppi torti. Ovviamente il cinema con questi fatti ci è sempre andato a nozze, creando pellicole di ogni tipo.

Credo però che Hei tai yang sia uno dei pochi film infami quasi quanto i fatti che narra. 

Si tratta di un film di exploitation cinese diretto da Tun-fei Mou, regista che all'attivo ha pochi altri titoli simili, tra i quali figura perfino l'ultimo seguito di questo, che infatti diede inizio a una serie della quale non si sentiva molto la mancanza. Perché, diciamolo, raccontati i fatti (il secondo è a conti fatti un remake) poi non so cos'altro rimanga da narrare, se non una gara a chi la fa più fuori dal vaso con la violenza (anche qui, si conta, tra le altre cose, un aborto effettuato con baionetta nell'ultimo).

Questo capostipite è passato alla storia per l'efferatezza e anche per due cose molto ambigue successe sul set, che ovviamente hanno alimentato la sua fama di film maledetto. 

Maledetta è stata anche la sua genesi, abbastanza pasticciata, e che costrinse il regista a trovare i fondi tra Hong Kong e Taiwan, arrivando solo in ultima analisi alle casse cinesi che, nemmeno a dirlo, lo costrinse a trasformarlo in un film di propaganda antigiapponese. Ora come ora mi chiedo se si siano mai resi conto di cosa stavano andando a finanziare, ma l'ultimo aspetto è qualcosa che traspare in ogni scena e che mi disturba quasi quanto tutti i momenti splatter - è più forte di me - e che di certo inficia su un film non proprio indimenticabile, fuori dal contesto dell'esagerazione.

Quella dell'Unità 731 è una faccenda per cui i giapponesi, quando se ne parla, voltano la testa dall'altra parte, facendo finta di nulla. Un fatto scandaloso e orribile, classificato perfino come "vergogna nazionale", ma che tutti preferirebbero dimenticare. Sotto la guida del generale Shiro Ishii, ricevettero perfino l'immunità dagli Stati Uniti in cambio della condivisione dei risultati delle ricerche e fino alla fine della guerra tra le loro mura morirono fino a tremila persone, da loro ribattezzati moruta (letteralmente, tronchi). 

Si tratta di una piaga in quella che è la pagina più nera della Storia, ma dei numerosi fatti che costellano questo segmento di tempo nel film vi è solo una minimissima menzione.

Tun-fei Mou si limita a realizzare una storia che sta in piedi con lo sputo e si concentra principalmente sull'aspetto delle torture, che non sono moltissime, ma distribuite in maniera parsimoniosa lungo tutta la durata, restando fedele alla propria natura di exploitation - che non aveva particolari finalità artistiche, quanto il mostrare esplicitamente l'eccesso e gli elementi più forti. Fallisce quindi nella natura documentaristica e nozionistica, ma anche da quella registica, essendo un prodotto blando e senza personalità, altra caratteristica che lo lega a molti prodotti similari in maniera ben poco onorevole, anche solo per la fama ottenuta nei circuiti dell'eccesso. 

Comunque la si voglia mettere, questo di Tun-fei Mou è un film davvero brutto, anonimo e moralmente squallido.

D'altronde è divenuto famoso per quattro scene clou: quella delle mani scuoiate dopo un surgelamento, degli intestini espulsi dall'ano di una vittima dopo che questa è stata immessa in una camera iperbarica, l'autopsia di un bambino e la scena di un gatto divorato da centinaia di ratti. 

Se la primissima è quella che mostra la natura più casereccia di un film girato con pochissimi mezzi e la seconda è di una realizzazione sempre artigianale ma certosina (scusate, vado un attimo a vomitare...), sono le ultime due a colpire per il realismo e l'esecuzione.

Beh... sono vere.

Il bambino era morto da poco e l'autopsia fu eseguita sul set col consenso dei genitori, mentre sul gatto ci sono diverse versioni tra chi certifica la reale uccisione del felino e alcune dichiarazioni del regista che disse che si trattò di una scena finta realizzata in dieci step, ricoprendo il gatto di una sostanza dolce che i topi andavano a leccare. Roba che fa passare come un fiero animalista anche uno come Ruggero Deodato.

Non so voi, ma così, oltre a essere un film di merda - non che da sola sia una grandissima colpa, sia chiaro - per me è anche immorale. E a parlarvi non è un accanito animalista, sottolineo.

Pellicola a suo modo leggendaria, a mio parere per i motivi più sbagliati possibili e che non meriterebbe una visione. Non solo perché si tratta di un film di cui si può fare volentieri a meno e per la totale assenza di utilità anche solo informativa, ma anche per la moralità che sta dietro al tutto. 

La guerra fa schifo, questo film pure.






Commenti

  1. Non l'avevo mai sentito nominare, ma da come ne parli forse era meglio così.
    Peccato, perché la faccenda dell'unità 731 è davvero interessante (per quanto mostruosa).

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    1. Decisamente meglio così, fidati 🤢 anche se qualcosa mi dice andrai a sbirciare... 😅🤣

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  2. Te le vai proprio a cercare le pellicole del disagio eh? ;-) Mie Cassate a parte, più famoso (o famigerato) che davvero bello, hai riassunto bene, fa capire quanto faccia schifo la guerra, ma resta uno di quei titoli che si guardano un po' stile prova di coraggio. Cheers

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    1. Sapere poi di QUELLE SCENE fa sentire sporchi dentro...

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