BLISS, di Joe Begos
Quindi, caro Joe Begos, capisco perfettamente cosa devi aver passato.
A differenza sua però io non mi sono auto-prodotto un film - Almost human, qualora foste interessati - e non ho partecipato coi miei corti ai più grossi Festival o film-contenitori del momento, quindi possiamo dirgliene quante vogliamo, ma il ragazzo qualche genuino talento ce l'ha.
Ha pure molta bamba da parte e questo Bliss, sorta di "opera della maturità", sembra volerlo confermare a piè sospinto.
Ecco, io con questa sua pellicola ho diversi problemi. Quello principale, è che fu il primo film che vidi durante il lockdown del 2020, cosa che sicuramente a livello mnemonico non depone a suo favore, e la seconda è che una volta finito non capii cosa ci avessero trovato tutti quanti. Perché sì, ai tempi fu accolto abbastanza positivamente dagli appassionati.
Davvero, è un film che mi ha lasciato più dubbi e sensazioni sbagliate che altro. Il che sarebbe pure ottimo... se fosse una cosa volita.
Spoiler: non lo è.
Acquisita la coscienza che è stato realizzato un doppiaggio ai limiti della pena capitale, tante - troppe - cose non tornavano, tutto mi sembrava estremamente derivativo quando andava bene e incredibilmente stupido nel momento in cui mi concentravo su quello che stavo guardando e non sul tanga della protagonista, elemento di vestiario che è l'unico costume di scena che indossa per diversa parte del minutaggio.
Perché questo Bliss non è un film da guardare con chissà quali pretese, quanto un pretesto per cazzeggiare, sia da parte di chi lo guarda che di chi lo ha realizzato, ma credo che a tutto ci sia un limite.
L'essere un film fatto da uno che ha il cazzeggio come cifra autoriale non può essere una scusa per buttare in caciara - pure fatta discretamente male - qualcosa che immette dei concetti senza mai approfondirli. E questo non significa il dover realizzare a tutti i costi un film croato sottotitolato in cecoslovacco, ma portare a termine un discorso che possa avere una sua tridimensionalità.
Qui basta un The Devil's candy a dargli le piste.
Begos tratta temi come la crisi creativa, la ricerca di qualcosa da dire e perfino l'erotismo - vedasi alla luce tanga. Se i primi due però sono trattati alla cazzo, l'ultimo porta solo il merito di Dora Madison, che è brava e ci crede fino in fondo, ma togli lei - e il tanga - tutto rimane lì, messo a caso, con degli elementi splatter molto anni '80 che però non danno nessuna potenza alle scene.
E diciamolo, questi anni '80 hanno davvero rotto.
I Duffer brothers dovranno rispondere alla legge.
Rimane sempre la coscienza che Begos un minimo di gusto ce l'abbia nella messinscena, ma a una certa viene anche il dubbio che il tanto pubblicizzato effetto stroboscopico di alcune scene sia solo un'instagrammata senz'arte né parte e che molte inquadrature, tolte la luci fighette e gli effetti che fanno #moltomoderno, abbiamo davvero poco da dire.
Così come quel quadro, alla fine...
Molto probabilmente sarò sbagliato io che, crescendo, ho perso anche il giusto di divertirmi - o che valuto con troppa serietà, viste le circostanze in cui lo vidi, un film che va preso molto meno sul serio.
Resta il fato che mi ha divertito poco.
In effetti è un "The Devil's candy" indie, anzi ancora di più, però tutto sommato considerato cosa aveva fatto in precedenza Begos, a suo modo mi ha stupito, sarà stato per via del tanga a questo punto ;-) Cheers
RispondiEliminaAh, quasi sicuramente 🤣😜 comunque boh, sarà il periodo brutto in cui lo vidi, ma non mi lasciò assolutamente nulla.
EliminaTanga a parte, ovviamente.
Un bel delirio che avevo apprezzato parecchio, all'epoca. Ma capisco anche un eventuale odio!
RispondiEliminaMa a me non è sembrato neppure delirante, solo scemo 😅 e la storia del quadro mi aveva pure preso 😕
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